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Romanzi da leggere online: 12° capitolo di “La voglio gassata”

domenica 21 Luglio 2019
David Hockney_ritratto di un artista_1972

La 29^ puntata della rubrica “Romanzi da leggere online” prosegue con l’undicesimo capitolo del romanzo di Caterina Guttadauro La Brasca, “La voglio gassata”.

CAPITOLO 12°

Le stagioni passavano, le ricadute di papà ci impensierivano, ma il rituale si ripeteva da così tanto tempo da vederlo andar via con rassegnazione e ritornare a casa con rinnovato sollievo.

Il filo che mi teneva legata a Roberto non si spezzava, nonostante ognuno vivesse la sua vita.

Pur riconoscendo l’importanza ed il valore sentimentale di quell’amicizia, la Roberta spensierata a volte prendeva il sopravvento. Risale a questo periodo la mia parentesi sentimentale con un ragazzo di nome Stefano.

Quella esperienza mi diede modo di capire che non gradivo l’indecisione di certi uomini e che non volevo avere rivali nel cuore di chi sceglievo.

Con Stefano programmammo una vacanza di una settimana all’isola d’Elba, ma stranamente, la settimana finiva di venerdì.

Glielo feci osservare e, messo alle strette, confessò di avere in atto una storia di convivenza con una donna.

Il loro rapporto non navigava in acque tranquille, ma non si sentiva nemmeno di lasciarla.

Mi resi conto che il mio vero rammarico non fu tanto sapere dell’altra donna ma il suo non avermene parlato prima. Un uomo è difficile che in campo sentimentale faccia delle scelte coraggiose, così mantiene in piedi dei rapporti anche se ormai finiti, e cerca altre esperienze da vivere.

Noi donne, se ci innamoriamo, lo facciamo col cuore e con la testa e poi passiamo a vie di fatto. Così ritornai felicemente ad essere single.

I giorni scorrevano e continuava il rapporto con Roberto, il quale non attraversava un buon momento. La sua mamma era stata ricoverata.

Era una cara signora da me conosciuta all’inizio del rapporto con suo figlio e, di mestiere, faceva la sarta.

Quel lavoro richiedeva fantasia, gusto, e questo me la rese simpatica.

Roberto era in crisi quando venne a conoscenza che sua madre aveva un linfoma non hodgkin.

A questo problema si sommò la preoccupazione per Viviana, il cui equilibrio non le consentiva di reggere una prova così difficile.

Anche il legame di Roberto, trascinato da tempo con una ragazza, era arrivato alla fine.

La sua mamma li lasciò in un caldo e assolato pomeriggio di luglio, lasciandoli più uniti perché più soli.

Un lutto difficile da elaborare per un introverso come Roberto.

Per me, espansiva, era impossibile e pericoloso tenersi dentro quel senso di abbandono che provi quando perdi tua madre.

Pensavo a quante lacrime mute scendevano dentro di lui e decisi di aiutarlo a reagire. Non ero certo il tipo da stare al suo fianco in silenzio, aspettando gli eventi o qualcosa che potesse scuotere la loro inerzia.

Quindi, pur rispettando il suo dolore intensificai le nostre uscite, lo portavo anche in locali dove poteva conoscere altre ragazze.

Non mi soffermavo a considerare quanto questo mio comportamento rivelasse, da parte mia, non più affetto ma amore. Non mi creava nessuna gelosia farlo, perché ero io a scegliere qualcuno con cui fare compagnia per riportare Roberto alla sua vita.

Non si può chiamare in altro modo che amore il sentimento in nome del quale riesci a vedere accanto al tuo uomo un’altra persona, pur di vederlo felice.

Di una cosa avevo consapevolezza: provavo una grande attrazione sessuale nei suoi confronti.

Non potevamo più essere solo amici, ma neanche amanti, vivevamo quella terra di nessuno che prima o poi ci avrebbe portato a scoprire le carte con cui stavamo giocando.

Roberto aveva un interesse, una vera passione: la musica d’avanguardia, il rock inglese, un genere non consono al mio temperamento.

Mi sentivo più stimolata dalla disco music americana.

Mi ricordo una sera, seduti ad un tavolo, i piatti ormai vuoti, la luce di una candela proiettava l’immagine dell’uno negli occhi dell’altro.

Le note si sprigionavano da un pianoforte e resero Roberto disponibile a raccontarsi.

A noi donne appartiene l’intuizione di capire cosa accade in chi ci sta guardando e, in silenzio, ringraziai quella musica che aveva dato voce alla sua anima.

«Roberta, mi disse, è un momento duro e unico quello attuale ed è uno sforzo vivere. I dolori raccontati dagli altri ti fanno immedesimare, ma quando li vivi, non li giustifichi. Ti senti punito senza una ragione, privato senza alcun avviso di una parte di te, andata via con lei. Non sai come fare a tornare a vivere solo, col pensiero dei momenti già vissuti, in una parola con i ricordi».

Ero colpita dalle sue parole ma dovevo rispondere, dargli l’opportunità di dividere con qualcuno il suo dolore e mi ascoltai dire: «Caro amico mio, se potessi vivere con te questo dolore lo farei, pur di alleviartene il peso. Credo di poter capire cosa voglia dire perdere una madre. Qualcuno mi disse una volta che: se perdi un padre ti senti tradito, ma se perdi una madre ti senti abbandonata. Con Lei se ne vanno via i sorrisi e i pianti dell’infanzia, le favole raccontate, le serate trascorse ad aspettarti quando eri fuori con gli amici, la paura di rimanere soli, il sogno di vederti accanto la madre dei tuoi figli».

«Sì, m’interruppe lui, si spegne una luce dentro di te e non sei pronto a vivere con rassegnazione il tuo ruolo di orfano».

«Certo, gli risposi, io ho cercato di starti accanto, rispettando il tuo dolore e il tuo silenzio. Costringerti a parlare sarebbe stata una violenza al tuo io ma pregavo, in cuor mio, che si rompessero gli argini di questo fiume di dolore e di esserci nel momento in cui sarebbe accaduto».

«Tu, continuò Roberto, sei stata la presenza più utile e più giusta in un momento come questo e sei l’unica persona con la quale volevo e potevo viverlo. Negli ultimi tempi ti ho pensata spesso, ma non sono bravo a tradurre con le parole ciò che provo.  Mi preparo un discorso e non mi sembra mai sufficientemente giusto in rapporto al mio sentire».

«Ci voleva questo frizzantino, dissi tentando di alleggerire l’atmosfera, a farti trovare le parole giuste».

«O più semplicemente, ribatté, ci volevi tu, la tua capacità di rasserenarmi, di farmi deporre le armi per non farmi più male, per darmi la certezza che, non oggi, ma un domani non lontano, io possa ritornare a credere nella bellezza della vita. Roberta, tu non lo sai, ma hai la capacità di far nascere l’amore anche dal dolore».

Non risposi, ero fortemente toccata da quelle parole che, forse, furono la più bella dichiarazione d’amore che io abbia mai ricevuto.

C’erano nuvole all’orizzonte anche per me.

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