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Teatro Massimo: applausi per il “Parsifal” di Graham Vick. Metafora efficace della società odierna | FOTO

lunedì 27 Gennaio 2020
Parsifal

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La scelta coraggiosa del Teatro Massimo di aprire la Stagione 2020 con il “Parsifal” di Richard Wagner, opera imponente e impegnativa sotto diversi punti di vista, è stata premiata dal pubblico della prima con lunghi e ripetuti applausi.

È storia che l’autore tedesco terminò la stesura del Parsifal proprio nelle stanze dell’Hotel delle Palme a Palermo, tra il 1881 e il 1882, dettaglio che ammanta di fascino l’ultimo dramma musicale dell’autore, ed è noto che l’opera, per il tema e per la durata, circa cinque ore di partitura tutt’altro che semplice, rappresentano un po’ lo scoglio periglioso nel campo della lirica.

Tutto ciò non si percepisce minimamente nella messa in scena del “Parsifal” che ha debuttato, domenica 26 gennaio, in un Teatro Massimo gremitissimo e sotto lo sguardo soddisfatto del sovrintendente Francesco Giambrone.

La ‘prima’ a Palermo

Il Parsifal andato in scena a Palermo, per la regia di Graham Vick, di ritorno in città dopo la Tetralogia – sempre per il Massimo, ndr – con la direzione dell’Orchestra, al suo debutto ufficiale, affidata a Omer Meir Wellber, sfugge a tutte le trappole proprie dell’opera, offrendo allo spettatore una coinvolgente, e per nulla faticosa, immersione nel mondo wagneriano.

Quando semplicità, che non è povertà di mezzi, e alta professionalità si incontrano il risultato non può che essere efficace.

Dopo un preludio musicale di alcuni minuti l’apertura del sipario mostra il palcoscenico, privo di quinte, in tutto il suo splendore strutturale e in una dimensione congeniale alle scelte del regista Vick (che ha sempre amato ‘spogliare’ questo palco – ndr).

Parsifal

Servono il cemento delle pareti, le divise militari, con annessi i kalashikov, e i costumi assolutamente moderni (di Mauro Tinti), non ultimi fiori sgargianti, in colori fluo su grandi pannelli sullo sfondo, e una semplice tenda bianca che accoglie le ombre di attori e danzatori, per raccontare, oggi, della “passione del Cristo” (magnifico il contrasto tra il perizoma sdrucito e il rosso scintillante del mantello di velluto completato da una corona di spine dorata e dalle medagliette militari), del suo sacrificio in favore  dell’Uomo, del conflitto tra desiderio e redenzione, e del sacro Graal, simbolo di una perpetua esistenza del divino.

È assolutamente moderna ed efficace questa resa del Parsifal che ben si declina in un presente fatto di guerra, discriminazione, violenza e timida speranza nel futuro e nelle nuove generazioni.

Parsifal

Attraverso i tre atti del “dramma sacro“, con alcuni quadri che colpiscono più di altri – ad esempio l’immagine nel primo atto in cui una coppa, una semplice tazza di metallo, passa di mano in mano tra i componenti dell’esercito, rinnovati nello spirito bevendone ciascuno; o la comparsa dal palcoscenico di una grande icona di Maria Maddalena nel secondo atto; o ancora la presenza sulla scena di bambini, “fiori magici” che si oppongono all’avvizzimento del bosco incantato – si riporta sì l’opera di Wagner ma in una dimensione che è perfetta, per nulla distonica, metafora dell’oggi.

Il cast

Bravissimi tutti gli interpreti: i componenti dell’Orchestra del Teatro Massimo, irreprensibili nelle diverse ore di attenta e curata esecuzione, sotto la guida altrettanto precisa di Wellber; con loro il Coro e il Coro di voci bianche.

Il giovane tenore Julian Hubbard che supera benissimo il debutto nel ruolo di Parsifal (in sostituzione di Daniel Kirch); Tómas Tómasson nei panni di Amfortas; Alexei Tanovitski che invece è TiturelJohn Relyea, che ritorna sul palco del Massimo, nel ruolo di GurnemanzThomas Gazheli, anche lui già apprezzato dal pubblico palermitano, è Klingsor; protagonista femminile, applauditissima, il soprano francese Catherine Hunold nel ruolo di Kundry (movimenti coreografici di Ron Howell, luci di Giuseppe Di Iorio per un allestimento realizzato in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna).

Per molti anni – ha dichiarato Graham Vick – Wagner volle che il suo Parsifal fosse inteso come mito freudiano sull’ossessione per la madre o come parabola buddista o come trascendimento del desiderio terreno, l’opera in sé divenne un Graal. Il nostro desiderio di attaccarci a quello che è nostro e di escluderne l’altro sta distruggendo il mondo. Non abbiamo mai avuto tanto bisogno di un Parsifal come ora; speriamo che arrivi presto“.

Graham Vick e Omer Meir Wellber
Graham Vick e Omer Meir Wellber (foto di Rosellina Garbo)

Quello andato in scena al Teatro Massimo, in definitiva, è in qualche modo un Parsifal della rinascita o della consapevolezza così come ha sottolineato il direttore Wellber: “Il nostro sarà un anti-Parsifal: è importante oggi considerare Wagner ‘solo’ un compositore. È necessario ripulirlo dalle incrostazioni che si sono sedimentate sopra la sua musica per arrivare a vedere solamente cosa ha veramente scritto. Andando oltre tutte le sovrastrutture problematiche che vi si sono aggiunte“.

Grande inizio di stagione, dunque, per il Teatro Massimo che, tra nuove collaborazioni internazionali e partenariati, iscrive nella sua storia un’altra edizione del Parsifal che rimarrà negli annali.

Repliche fino a 2 febbraio.

  • Foto di scena di Franco Lanino.
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