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Di Matteo, “Il trionfo dell’ipocrisia per il 25° della strage di Capaci” [Video]

mercoledì 31 Maggio 2017

Il trionfo dell’ipocrisia per il 25° anniversario della strage di Capaci. Abbiamo assistito alla sterile retorica di chi fingeva di commemorare i morti dopo averli mortificati da vivi. Mi sono volutamente astenuto dal partecipare al coro di dichiarazioni, di passerelle televisive“. Così il sostituto procuratore di Palermo, Nino Di Matteo, al convegno M5s sulla Giustizia alla Camera.

“La questione mafiosa costituisce oggi un gravissimo fattore di condizionamento della democrazia, una intollerabile violazione dei diritti costituzionali: ecco perché sono convinto che nell’ottica dell’auspicabile applicazione dei principi costituzionali, la lotta alla mafia dovrebbe essere quello che finora non e’ stato: il primo obiettivo di ogni governo di qualsiasi colore e orientamento politico”.

Ecco il video:

Con “un Parlamento che mentre dibatteva sulla decadenza di un membro condannato, si poneva negli stessi giorni il problema di fare norme per non far candidare magistrati” è lo specchio di “un mondo al contrario. Ecco perché, essendo invece necessario richiamare i meccanismi di responsabilità politica, ha costituito una buona cosa l’approvazione del codice del M5s che richiamandosi all’articolo 54 della Costituzione, richiede di “adempiere funzioni pubbliche con disciplina ed onore”.

“Per troppo tempo, fingendo di rispettare la presunzione di innocenza, la politica ha sovrapposto due tipi di responsabilità che sono ontologicamente diversi: la responsabilità penale e quella politica. È – ha continuato Di Matteo – grazie a questo meccanismo perverso che si è creata la santificazione di Andreotti, per cui Cuffaro e Dell’Utri sono stati rieletti ed è per questo che l’onorevole Berlusconi è ancora in grado di ricoprire un ruolo importante nel contesto politico nazionale. Da cittadino, ancora prima che da magistrato, questo mi sembra paradossale“.

 

Nel passare in rassegna i fatti della Strage di Capaci e via D’Amelio, Di Matteo ha sottolineato il ruolo delle “menti raffinatissime” individuate da Falcone. “Oggi, dopo 25 anni, non si può bollare come esclusività della mafia il ruolo in quelle stragi. A mio avviso ci sono responsabilità di ambienti e uomini estranei a Cosa nostra. Sono numerosi gli spunti, gli indizi, i fatti da cui partire per la ricerca della completa verità. Una verità parziale è pur sempre una verità negata”.

“Ecco alcuni dubbi sulle Stragi: perché nel 1992 il ministro degli Interni Scotti parlò in Commissione Antimafia, dopo l’omicidio Lima, di un piano di destabilizzazione? Perché quell’allarme venne assolutamente sottovalutato, anche dopo le Stragi, che ne confermarono l’attendibilità?  Perché addirittura quel ministro fu sostituito? Perché Riina stoppò l’attentato a Roma a Falcone, per farne uno dalle modalità clamorose a Palermo? Nel 2013, che intendeva Riina (intercettato a colloquio con Lorusso), quando disse che se fosse circolata la piena verità sulle stragi sarebbe stata la fine di cosa nostra? Quali sono le persone importanti che secondo il pentito Cancemi, in quel periodo incontravano Riina? Perchè qualcuno si è preoccupato di fare sparire i file dal computer di Falcone? Qual è il significato e l’origine del foglietto (contenente numeri telefonici del Sisde) trovato dalla scientifica dopo la strage di Capaci? In sostanza chi sono, e che ruolo hanno avuto nelle stragi, le menti raffinatissime già individuate da Falcone come i veri ispiratori e autori del fallito attentato all’Addaura? Perché ci fu quella accelerazione dopo Capaci che portò alla strage via D’Amelio? E la sottrazione dell’agenda rossa?”. 

 

Da qui, l’importanza di “pretendere dal governo e dalla politica verità e giustiziaOggi, per non tradire e calpestare la memoria di Falcone abbiamo una sola strada che costerà sangue a chi avrà il coraggio di tracciarla: dobbiamo pretendere noi cittadini verità e giustizia. Solo così la memoria di Falcone continuerà a vivere oggi“. A questa frase la platea si è alzata per una standing ovation.

Al giornalista Marco Travaglio che gli chiede se sia disponibile a fare il ministro della Giustizia di un futuro governo, Di Matteo risponde così: “L’eventuale impegno politico di un pm non mi scandalizza ma penso che un eventuale scelta di questo tipo debba essere fatta in maniera definitiva e irreversibile, ovvero è incompatibile con la pretesa poi di tornare a fare il giudice. Io non rispondo alla domanda che riguarda l’eventuale mio impegno politico, ma dico che non sono d’accordo con Davigo e Cantone e con chi pensa che l’esperienza di un magistrato non possa essere utile alla politica”.

 

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