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Crocetta invoca le primarie: “Non sono io a rompere col Pd”

mercoledì 30 Agosto 2017

La solita espressione di ironico sorriso in fondo agli occhi stavolta non basta a Rosario Crocetta per dissimulare tensione e nervosismo.

Arriva al Grand Hotel et des Palmes con un ritardo persino sostenibile. Magari da quando gli hanno ricordato che Fabrizio Micari ha cominciato puntualissimo l’incontro con i giornalisti lunedì scorso, non vuol perdere terreno sull’antagonista che si è trovato nel suo schieramento.

È un Crocetta che sa di avere dalla sua parte più di un argomento nei confronti del partito Democratico che ha deciso di non confermarlo nel tentativo di guidare Palazzo d’Orleans dopo cinque anni di governo, di cui quasi tre con i Dem a gestire assessorati di primo piano (Sanità, Bilancio, Rifiuti).

L’incontro romano con Raciti di ieri non ha spostato le cose di un millimetro e adesso si attende l’intervento di Renzi e la sua ultima parola: “Dobbiamo scegliere il presidente della Regione, non è un concorso a cattedra pei titoli, Micari è una persona rispettabile, ma quali sono le idee per battere il centrosinistra, qui qualcuno è responsabile di non avere accettato il confronto con il presidente della Regione. Non vogliono concedermi quello che è previsto dallo statuto del Pd, essere candidato alle primarie, una verifica con i cittadini. Se scelgono un altro candidato si assumeranno con coerenza le decisioni. Come spiegano che sono stati 5 anni al governo  e ora vogliono un progetto alternativo e ci sei fino all’ultimo sospiro. Io sono uomo di unità”.

Il governo del presidente dunque, con gli assessori del Pd in uscita, sarebbe una cosa inevitabile in assenza di un accordo diverso.

Crocetta lascia anche intendere che gli effetti a catena potrebbero arrivare anche a Roma: “Potrebbe nascere anche una crisi con un governo nazionale elettorale”. Crocetta aggiunge: “Con Renzi ci siamo sentiti telefonicamente, dopo la segreteria regionale ho voluto sentire Raciti al quale rinnovo e ribadisco per intera la mia stima”.

Per Crocetta il rischio è la svendita dell’autonomia siciliana, e si rischia di presentare alla Sicilia “un’idea municipalistica del centrosinistra, cinque anni ho vinto perché ero espressione di tutti non di una parte: “Nessuno attribuisca a  Crocetta la volontà di rompere, – e poi aggiunge- non capisco Leoluca Orlando che sta facendo i giochi dei professionisti della politica, camuffando un  complotto di Palazzo con un progetto di civismo”.

E non nasconde l’amarezza di un partito che lo ha lasciato nelle retrovie nella condivisione del processo delle scelte e chiede primarie da fare entro la metà di settembre, convinto del fatto che da questa modalità di selezione i democrat possano uscire persino rafforzati: “Io sono per il modello Sicilia non per il modello Palermo e le scelte non devono arrivare da Roma”.

Il governatore siciliano ribadisce che il consenso che ha percepito nei territori rimane ancora forte e per lui: “A Cardinale e Faraone non fanno mai domande sui loro movimenti e dietro ci sono vere e proprie organizzazioni, qual è ad esempio  il partito di Orlando, io sono un componente della direzione del partito Democratico. Il Megafono ha solo una funzione di cerniera”.

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