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Il salumiere

venerdì 7 Aprile 2017

Carissimi,

Ricordo da bambino la mia via disseminata di negozi di alimentari, una sorta di ipermercato all’aperto. Ricordo il salumiere con la mitica penna dietro l’orecchio pronto a fare i conteggi su un pezzo della stessa carta che utilizzava per avvolgere gli alimenti. Ricordo il bel fruttivendolo con le sue casse di frutta e verdure multicolori esposte sui marciapiedi, il pentolone con l’acqua calda con dentro i carciofi bolliti, la carta di giornale che avvolgeva gli alimenti. Ricordo il macellaio con il suo camice tutto fuorché bianco che nel retro bottega si tagliava e conservava nelle proprie celle frigo i quarti carne. Ricordo il pescivendolo con l’inconfondibile tanfo (per me) dell’acqua di pesce sotto le “balate” espositive, sul pavimento.

Oggi tranne qualche sparuto esempio di negozi di alimentari, divenuti più che altro “gioiellerie”, tutto ciò è andato perso come i rapporti umani e fiduciari che stavano dietro questo commercio.

Ricordo di quando non esistevano e date di scadenza degli alimenti riportate sulle confezioni senza che ne morisse lo stesso nessuno.

Mi manca il rapporto con il pizzicagnolo, il macellaio o il fruttivendolo che mi avevano visto crescere essendo sul percorso che giornalmente facevo a piedi per andare a scuola con la cartella a tracolla e si affacciavano sui marciapiedi dove giocavo nel pomeriggio con i miei amici.

“Fishmonger”, Snyders Frans (1579 -1657)

Oggi c’è l’ipermercato, il supermercato, il centro commerciale. Oggi ci sono scaffali e banchi di roba dai quali devi servirti tu da solo per far presto e per economizzare i costi di gestione. Gli operatori non necessariamente hanno competenza dei prodotti che vendono. Con il passar del tempo si stanno ricostruendo all’interno di queste mega strutture, degli angoli che ricordano la bottega del pescivendolo, la bottega del macellaio o il mitico banco della salumeria dove oggi mediamente troviamo dietro tre “intrattenitori”, più che “pizzicagnoli” che intrattengono, mentre affettano i salumi, le clienti con battute e confidenze date e prese senza alcun motivo.

Così mentre attendi, con lo scontrino del turno in mano, ti devi obbligatoriamente sorbire i discorsi di famiglia di questi interlocutori, conoscere particolari della loro vita privata, cosa hanno fatto lo scorso fine settimana.

 

Siamo passati dalla consueta domanda “chi viene adesso” al tabellone elettronico con il numero del turno con annesso talk-show d’intrattenimento.

Difatti è provato che se un uomo e una donna fanno da soli la spesa al supermercato, una donna riesce a impiegare fino a tre volte più del tempo che impiega l’uomo che certamente non si sofferma a disquisire con il Sig. Attilio a meno che questi tra un provolone e una mozzarella non chieda che cosa farà il Palermo la domenica successiva, come se il cliente fosse un indovino.

Ma ciò che mi disturba di più e il corridoio che ci separa dalle casse, a mio parere da percorrere alla Bolt per uscire da tanta “organizzata confusione”, il tratto nel quale le donne si perdono, avendovi da prima dato l’illusione di aver terminato la loro spesa, mentre vi lasciano subdolamente con una montagna di prodotti nel carrello davanti alla cassa, mentre cercate la carta fedeltà, le buste portate da casa e i soldi per pagare, in balia di una cassiera che presa dal ritmo e aiutata dal lettore ottico, vi fa sentire una cosa inutile poiché non riuscite ad aprire una semplice busta di plastica.

Abbiamo distrutto il commercio al dettaglio e antiche professioni creando queste grandi strutture per guadagnare soltanto tempo alla cassa? Può darsi, ma per cortesia, eliminate quei pericolosi corridoi che convogliano alle casse, si racconta di donne che percorrendoli non sono più tornate a casa.

Un abbraccio, Epruno.

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