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La crisi del calcio e la crisi della politica

martedì 25 Luglio 2017
Elio Sanfilippo
Elio Sanfilippo

Ai tanti mali che affliggono i siciliani, il lavoro, la mafia, la carenza dei servizi, si sono aggiunti, anche se in diseguale misura e ognuno decida quale il più grave, la crisi del Calcio e la crisi della Politica.

I partiti del centrodestra e del centro sinistranon riescono a trovare un candidato presidente, auspicando l’arrivo di un Papa straniero, un salvatore della patria!

Anche il calcio cerca un nuovo Salvatoredal momento che, dopo alcuni anni di gloria e di soddisfazioni,l’attuale Papa ha creato una situazione grave e complicata che non riesce ancora a risolvere.

Sono due campi, chi più chi meno, che appassionano i siciliani e intervengono nella loro vita, nei loro comportamenti. In apparenza sono distanti fra loro ma in realtà le loro storie in Sicilia, e a Palermo in modo particolare, si sono sempre intrecciate e entrambi presentano oggi uno scenario desolante.

La politicacerca di sopravvivere alla ricerca di una guida salda e autorevole, come il calcio con il Palermo in serie B, il Trapani in serie C, il Messina scomparso, il Catania e l’Akragas che arrancano nelle ultime divisioni.

Tra i seguaci della Politica e del Calcio, dopo i momenti di rabbia e di protesta che si sono espressi i primi con il non-voto, il secondo con cortei e manifestazioni, è subentrata la rassegnazione, ma entrambi in cuor loro sperano in una possibilità di riscatto e di rinascita.

Per tornare agli antichi splendori in entrambi i campi si auspica la venuta di “uno di fuori” che prenda in mano le redini perché in casa propria di Papi non se ne vedono proprio. Per il centro sinistra dovrebbe o doveva venire da Roma (il presidente Grasso), per i Calcio addirittura dagli Stati Uniti (Frankie Cascio).

Come mai non si trovano all’interno dei partiti personalità in grado di guidare uno schieramento politico con un programma su cui gli elettori possano liberamente decidere e come mai nel calcio, pur con la crisi economica che stiamo attraversando, non si fanno avanti singoli o più imprenditori siciliani che dignitosamente, senza pensare di creare una Juventus o un Milan, possano restituire, come nella politica,allo sport più amato, un minimo di dignità e normalità?

E’ questo il segnale più vistoso di una crisi e dell’assenza di classe dirigente in Sicilia, che non riguarda solo la politica ma si estende a tutti i campi delle attività, a cominciare da quello importante dell’economia.

Vero è che i siciliani, in cuor proprio, hanno sempre pensato che il liberatore dai propri mali doveva venire da fuori e che quindi hanno sempre accolto trionfalmente lo straniero, si chiamasse Garibaldi o Berlusconi, o nel calcio Sensi o Zamparini, per poi pentirsene amaramente per le cocenti delusioni subite.

Lo stesso Garibaldi ebbe a confessare che se avesse rimesso piede in Sicilia, i siciliani a ben ragione lo avrebbero presso a sassate, un trattamento che,in effetti, hanno riservato a Zamparini, dopo averlo acclamato, se non a sassate sicuramente a suon di parolacce.Le cose, però, non sono sempre andate cosi in entrambi campi. Abbiamo avuto in diverse espressioni positive della realtà siciliana in politica e nel calcio, alternatisi anche a momenti bui in un intreccio spesso tra politica, calcio imprenditoria, giustizia e mafia.

Nell’immediato dopo guerra emerse nel calcio la mitica figura del principe Raimondo Lanza di Trabia, l’ultimo gattopardo, che guidò il Palermo fino al 1954 con grande passione e competenza, tanto da circondarsi dei migliori esperti di quegli anni e che confessò a Giovanni Agnelli il sogno di creare una Juventus del sud e di puntare allo scudetto.Un modo forse per riscattare l ‘aristocrazia dal declino inglorioso e dal suo fallimento come classe dirigente.

Lasciò il Palermo qualche anno prima della sua tragica morte avvenuto per suicidio (ma si sospettò anche omicidio per mano mafiosa) e che ispirò a Domenico Modugno la celebre canzone dell’Uomo in Frak.

Anche la politica in quegli anni viveva un momento positivo per le speranze che la conquista dell’Autonomia aveva suscitato e che esprimeva personaggi di spessore come Giuseppe Alessi e Franco Restivo che governò la Sicilia per ben sette anni, tanto da meritarsi l’appellativo di “settennio felice”.

Con il tramonto della classe dirigente democristiana di estrazione sturziana e l’avvento dei “giovani turchi” con Giovanni Gioia e Salvo Lima, cui si aggregherà in seguito Vito Ciancimino, la politica interviene nel calcio palermitano assumendone anche la gestione.

E’, infatti, un politico, Giuseppe Pergolizzi, più volte assessore al Comune di Palermo, anche se poteva vantare qualche competenza sportiva e calcistica, a guidare la società del Palermo dal 1967 al 1969, sostituito dal mitico Renzo Barbera, il “presidentissimo” come fu affettuosamente chiamato nell’ambiente e dai palermitani.

Barbera non è un politico ma un imprenditore molto stimato, anche se sarà consigliere comunale per la DC, apprezzato per il suo equilibrio e correttezza tanto che, in una delle ricorrenti crisi comunale, alcuni consiglieri del PCI lo suggerirono alla DC come candidato sindaco.

Barbera lasciò un’impronta indelebile nel cuore dei tifosi e dei palermitani in generale. Riportò il Palermo in serie A facendogli disputare due finali di Coppa Italia, l’ultima persa contro il Bologna in cui il Palermo fu sfacciatamente e volutamente danneggiato dall’arbitraggio, ma ciò non impedì al presidente di andare a stringere la mano al capitano della squadra avversaria, Giacomo Bulgarelli.

Valorizzò molto i giocatori siciliani come Arcoleo, Troja, Vullo, per citarne solo alcuni e dopo un’amara retrocessione lasciò la presidenza ad un costruttore palermitano Gaspare Gambino.

Il nuovo presidentesi trovo a gestire lo scandalo del calcio scommesse, con il coinvolgimento di uno dei suoi giocatori più rappresentativi, Guido Magherini. Famosa rimase la foto pubblicata su tutti i giornali della pantera della polizia al cento del campo alla Favorita.

I guai del Palermo erano, però, appena cominciati dal momento che, due anni dopo, lo stesso presidente viene arrestato con un’accusa infamante: associazione mafiosa con il grave sospetto che la quota di maggioranza della società fosse in mano ad uno dei più sanguinari boss della mafia, Rosario Riccobono soprannominato “Saro il terrorista”.

A Gambino subentra Roberto Parisi, presidente dell’ICEM, l’azienda che gestisce per conto del Comune il servizio d’illuminazione pubblica, quindi con ottimi rapporti con il mondo della politica e il gruppo dirigente della DC di allora.

Tutti sperano in una gestione più moderna e imprenditoriale, ma non solo i risultati sul piano calcistico non arrivano, ma come una mazzata la mattina del 23 febbraio del 1985 giunge la notizia dell’assassinio del presidente Parisi e del suo autista per mano di un commando mafioso a Partanna Mondello. Omicidio di cui resterà oscuro il movente e i mandanti.

Il nuovo presidente è Salvatore Matta, fratello di un influente deputato democristiano e vice presidente della stessa Icem che, in tandem con un costruttore di Villabate, Franco Schillaci, prende in mano le redini della società.

La nera e triste storia del Palermo non ha fine! Nei confronti di entrambi i sostituti procuratori, Guido Lo Forte e Giuseppe Pignatone, spiccano un mandato di arresto, al primo per bancarotta fraudolenta, al secondo per truffa aggravata.

Il Palermo piomba nel caos assoluto. E’ radiato dalla serie B e rischia di essere cancellato dalla scena calcistica. Si mobilitano i tifosi, si muove la politica, il Palermo diventa un caso nazionale anche perché a sposare la sua causa è il neo sindaco Leoluca Orlando che inserisce la vicenda calcistica nel suo progetto generale di rinnovamento della città.Sul terreno calcistico si realizza, così,  una forte unità di intenti tra tutte le forze progressiste che daranno vita alla famosa “Primavera palermitana. Decisivo sarà il sostegno del partito comunista e del nuovo leader dei socialdemocratici palermitani, Carlo Vizzini, tifoso da curva nord e che insieme alla passione calcistica opererà uno strappo dai consolidati legami del suo partito con il vecchio sistema di potere democristiano.

Gli appelli del sindaco, i cortei di protesta, le pressini politiche, si riveleranno però inefficaci. Il presidente della Lega calcio, Antonio Matarrese, si mostrerà irremovibile.

Il comportamento eccessivamente rigoroso fa sospettare ad un complotto politico per mettere in difficoltà il sindaco Orlando per la sua azione di denuncia contro il gruppo di Salvo Lima e, non a caso, Matarrese è un fedelissimo di Giulio Andreotti che aveva definito Orlando “uno sfascia carrozze”.

Si tenta tutto per evitare la scomparsa del Palermo dal mondo del calcio.Le banche siciliane s’impegnano a garantire una fideiussione di 500miloni di lire, ma Matarrese definisce la proposta “carta straccia”.

Alla fine il sindaco in accordo con il PCI e Vizzini esce la carta vincente. Scartata l’ipotesi di un azionariato popolare, rivolge un appello non a singoli imprenditori ma alle loro associazioni di rappresentanza perché intervengano direttamente per conto dei loro associati.

Risponderanno tutte positivamente, dalla Sicindustria all’Api Sicilia, dalla CNA alla Confcommercio e alla Lega delle cooperative.Una novità che assumeva anche un risvolto politico rilevante.

L’accordo con Matarrese viene raggiunto a Milano: il Palermo ripartirà dalla C2.A guidare la nuova società sarà il presidente di Confindustria Salvino La Gumina e nel consiglio di amministrazione siederanno i rappresentanti delle associazioni che avevano contribuito finanziariamente alla capitalizzazione della nuova società.

La nuova compagine, tuttavia, ebbe vita breve sia perché il calcio non rientrava nella sua vocazione imprenditoriale, sia perché erano stati sollecitati ad intervenire non solo per mecenatismo ma anche dalla speranza, non realizzatasi, di un affidamento dei lavori per la costruzione del nuovo stadio, tanto che le diverse associazioni avevano anche a tale scopo formato un consorzio denominato Palermo.

L’intera proprietà, pertanto, fu rilevata, nel giugno del 1989 in occasione di un aumento di capitale, da due imprenditori già presenti nella società, Liborio Polizzi e Giovanni Ferrara.

La società, tuttavia, non riesce a trovare una sua stabilità finanziaria e in campo alterna promozioni in serie B a retrocessioni in C1.Il sindaco Leoluca Orlando non fa mancare il suo concreto sostegno, firmando un’importante convezione con la Palermo Calcio, cui viene affidata da parte del Comune la gestione dello stadio.

Il clima viene però gravemente funestato dal terribile incidente nel corso dei lavori per il nuovo stadio, in vista dei campionati mondiali del Novanta, in cui persero la vita cinque operai e che suscitò nella città grande commozione.

Alla fine i rapporti tra Ferrara e Polizzi si deteriorano al punto di una rottura e alla fine nel braccio di ferro tra i due la spuntò Giovanni Ferrara, erede di un’antica famiglia d’imprenditori originari di Lercara che legarono il proprio nome al famoso marchio della pasta.

Ferrara in questa nuova impresa, che gravava tutta sulle sue spalle, mise grande cuore e passione e nonostante le difficoltà economiche o forse proprio per quelle, realizzò un’esperienza inedita per il mondo del calcio tale da essere definita “il miracolo Palermo”.

Una squadra diretta da un allenatore palermitano, Ignazio Arcoleo e formata quasi interamente da giocatori palermitani e siciliani, in cui perfino ogni quartiere si sentiva rappresentato da un giocatore, i famosi “picciotti di Arcoleo”.

La città sentiva la squadra come una sua creatura da coccolare e di cui essere orgogliosi.Grandi soddisfazioni furono ottenute, sfiorando la promozione in serie A e con partite memorabili.

Clamorosa fu la vittoria in Coppa Italia contro il blasonato Parma di Callisto Tanzi, allora re della Parmalat, zeppa di grandi Campioni e umiliati da due bellissimi goal di uno strepitoso Tanino Vasari, adorato come un re nel suo Borgo vecchio e con un allenatore come Ignazio Arcoleo, mondellano puro, che in quel momento rasentò la popolarità di Leoluca Orlando.

Tute le belle favole hanno, però sempre una fine e così anche Ferrara assillato dalle difficoltà finanziarie, stressato dagli alterni risultati della squadra, decide di gettare la spugna dopo aver indubbiamente dedicato al Palermo tutto se stesso e forse non ricevendone in cambio la dovuta gratitudine.Inoltre la società si ritrovò nuovamente al centro di una clamorosa azione giudiziaria culminata con l’arresto dell’ex presidente Liborio Polizzi, per un certo periodo socio dello stesso Ferrara e che, dopo il suo distacco dal Palermo, si era dedicato alla politica, aderendo al PDS e che al momento dell’arresto rivestiva la carica di assessore allo sport e al turismo nella giunta presieduta da Pietro Puccio.

Per un’amministrazione che si proclamava “Giunta antimafia” scoprire che uno dei suoi assessori era arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa era un serio problema.Polizzi era anche accusato di avere coperto la latitanza di Salvatore Cucuzza, ritenuto uno dei Killer di Pio La Torre e Rosario di Salvo, una notizia che provocò sconcerto nel PDS, ma non un’adeguata riflessione.

Dall’indagine emergeva ancora una volta l’interesse di Cosa Nostra per la Palermo Calcio che secondo il Cucuzza, diventato collaboratore di giustizia, aveva in Polizzi il suo riferimento tanto che il figlio di Tommaso Spadaro, il boss della Kalsa, era il fornitore del materiale sportivo del Palermo e che lo stesso Polizzi avesse fatto ricorso ai metodi persuasivi di Cosa Nostra per riprendersi il pacchetto azionario della Palermo Calcio in danno di Giovanni Ferrara.

 

Nel marzo del 2000 il presidente Ferrara annuncia la clamorosa notizia che la società del Palermo è stata ceduta al presidente della Roma Franco Sensi, preferito a Flavio Briatore sostenuto, secondo alcune voci, dalla Juventus.

Da buon colonizzatore Sensi, il papa straniero, provvide a nominare un suo proconsole locale. La scelta cadde su Sergio D’Antoni, noto soprattutto per la sua lunga esperienza sindacale avendo guidato la Cisl prima in Sicilia e poi a livello nazionale e con una cera competenza sportiva in particolare nel basket. Forte anche di questa nuova notorietà che il calcio offriva, si cimentò anche in politica, fondando un movimento Democrazia europea ma con scarsi risultati.

Gli opportuni investimenti e i rinforzi in termini di giocatori assicurati da Sensi la squadra risalì presto la china riapprodando nella serie B.

L’avvenimento fu festeggiato alla Favorita con una partita amichevole con la Roma alla presenza dello stesso Sensi e della figlia Rossella, accolto trionfalmente da uno stadio strapieno con un cartello che recitava “Franco Sensi sarai sempre nei nostri cuori” e che il presidente ricambiò con un faticoso giro di campo.

L’interesse del patron romano per il Palermo ben presto si affievolì, forse perché non rientrava più negli interessi strategici del gruppo e due anni dopo la società passò nelle mani di un altro Papa straniero , Maurizio Zamparini con cui si apri un nuova ed esaltate capitolo della storia del Palermo che dura da un quindicennio e che pare, ormai, giunta al capolinea nonostante i falliti tentativi di cessione ad un altro papa straniero.

Con Zamparini il Palermo entra nell’orbita del calcio importante e dallo stadio della Favorita passano grandi campioni oggi applauditi in Italia e in Europa, fornendo anche alla Nazionale numerosi giocatori. La popolarità del Palermo aveva anche una ricaduta positiva nella città e nella regione per cui Zamparini era ossequiato e corteggiato anche da molti politici e dalle istituzioni, oltre che essere venerato dai tifosi.

Improvvisamente i il giocattolo si è rotto, come in politica quando i leader per stanchezza o altro commettono errori o smarriscono il senso della realtà.

Ora anche in politica come nel calcio si auspica l’arrivo di un papa straniero, molto probabile in questo secondo campo perché ci vuole un papa con i soldi e i possibili papi siciliani i soldi li cercano non li offrono.

Nel campo politico sarà molto più difficile. Ognuno ci penserà più di una volta prima di cimentarsi in un’avventura difficile e complicata come la Sicilia e poi sarebbe come chiedere a Mourinho di andare ad allenare l’Atalanta.

Ognuno, pertanto, potrà trovare un parallelismo tra le vicende calcistiche e quelle politiche. Storicamente in entrambe si sono alternati grandi presidenti a mediocri figure e quel che è ancora più singolare quasi tutti, con le dovute eccezioni, hanno avuto a che fare con la giustizia, una coincidenza che continua fino ai nostri giorni.

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