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“Cu è Fissa si sta a Casa”

venerdì 16 Febbraio 2018
botindari social

Carissimi,
C’è chi dalla vita ama prendere il meglio, ma con i giusti modi e la dovuta educazione.

C’è chi afferra il meglio scavalcando turni, vendendo la propria madre con la stessa sfacciataggine di chi monda il panettone delle sue mandorle tostate poste sulla sua superficie esterna, non appena questo è posto a tavola.

Costoro fidano sempre non sulla propria educazione, ma su quella altrui, poiché è chiaro che a tutti noi in puro “spirito gandhiano” verrebbe di lasciarlo a terra a seguito di un colpo di clava di pregiato marmo, ma purtroppo non è così, i fessi esistono, “siamo in tanti” e il furbastro di turno la fa sempre franca finché non ci sarà qualcuno che non abbia nulla da perdere pronto a mettere fine alla carriera dello “sgarraffato di turno”.

Non cercate nella Treccani e non chiedete all’Accademia della Crusca il significato di “sgarraffato” poiché è un termine atavico in uso “appo” le popolazioni delle montagne madonite dove “Gandi” è il diminutivo di “Gandolfo”.

Questa è la vita, una continua lotta tra il furbo e il fesso. Per ogni persona giusta che la mattina esce di casa, parallelamente da qualche altra parte della città c’è un farabutto che esce di casa per “fottere il giusto fesso”.

Amiamo prenderci per i fondelli da soli e davanti alla gestione della ”cosa pubblica” prendiamo spesso una parte del nostro corpo che sta lì solo per decoro, la testa con ciò che ci sta dentro e la poggiamo sul mobiletto all’ingresso, accanto le chiavi.

Perché “cu è fissa s’avi a stari a casa”? Perché la saggezza popolare ci impone di essere aggressivi una volta usciti di casa e prendere il meglio per noi stessi senza contare minimamente sulla presenza altrui? Perché non bisogna aver fiducia sulle regole e sul rispetto delle regole?

Prendete i palermitani (parlo dei miei concittadini), siamo tutti geniali presi a uno a uno e la cosa è impressionante perché questa affermazione è vera e constatabile, il problema giunge quando decidiamo di metterci insieme poiché diventiamo 669.329 critici dell’unico che prende l’iniziativa e opera, abbiamo avuto da sempre una sindrome da leadership, ognuno di noi è “il meglio” e se non siamo noi a comandare critichiamo e quando siamo stanchi di criticare ci lasciamo andare al menefreghismo più puro, perché non crediamo nella forza della collettività e li ci lasciamo dominare, come accade da secoli, dal tirannello di turno.

Una società più giusta parte da una collettività più giusta, attraverso i computer, i controlli incrociati sulla trasparenza abbiamo messo ipocritamente a controllo i redditi fissi e ci meravigliamo di contro della grande evasione fiscale presente nel paese, ma quanti di voi si scontrano quotidianamente con la realtà di commercianti che non rilasciano lo scontrino o peggio di liberi professionisti che vi propongono parte del loro onorario in contanti, per “praticità”, o ancora peggio di professioni e prestazioni che per lo stato neanche esistono? Tutto ciò è deplorevole per uno che paga le tasse fino all’ultimo centesimo, certo mi mette un po’ d’imbarazzo sentirmi fare certe richieste da un avvocato, ciò non mi può porre in condizione di serenità nell’affrontare la giustizia.

Ci meravigliamo poi che il paese va male e che i servizi sono scadenti, ma chi dovrebbe garantire il sistema, le detrazioni in busta dell’usciere, guarda caso quello che nell’immaginario collettivo è il pubblico dipendente “fannullone”? Le buste paga, quante volte abbiamo sentito di imprenditori senza scrupolo che consegnavano buste paga ai loro dipendenti con importi ben al disopra del corrisposto?

Smettiamola di dare la colpa a quei “fantomatici altri” per tutto ciò che accade e non funziona, fino a prova contraria non vi sono tra di noi alieni invisibili e andando ben oltre le religioni che negli ultimi tempi mettono del proprio in questa crisi di moralità, dovremmo farci un serio e profondo esame di coscienza poiché individualmente anche dieci centesimi sottratti al nostro dovere rappresentano un danno globale per la collettività.

Non pensiamo di delegare la moralità e la correzione dei mali del paese a chi andrà nominato in parlamento, per costoro sarà un punto d’arrivo e vorranno godere di tutti i privilegi costruiti dai loro predecessori, “anche loro sono usciti da casa con la convinzione di non essere fessi”, smettiamola di vivere nel ricordo romantico di eminenti deputati di inizio regno che venivano chiamati ad “avere il privilegio di servire il paese” e pertanto esercitavano la loro carica a titolo gratuito.

Il paese cambierà soltanto dopo una grande rivoluzione culturale, ma forse è ancora presto perché non abbiamo avuto la consapevolezza di toccare il fondo, per il resto sarà la “legge di Archimede” a fare il tutto.

Un abbraccio Epruno.

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