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Mafia & politica, a Niscemi il sindaco e i suoi collaboratori erano “Cosa nostra”

giovedì 29 Giugno 2017
L’ex sindaco di Niscemi, Francesco La Rosa, è tra gli arrestati dell’inchiesta della Dda della Procura di Caltanissetta per voto di scambio mafioso. Per lui, un ex consigliere comunale della sua lista e due esponenti del suo entourage sono stati disposti gli arresti domiciliari.
Ad appoggiarlo sarebbero stati il boss di Niscemi , Giancarlo Giugno, e di Gela, Alessandro Barberi. Al centro delle indagini un presunto patto stretto tra il candidato e la mafia per le elezioni amministrative del 2012.
 
Francesco La Rosa si era presentato anche alle ultime amministrative al Comune di Niscemi ed era andato al ballottaggio di quattro giorni fa, quando è stato sconfitto da Massimiliano Valentino Conti che avuto il 58,65% dei voti a fronte del sindaco uscente che ha ottenuto il 41,35% delle preferenze. Entrambi erano sostenuti da liste civiche.
Quest’ultime consultazioni comunali non sono oggetto dell’inchiesta della Dda della Procura di Caltanissetta che hanno portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare che ipotizza, a vario titolo, i reti di associazione mafiosa e voto di scambio per 9 indagati. Per quattro l’ordinanza prevede il carcere, per gli altri cinque gli arresti domiciliari.
 
A Niscemi Cosa nostra è sempre stata interessata a mettere le mani sull’amministrazione comunale. Un dato che emerge dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune, il 18 luglio 1992, dopo la sindacatura di Paolo Rizzo, cognato del boss Giancarlo Giugno.
Un nome e uno scenario che ritornano nell’inchiesta della Dda della Procura di Caltanissetta su indagini della squadra mobile e dei commissariati della polizia di Stato di Niscemi e Gela.
Secondo gli inquirenti il boss Giugno, tornato in libertà l’11 marzo 2010, si sarebbe interessato alla campagna elettorale per le amministrative a Niscemi.
Dagli accertamenti emerge nel voto per le comunali 6 e 7 maggio del 2012 e del successivo ballottaggio di due settimane dopo, l’interessamento di Cosa nostra per fare eleggere sindaco Francesco La Rosa, già consigliere comunale, consigliere provinciale ed assessore al comune di Niscemi , e anche Calogero Attardi, della lista civica di La Rosa, a consigliere comunale. Alle elezioni, ricostruisce la Dda di Caltanissetta, era interessato anche Alessandro Barberi, all’epoca reggente di Cosa nostra a Gela e rappresentante provinciale, che avrebbe incontrato segretamente Giugno e tenuto i contatti con lui tramite dei suoi cognati, residenti a Niscemi , Salvatore Ficarra e Francesco Spatola.
In cambio dei voti, sostiene la polizia di Stato, ci sarebbe stato il versamento di soldi, la promessa di assunzioni nelle società di Giuseppe Attardi, padre del candidato Calogero, la possibilità della acquisizione di lavori in comune, grazie a turbativa delle relative gare, la acquisizione di commesse e lavori. Le indagini, osservano dalla squadra mobile della Questura, avrebbero evidenziato che la lista ‘La Rosa Sindaco’ non soltanto si sarebbe avvalsa dell’aiuto dei mafiosi per la raccolta del consenso elettorale, ma avrebbe anche “comprato” il voto degli elettori: somme di denaro in contanti per ogni voto (si fa riferimento a 100 euro a voto) e promesse di posti di lavoro.
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