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Il “Prefetto di ferro” Cesare Mori: quando il Fascismo cercò di combattere la mafia

lunedì 5 Novembre 2018

Quando si parla della Sicilia fascista, la prima cosa che generalmente viene in mente è la figura del “prefetto di ferro” Cesare Mori e del suo tentativo di estirpare il fenomeno mafioso dall’Isola.

Fiumi d’inchiostro sono stati spesi per descrivere l’opera di repressione portata avanti da Mori, certamente dura ed efficace ma anche troppo spesso eccessivamente esaltata per i risultati raggiunti, sicuramente rilevanti all’epoca, ma allo stesso tempo molto parziali e purtroppo sul lungo periodo inconcludenti. Bisogna innanzitutto capire quali motivazioni abbiano spinto il regime fascista ad avviare uno scontro frontale con la mafia. Questa era talmente radicata in Sicilia, soprattutto in quella occidentale, quindi in particolar modo nelle province di Trapani e Palermo, che qui la cosiddetta “fascistizzazione” della popolazione fu estremamente lenta e difficile: infatti in generale il fascismo non riuscirà mai a convincere completamente le coscienze dei siciliani, proprio perché la mafia in questi territori regnava, grazie alla debolezza o all’assenza delle precedenti istituzioni liberali. In sostanza, la criminalità organizzata costituiva un ostacolo per il fascismo, per la sua penetrazione nel tessuto sociale, un ostacolo che quindi doveva essere abbattuto.

Mussolini deciderà di inviare Cesare Mori in Sicilia, in quanto quest’ultimo non era nato nell’Isola, quindi non avendo legami con la popolazione locale poteva agire in modo più distaccato, e allo stesso tempo ne era un profondo conoscitore. Così il 2 Giugno 1924, in qualità di prefetto di Trapani, Mori arrivò nel capoluogo siciliano, rimanendovi fino il 12 Ottobre 1925. Furono avviate delle vere e proprie campagne militari contro i mafiosi, il prefetto non si risparmierà, rimanendo spesso in prima linea e compiendo addirittura inseguimenti e duelli a cavallo. La provincia di Trapani fu duramente e violentemente colpita dalle azioni antimafia del regime, a tal punto che alcuni fascisti trapanesi presenteranno al Duce una petizione, lamentandosi dei metodi eccessivamente rigidi adottati da Mori e chiedendone l’allontanamento. Per tutta risposta, gli autori della petizione saranno tutti espulsi dal Partito Nazionale Fascista (PNF). Infatti Mussolini appoggerà sempre convintamente e strenuamente il Prefetto nelle sue azioni, facendogli sentire la propria fiducia e concedendogli “carta bianca” nell’azione repressiva.

Dopo i buoni risultati raggiunti a Trapani, Mori fu designato prefetto di Palermo il 20 Ottobre 1925 e gli furono attribuiti poteri straordinari con competenze estese per tutta la Sicilia. L’attenzione fu riposta sulle Madonie, qui alcuni paesi furono presi letteralmente d’assedio: celebre è l’azione contro il paese di Gangi nel dicembre 1925, quando un esercito di carabinieri e poliziotti, per un totale di circa 800 uomini, dopo dieci giorni d’assedio, invase il centro abitato: ogni casa fu perquisita e furono arrestate oltre 400 persone, tra cui il capomafia Vito Cascio Ferro. Un’altra azione importante fu quella del 20 dicembre 1926 a Corleone, che fu assediato e arrestate decine di persone.

Per colpire i mafiosi, Mori utilizzerà metodi risoluti, ad esempio procedeva con il sequestro dei beni oppure con l’arresto dei familiari del latitante o addirittura collocava in casa di quest’ultimo alcuni poliziotti, il cui sostentamento gravava sulla famiglia del delinquente, in modo tale che quest’ultimo, colpito profondamene nell’onore, uscisse allo scoperto per consegnarsi alle autorità. La percezione di uno Stato forte spinse alcuni a testimoniare e a presentarsi in giudizio: un’arma incredibilmente micidiale per la mafia. Ma sicuramente non è tutto oro ciò che luccica. Innanzitutto, i metodi portati avanti da Mori erano estranei a qualsiasi principio di uno “Stato di diritto”. Non è un caso che furono molte le persone innocenti, che nulla avevano a che fare con la mafia, che vennero ingiustamente condannate. Vennero arrestati molti mafiosi, mentre tanti grandi capimafia riuscirono a fuggire negli Stati Uniti. Altri invece caddero in uno stato di letargo, pronti ad uscire nuovamente allo scoperto in tempi migliori, come di fatto accadde nel contesto dello sbarco anglo- americano, quando molti boss furono posti a capo di molte amministrazioni comunali siciliane.

Sebbene Mori avesse tentato di colpire anche i piani alti della mafia, nel momento in cui egli era sul punto di mettere le mani su altri capi della cupola mafiosa, venne richiamato dalla Sicilia e nominato senatore a vita, forse perché Mussolini considerava la lotta alla mafia conclusa. Sicuramente l’azione portata avanti dal regime fascista fu importante, in quanto si trattò della prima vera e propria politica antimafia della storia del nostro Paese, la prima volta chela mafia veniva combattuta così frontalmente.

Fu, comunque, una lotta portata avanti solo parzialmente. Il fenomeno mafioso fu combattuto fino a un certo livello forse perchè non se ne ebbe allora una percezione chiarissima, ma non si andò mai oltre e così, alcuni grandi interessi economici dell’organizzazione criminale rimasero intatti: non è un caso che arrivati gli americani, i mafiosi usciranno allo scoperto, più forti di prima. Per affermarsi poi nel dopoguerra, con altre storie che portarono fino alle cronache più recenti.

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