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Partire dal territorio per riformare la politica

sabato 12 Agosto 2017
Elio Sanfilippo
Elio Sanfilippo
Elio Sanfilippo
Elio Sanfilippo

Sbaglia Matteo Renzi a considerare le elezioni siciliane un fatto locale che deve riguardare i siciliani e che non hanno alcuna refluenza sugli equilibri politici nazionali.

Non solo perché la Sicilia storicamente ha sempre avuto un peso nella vicenda nazionale, anticipando spesso scenari e soluzioni, ma soprattutto perché è proprio in Sicilia che si stanno consumando cambiamenti radicali che incideranno sulla natura, il ruolo e il futuro dei partiti, prefigurando possibili estinzioni, implosioni e in ogni caso modificazioni profonde. Siamo in presenza di alcuni sintomi preoccupanti che prefigurano quella democrazia senza i partiti che la Casaleggio Associati e il movimento grillino propugna da anni.

Alla pervasività della forma- partito, che ha caratterizzato il primo cinquantennio della Repubblica, si è sostituito il fenomeno opposto, il suo distacco dalla gente dalla gente e dagli elettori che non riconoscono più i partiti come strumento essenziali e fondamentali del sistema democratico.

Essi sono, addirittura, considerati la causa di tutti i mali, a cominciare dall’inefficienza del sistema, e quando una democrazia non funziona- diceva Calamandrei- lo sbocco è il fascismo e un approdo autoritario.

Neanche la lunga parentesi berlusconiana, interrotta periodicamente da governi di centro sinistra, è stata in grado di dare una risposta alla crisi del sistema politico, a costruire una stabilità di governo, un reciproco rispetto tra i diversi schieramenti.

Siamo passati da un paese a democrazia bloccata a un sistema sempre più precario e instabile a sovranità confusa.

La crisi ha contagiato l’intero sistema delle autonomie locali, dell’istituto regionale, a cominciare da quello speciale, con una fioritura di sistemi elettorali, tutti diversi fra loro e da quello nazionale, che accrescono confusione e instabilità.

Il risultato del Referendum istituzionale doveva essere un’occasione per i vincitori e per i vinti per riaprire una riflessione e indicare strade nuove. Si è preferito archiviare frettolosamente il voto. I vincitori contenti di aver dato una sonora lezione a Renzi e questi, non rilanciando una nuova proposta di riforma, limitandosi a denunciare, come in verità è avvenuto, le conseguenze negative di quel voto.

Quello che avviene in Sicilia conferma la crisi profonda dei partiti, la loro inutilità. A cosa servono i segretari regionali, cosa contano gli organismi elettivi, dove sono i luoghi della partecipazione, del confronto e della elaborazione programmatica? Come avviene la selezione dei gruppi dirigenti?

Tutto dipende dal grado di potere che riesci ad esercitare, dal numero di tessere e di voti di cui puoi disporre. Sulla base di questi criteri, però, non si può costruire un partito- comunità, un partito radicato nel territorio, ma solo macchine elettorali più o meno efficienti. Questo vuoto politico non è stato colmato né dai corpi intermedi, né da nuovi attori della cosiddetta società civile, né dal fenomeno grillino, ben presto omologatosi alla politica che dicevano di voler combattere.

Per tentare di sopperire a queste difficoltà, da più parti è scoperto il valore del territorio, una parola molto gettonata nel linguaggio politico recente.

Tuttavia questa riscoperta del territorio non nasce come scelta strategica del partito in grado si rispondere alla sua crisi, ripristinando così un legame tra la politica e gli abitanti di una comunità.

Nasce, invece, al di fuori dei partiti, ad iniziativa  di singole personalità che si autoproclamano leader di movimenti, come l’ex rettore Lagalla, da dirigenti frutto del web e non da processi reali che animano la società  siciliana come Cancellieri, da leader politici come Davide Faraone espressione però di una parte anche se importante del PD, assessori regionali come Antonello Cracolici, però, nella sua funzione di governo, seguiti da altri più o meno conosciuti che si autocandidano, in modo autoreferenziale, a presidente della Regione.

Questi, nelle ultime settimane hanno avviato una importante iniziativa politica nei territori. Chi lo ha chiamato tour, chi porta a porta, chi un viaggio attraverso la realtà siciliana. Una iniziativa lodevole. Molti di loro hanno visitato paesi, incontrato categorie, conosciute nuove realtà, riscoperto antichi e nuovi problemi.

Il limite di queste pur lodevoli iniziative è che sono appunto individuali, legate al proprio ruolo e non esprimono il progetto di un partito che ne caratterizza l’identità, i valori e il programma e che danno credibilità all’iniziativa stessa. E così si alimenta anche il sospetto di essere iniziative volte al rafforzamento delle proprie posizioni personali ed elettorali.

Un limite che ha segnato anche l’iniziativa di Leoluca Orlando che, in verità, è stato il primo, anche in virtù del suo ruolo di presidente dell’Anci, a porre il territorio e i Comuni al centro dell’iniziativa politica.

Non è l’iniziativa individuale ma la validità e la credibilità del progetto che una formazione politica è in grado di esprimere che può aggregare nel territorio interessi legittimi, attrarre intelligenze e professionalità, riaccendere la speranza e il gusto della partecipazione e, solo cosi, la politica può riacquistare credibilità e nobiltà di intenti.

La difficoltà di individuare negli schieramenti tradizionali candidati espressione dei partiti, conosciuti e riconosciuti dal territorio nasce da qui, per cui si è ancora alla ricerca spasmodica del papa straniero, o della foglia di fico per coprire un vuoto politico di idee e di progetto, anzi il requisito richiesto è la non appartenenza al partito.

E cosi si oscilla tra ritorni al passato già sperimentati e un nuovismo tutto da dimostrare, tra opportunismi manovrieri e scelte improvvisate.

Trovano in tal modo spazio nella ricerca del consenso chi parla alle visceri e non alle intelligenze degli elettori, proponendo, come ha fatto il candidato del movimento Cinque Stelle, sul tema dell’abusivismo edilizio soluzioni vergognose, che anche le forze più retrive del passato avrebbero avuto più pudore a proporre, offrendo un ombrello protettivo ai palazzinari più pezzenti e contribuendo al pericoloso isolamento del sindaco di Licata.

La Sicilia, però, non può più permettersi il lusso di bruciare una altra legislatura! Se non si avvierà una vera stagione di riforme  radicali, se non vi sarà una rigenerazione del sistema politico siciliano con una nuova Regione e una nuova Autonomia il declino sarà irreversibile. Il tempo è breve ma ancora sufficiente per questo cambiamento che i siciliani si aspettano.

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