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Lo sbarco anglo-americano in Sicilia tra bombardamenti, violenze e “uomini d’onore”

domenica 28 Ottobre 2018

Noi siciliani, ma non solo, siamo stati sempre abituati a guardare con occhi d’ammirazione i soldati americani, e in generale gli “alleati”, provando nei loro confronti un forte senso di riconoscenza per aver liberato l’Europa dal nazifascismo.

Nei decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, abbiamo idealizzato i piani bellici, le azioni e le operazioni dei comandi “alleati”, credendo o facendo finta di credere che il loro agire fosse stato ispirato da motivazioni umanitarie e di solidarietà nei confronti degli europei. Insomma abbiamo creduto ingenuamente, chi più chi meno, che gli americani fossero venuti in Europa e quindi fossero sbarcati in Sicilia, in quanto bravi e buoni, dei benefattori, dei veri e propri filantropi, privi di un interesse politico ed economico.

E invece, la realtà è sempre molto più complessa e ingloriosa di quello che si pensa o che si vuol far credere. Lo sbarco anglo-americano in Sicilia fu un piano ideato e deciso nel gennaio del 1943 a Casablanca, in Marocco, dal presidente statunitense F. D. Roosevelt e dal primo ministro britannico W. Churchill.

Nei mesi precedenti lo sbarco, furono effettuati bombardamenti sempre più massicci, con l’obiettivo d’indebolire le forze materiali, economiche e psicologiche dell’Isola. Bombardamenti sotto i quali persero la vita tantissimi siciliani innocenti.

L’operazione “Husky”, cioè lo sbarco delle truppe anglo-americane in Sicilia, avvenne il 10 Luglio 1943. Il comando delle operazioni fu attribuito al generale americano D. D. Eisenhower, gli americani, sotto il comando del generale G.S. Patton, sbarcarono tra Gela e Licata, invece i britannici, comandati dal generale B.L. Montgomery, misero piede sulle spiagge siciliane tra Pachino e Cassibile. Gli “alleati” investirono la Sicilia con una forza da sbarco che fino a quel momento non si era mai vista in tutta la storia dell’umanità: 467.000 uomini, di cui 217mila americani e 250mila britannici, 280 navi da guerra, 1800 mezzi da sbarco, 2275 navi da trasporto, 600 carri armati, 1800 cannoni, 4000 aerei e 14mila veicoli.

L’obiettivo dell’operazione “Husky” era prendere il controllo dei porti e delle principali vie di comunicazione, obiettivo strategicamente fondamentale era il porto di Messina, infatti conquistarlo significava tagliare alle forze dell’“Asse” la principale fonte di rifornimenti. Gli anglo-americani decisero di sbarcare in Sicilia, innanzitutto per prendere il controllo di buona parte del Mediterraneo e poi perché avrebbero avuto un’ottima base per poter effettuare incursioni in Italia e Grecia, iniziando così a minacciare indirettamente la stessa Germania. Oltretutto, si sperava che il regime fascista, perdendo parte del suolo nazionale, avrebbe abbandonato in tempi brevi il conflitto.

Le operazioni che portarono al controllo dell’isola durarono circa 40 giorni, dal 10 Luglio al 17 Agosto. La retorica politica e la storiografia hanno fatto passare l’operazione “Husky” come una bella scampagnata, mentre i siciliani sono stati descritti felici e sorridenti per l’arrivo dei “liberatori” che entravano nelle città sotto una pioggia incessante di applausi.

Storicamente le cose andarono ben diversamente. Innanzitutto, dal punto di vista militare non fu per niente una campagna semplice, basti pensare che già la sera dell’11 Luglio la VII armata americana aveva perso circa 2300 uomini e prima dello sbarco i bombardamenti furono sempre più intensi, infatti tra il 4-9 Luglio, gli aerei alleati sganciarono 5mila tonnellate di esplosivo, quindi per entrare nelle città fu necessario effettuare pesanti incursioni aeree, causando molte vittime tra i civili e una massa enorme di sfollati nelle campagne. All’arrivo delle truppe alleate, i siciliani non esultarono: qualcuno era contento per la fine dei bombardamenti, c’è chi diede vita ad una resistenza armata contro gli occupanti ma la gran parte della popolazione ebbe un atteggiamento d’indifferenza nei confronti di un esercito invasore: troppe erano state le sofferenze e i patimenti sopportati dalla gente comune per poter festeggiare e gioire, sofferenze che non sarebbero terminate.

Infatti vennero perpetrate azioni molto gravi, moltissimi erano i soldati americani e inglesi che molestavano le donne, scatenando ovviamente la reazione dei padri, dei mariti e dei fratelli, suscitando in alcuni casi veri e propri tumulti, per non parlare di rastrellamenti e uccisioni di civili innocenti: ricordiamo gli episodi di Vittoria, Licata, Gela e l’eccidio di Acate avvenuto il 14 Luglio, nel quale gli americani assassinarono 73 civili. Infine gli stupri di massa furono molteplici, soprattutto nel territorio di Messina.

Questi sono stati i nostri “liberatori”, autori di violenze, umiliazioni e atrocità di ogni tipo e meno male che sono stati i nostri “benefattori”.

È, inoltre, anche grazie agli “alleati” che la mafia tornò potente e dinamica, in quanto ebbe un ruolo di grande importanza nello sbarco anglo-americano: infatti già molti mesi prima di questo, i servizi segreti americani contattarono molti boss della mafia siciliana, alcuni dei quali si trovavano già in galera negli Stati Uniti, come Lucky Luciano e Vito Genovese. I mafiosi effettuarono un vero e proprio servizio di spionaggio a favore degli americani, fornendo informazioni sulle infrastrutture dell’Isola, indicando le zone migliori per lo sbarco ma anche strade, sentieri e scorciatoie, perfino informazioni sull’entità e il posizionamento nel territorio delle forze italo-tedesche.

Il ruolo dei mafiosi fu anche quello di creare tra la popolazione dissenso nei confronti del regime fascista e apertura nei confronti degli occupanti. Anche per questo motivo, il primo luogo di sbarco in Europa scelto dagli “alleati” fu la Sicilia, consapevoli del fatto che avrebbero potuto contare sull’appoggio della mafia.

Naturalmente questa collaborazione con le autorità americane garantì ai mafiosi (che erano stati mandati al confino grazie all’azione del prefetto di ferro Cesare Mori) enormi e innumerevoli ricompense:  quest’ultimi infatti sfrutteranno la situazione di confusione creatasi con la caduta del regime e lo sbarco Usa per ricostruire il loro vecchio potere: pensiamo ad esempio al boss Vito Genovese che addirittura sarà l’interprete personale di Charles Poletti, capo del Comando Militare Alleato o ai molti boss fatti tornare in Sicilia al seguito delle truppe che diventeranno sindaci del proprio paese dopo la “liberazione” della Sicilia.

Lo stereotipo dell’americano, dell’ “alleato”, bravo, buono e gentile è stato naturalmente costruito dai vincitori, cioè dagli stessi americani e dalle forze anti-fasciste che dopo vent’anni di regime iniziarono a idealizzare tutto ciò che aveva permesso la fine del fascismo. Il comportamento degli “alleati” in Sicilia fu quello di un esercito straniero e invasore, spesso privo di umanità e pietà, un comportamento troppe volte violento e crudele nei confronti della popolazione locale.

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