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33 anni fa l’assassinio di Pippo Fava. Il tributo “social” di Luca Salici

giovedì 5 Gennaio 2017
Una pergamena Associazione daSud, illustrazione di Luca Ferrara tratta da "Pippo Fava, Lo Spirito di un giornale" di Luigi Politano, edito da Round Robin Editrice.
Pippo Fava
Pippo Fava

623 metri. Tanto distava via dello Stadio dalla casa in cui sono nato e cresciuto a Catania. 33 anni fa davanti al Teatro Stabile in quella via veniva ucciso Pippo Fava. Direttore de I Siciliani. Cinque colpi alla testa, mentre aveva appena parcheggiato fuori dal teatro, in attesa che uscisse la sua piccola nipotina, quel giorno attrice di uno spettacolo. Cinque colpi alla testa. Alla nuca, da dietro. Lui non se n’è manco accorto, fortunatamente. È stata la mafia. Sicuro. Sappiamo chi ha premuto il grilletto, sappiamo chi ha armato quel braccio, sappiamo di Nitto Santapaola, sappiamo a chi Fava – e i suoi carusi – scassava i cabasisi con le sue inchieste. Sappiamo che c’entrano i cavalieri del lavoro.

Ma il colpevole, il mandante, ha patteggiato con il diavolo. Ed è morto di morte naturale prima di essere processato. Che sia stato lui il mandante lo sapevano tutti a Catania. A partire da quello strano regalo arrivato a casa Fava qualche giorno prima delle feste: ricotta e champagne. E tanti auguri.

Cinque colpi. Il vetro in frantumi. La macchina in prestito, che Pippo non aveva fatto in tempo e c’aveva mille casini. Lui era fatto così. Sempre in giro, sempre di fretta. Serio, professionale, esigente con i suoi “carusi”, con i giovani che stava crescendo e che gli stavano dando mille soddisfazioni. Mica personali. Ma professionali.

Ogni inchiesta de I Siciliani era ‘na “bumma”, una bomba. Scatenava reazioni dappertutto, ne parlavano al bar, dal barbiere, all’autolavaggio, a Picanello come a Roma, a Palazzo d’Orleans come in Parlamento, al circolo di tennis, mentre Pippo giocava con la Catania bene e qualche lestofante. E magari stava facendo tardi alla riunione che lui stesso aveva convocato in redazione. Perché Pippo era fatto così, dicevamo. Che se vedeva picciriddi che giocavano a pallone si fermava con la macchina, gli diceva due parole simpatiche e cominciava a fare due palleggi con loro. E anche oggi niente riunione! Anche se il pezzo sui soldi rubati all’Assessorato è pronto, insieme a tanti altri. Che come ogni inchiesta del mese, all’uscita in edicola della rivista, farà molto parlare di sé. Ma cosa accadrà dopo tutto questo borbottio? “Nenti”, niente.

Luca Salici
               Luca Salici

Mica I Siciliani era tipo Striscia la notizia, Report o Le Iene che possono cambiare le cose suscitando l’indignazione popolare. Tutti sapevano ma nessuno faceva in modo di cambiare davvero le cose. E così Catania è Capitale della mafia: un patto imprenditoria-mafia visibile ad occhio nudo, e in mezzo anche magistrati, colonnelli, politici e giornalisti. Insomma genti corrotte di tutti i tipi. Un’orgia del potere mafioso. Così corrotti, o così cornuti, che il 5 gennaio cominciano a depistare pure le indagini. Fava? “Chiddu è n’fimminaru, pieno di femmine è. Magari ci sono presi i 5 minuti di gelosia a qualche maritu cunnutu”, “Seeee. È un giocatore d’azzardo signora! Ascutassi a ‘mmia. Sarà quanti soddi ci deve dare a qualche strozzino, a qualche cravattaro va”. E un omicidio di mafia diventa fiction. Addirittura di Fantascienza quando qualcuno decide di applicare la legge Rognoni-LaTorre. Su un antimafioso. Conti correnti, case, cose. Tutto quello intestato a Pippo Fava. Cose dei pazzi.

Comunque è stata la mafia. Che uccide solo in estate come dice PIFPierfrancesco Diliberto ma che ce la fa a sparare anche il giorno prima della befana.

Sapete perché vi racconto tutto questo? Questa è una storia semplice. Nata come un librettino minuscolo di Sciascia e poi diventato una enciclopedia Treccani.it. Arricchito non solo dalle schifiltoserie fatte dai catanesi (uno su tutti Tony Zermo de La Sicilia, the king) ma dalle cose belle. Che sono tante e crescono ancora e si moltiplicano grazie ad un sacco di gente. Grazie soprattutto a Riccardo Orioles, di cui oggi non parlo, per non mancare di rispetto al Direttore, a Pippo (Che Riccardo ci tiene e poi mi rompe le balle tutto il giorno). E in questa enciclopedia, che sono I Siciliani, che siamo Noi, ci sono ancora tante ma tante pagine da scrivere. E quindi continuiamo a scriverle e non curiamoci più di polemiche, critiche e sguardi storti.

La storia de I Siciliani la potete trovare ovunque, anche su questo sito – isicilianidigiuseppefava.blogspot.it – dove io e il compagno Rocco, abbiamo messo le nostre tesi di laurea (delle tesi “appena sufficienti”, borbotta Orioles, mica come quella fatta da Morgana!). L’enciclopedia ancora non è stata scritta. Magari un giorno lo farà un carusiddu.

Una pergamena Associazione daSud, illustrazione di Luca Ferrara tratta da "Pippo Fava, Lo Spirito di un giornale" di Luigi Politano, edito da Round Robin Editrice.
Una pergamena Associazione daSud, illustrazione di Luca Ferrara tratta da “Pippo Fava, Lo Spirito di un giornale” di Luigi Politano, edito da Round Robin Editrice.

 

Io oggi volevo solo ricordare Pippo. Ma attenzione…. SPOILER: io il 5 gennaio 1984 avevo appena compiuto 21 mesi. Come cavolo faccio a conoscere il Direttore? Per la tesi? Ma va…

Io conosco Pippo perché lo vedo ogni tanto. Nella postura di Claudio e nella sua maniera di parlare, di spiegare le cose, in quella malinconia di sottofondo, perpetua. Nella “liscìa” – traducetevelo voi 🙂 – di Antonio, insieme ad una professionalità invidiabile, una nobiltà d’animo, e un romanticismo inculcato a forza di orchestrine che suonavano “Gelosia”. In quel fimminaro (vero) di Michele, un figo della madonna, che per la mia intervista di tesi mi portò al mare a San Giovanni Li Cuti: facevamo il bagno e mi raccontava di Pippo, prendevamo il sole e mi parlava di Pippo; lui pure è incazzusu, e quando c’ha la luna storta riesce a mangiarti il cuore a muzzucuni. E poi c’è Riccardo Orioles.

E in lui c’è un altro pezzo di Direttore:

– Salve dott. Orioles, mi chiamo Luca Salici e da grande voglio fare il giornalista
Lui mi scruta con la sua pipa infestante, questa taddarita (un papillon) al collo, una giacchetta nera e il suo fituso computer.
– Sì! Il giornalista, ripeto
– Va bene Luca. Ma prima riesci ad impaginarmi questo volantino?
Boh, penso tra me e me. Lo faccio, mica ci puoi dire di no a uno che lotta la mafia tutti i giorni.
– Riccardo, ho finito. Ecco il pdf. Ora voglio imparare a scrivere come te.
– Benissimo. Allora. Fai un paio di foto a questo incontro e me le porti.
– Certo! (Ma continuavo a pensare ma picchì? Perché? Boh)
– Ricc, ecco le foto che ho fatto, sistemato con fotosciop, in allegato qui nella mail. Ho il modem 56k! Arrivano in un baleno ora!!! Quando cominciamo il corso di giornalismo?
– Sai cosa è la quadricromia? Chi è Maoloni? Cosa si può fare con Xpress? Ti piace la carta? Il profumo che fa, l’inchiostro che lascia sui polpastrelli. Ti ho già presentato Fabiolino e Luciano? Conosci Scidà? Del Direttore che hai letto? Appena sai tutto questo iniziamo il corso di giornalismo!
– mmm. Va bene.
Passano le settimane. Che io all’Università mi volevo iscrivere e quindi pure studiare mi toccava.
– Riccardo. So tutto! Mizzica, ma Xpress è una cosa pazzesca, bellissimo. In pratica ti puoi fare un giornale da solo! Se ci metti la grafica di Maoloni, un bastone per il titolo, un font graziato per il testo, un paio di foto fotoscioppate e in CMYK in pratica puoi stampare Repubblica domani! Comunque torniamo a noi. Quando iniziamo il corso di giornalismo che mi avevi promesso?!?!?!?
– Ora. È appena finito. Sei un giornalista. Perché sei libero di fartelo un giornale. Domani, tra 10 anni, tra 20. Quando vuoi.
E questo è Riccardo Orioles. Che mi fregava esattamente come Pippo aveva fregato i suoi carusi: “Imparate a usare questi cavolo di videoterminali. È il futuro. Che poi vi dovete fare un giornale da soli. Se muoio”.

“Se muoio”.

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