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Una passeggiata per le “Tavolate di San Giuseppe”, il Santo simbolo di paternità

mercoledì 13 Marzo 2019

Il prossimo 19 marzo si celebra la festa di San Giuseppe e quella del papà. D’altronde, lo sposo di Maria era il padre putativo di Gesù che, in Matteo 13,55 viene definito come “il figlio del carpentiere”. Il termine greco téktôn, che corrisponde al latino faber, indica, infatti, un artigiano che lavora il legno o la pietra, mestiere a quei tempi assai fiorente nella regione della Galilea a causa della costruzione di nuove città. È sempre Matteo a tratteggiare delicatamente la figura di questo grande uomo che, dinanzi all’inattesa gravidanza della promessa sposa, dopo un attimo di smarrimento dovuto al trovarsi in una storia più grande di lui,  amando Maria e già il frutto che la “vergine e madre”, ossimoro di grande poesia, portava in grembo, da uomo giusto, cavaliere della fede pronto a compiere la volontà divina, consegna la propria vita a un progetto misterioso che non comprende, ma che lo vedrà figura fondante e partecipe.

Giuseppe, dotato dell’arte dell’obbedienza e spinto da un amore che, trascendendo tutto, è quintessenza della vita, decide di essere sposo, padre e votarsi a questi due ruoli così complessi, restando accanto alla sua donna in fedeltà e a quel bimbo in responsabilità, termini così desueti nel nostro quotidiano. Secondo l’ordine angelico, d’altronde, l’importanza di Giuseppe, nella Sacra famiglia, è avvalorata dal fatto che fu sua la scelta di chiamare il nascituro ” Gesù”, il cui significato è “Il Signore salva”, e con l’atto di dargli il nome conferì al bambino la sua identità sociale. Giuseppe è l’ uomo che “crede” nel piano dell’Onnipotente e si inchina integralmente alla sua volontà; sa “accogliere” con sé e dentro di sé due affetti affidatagli dall’alto; accetta l’irruzione della divinità nella sua umanità e custodisce il figlio di Dio, che sente come figlio e da cui è vissuto come padre, per la solidità e la dedizione che gli mostra non soltanto nei momenti di luce ma, soprattutto, in quelli di buio e difficoltà.

La sua non è figura secondaria o assente: a Nazareth, infatti, trasmette a Gesù le conoscenze del proprio mestiere, lo introduce nella conoscenza della Tôrah, perché nel giudaismo l’ educazione religiosa dei figli maschi è affidata alla figura paterna e, sempre a Nazareth, questo grande uomo, da ciò che se ne desume, dice “Addio” alla vita terrena, anzi si affida “A Dio”, anche per quella celeste, circondato dall’amata sposa e dal figlio Gesù.

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Tavolate di San Giuseppe
Al Santo, a cui si tributa il culto di proto dulia, “primo fra tutti i santi”, patrono dei padri, dei carpentieri, dei lavoratori, dei moribondi, degli economi e dei procuratori legali, è legata una nostra bellissima tradizione popolare, quella delle Tavolate di San Giuseppe. Chiamate in siciliano “Tavuli ‘ri’ San Giuseppi“, vengono preparate nelle case dei devoti che, per tutta la giornata, le tengono aperte al pubblico. Questa usanza che ricorda la Sacra Famiglia richiama, anche, con le dovute differenze, l’ ἀγάπη, agape, una istituzione caritatevole del cristianesimo antico, fiorente soprattutto nei secoli III e IV, che consisteva in una cena alla quale qualche membro facoltoso invitava nella propria casa i poveri e, specialmente, le vedove della comunità, sotto la presidenza di un vescovo, o in sua vece di un prete o diacono, che ne regolava il buon andamento secondo le norme stabilite.

Alle tavolate, infatti, riccamente apparecchiate con preziosi merletti, lenzuolini e immagini di San Giuseppe, vengono invitati dei commensali non abbienti. Ciascun visitatore, inoltre, è invitato dal padrone di casa a gustare le prelibatezze di grande valenza simbolica, preparate con tanto amore e fatica, e tra queste: i “Pupi ‘ri’ San Giuseppi“, ovvero il pane dalle forme particolari raffiguranti gli oggetti del falegname; pasta con le sarde e finocchi; salsicce, salami e formaggi; broccoli, cardi e altre verdure fritte; cannoli, sfince, pignolata, cassatelle, bocconcini, lattughe, finocchi, cedri e frutta varia. Adesso una piccola carrellata per provincia, in cui si festeggia San Giuseppe con le “Tavolate” o “Mense“, che continuerà nei prossimi giorni.

A Ribera (Ag), si usa raccogliere dei rami di alloro per rivestire la Stragula, una torre di legno alta circa una decina di metri, collocata sopra un grande carro e decorata da forme di grandi pani chiamate Cudduri, legati fra loro per mezzo di cordicelle. La Stragula, trainata da due buoi, rappresenta, secondo la tradizione popolare, l’abbondanza e la gloria del santo patriarca mediante alcuni elementi carichi di valore simbolico, quali il pane e i rami di alloro.

A Vallelunga Pratameno (CL), a queste ricche mense vengono invitati i “vergineddi” che, prima di sedersi a gustare le bontà messe in bella mostra, aspettano, assieme ai padroni di casa, l’arrivo del parroco per la benedizione della Tavolata e dei commensali, con il posto d’onore riservato a colui che rappresenta Gesù bambino. I visitatori, che faranno il giro delle Tavolate dislocate in ogni angolo del paese, si troveranno ad essere degustatori delle leccornìe che ogni famiglia offrirà loro. Vi rifarete gli occhi, vista la scenografica bellezza con cui vengono preparate.

A Palazzo Adriano (CT), le famiglie che hanno ricevuto la grazia imbandiscono tavolate con diverse pietanze: cardi e broccoli in pastella; “barbabecchi”, cioè barba di caprone per il pappo sericeo, estremità piumosa, dei frutti; asparagi e finocchi di montagna; pignolata e sfingi. I commensali principali sono tre e rappresentano la Sacra Famiglia, ai quali il padrone di casa serve le vivande della tavola.

A Enna, il 18 marzo vi è la tradizionale giornata delle “Verginelle di San Giuseppe”: 19 ragazze, preferibilmente nubili e appartenenti a famiglie non ricche, vengono invitate da una famiglia benestante a trascorrere la giornata tra canti religiosi, preghiere, messa nella Chiesa di San Giuseppe e condivisione del pranzo.

A Castel di Lucio (ME), le famiglie, che hanno ricevuto una grazia, organizzano il “pranzo de Virgineddi“: sulla tavola addobbata viene collocata un’immagine del Santo e gli viene riservato un posto che, ovviamente, rimane vuoto. Il menù del pranzo prevede pasta e legumi, baccalà, cardi selvatici fritti, finocchietti selvatici bolliti e arance.

A Roccapalumba (PA), l’8 marzo si raccoglie la legna per il falò e, momento clou, la Processione della statuetta del Bambino Gesù accompagnato dalle luminarie di “tuorce”, “fanari” e dalla banda musicale, con accensione dei falò nei crocicchi principali del paese. Intorno alle 22 festeggiamenti attorno al fuoco con vino, salsiccia,carciofi e porri alla brace. Il 19 “pranzo dei virgineddi” con la Sacra famiglia.

Ad Acate (RG), tradizione vuole che chi ha ottenuto una grazia, o spera nella intercessione del Santo, prepari il “Pranzo Sacro” che viene offerto alla Sacra Famiglia. San Giuseppe, infatti, è anche il protettore degli orfani, delle ragazze nubili e dei poveri. Il banchetto, viene chiamato dialettalmente “avutaru” o “patriarca” e, anticamente, veniva preparato nei cortili o nella piazza del paese; oggi, invece, dentro le case. Gli invitati, i Santi, pranzeranno su una struttura in legno, base di un grande tavolo, con sopra, innalzati a gradini, delle tavole. Sull’altare, ricoperto da lenzuola bianche ricamate, vedrete troneggiare nel posto centrale, d’onore, un grande quadro che raffigura la Sacra Famiglia (“a Madonna, u Bamminu e u Patriarca”).

A Rosolini (SR), la devozione a San Giuseppe si manifesta con la tradizionale cavalcata che vede le strade del paese transennate per permettere il passaggio dei cavalieri che montano cavalli sfarzosamente bardati. Nel pomeriggio, invece, dopo la funzione religiosa, il simulacro del santo viene portato in processione sotto una pioggia di volantini su cui è scritto “Viva San Giuseppe” .

A Vita (TP), i protagonisti di l’artaru, che rappresentano la Sacra Famiglia e, a volte, sono cinque con l’aggiunta di Sant’Anna e San Gioacchino, vengono chiamati “virgineddi” o “santi” e scelti fra le persone meno abbienti del paese. Per loro è preparata una cena sontuosa composta da tante pietanze tipiche del posto come la pasta con finocchietti, salsa di pomodoro e pangrattato tostato, oltre alle altre bontà tipiche delle Tavolate.

Il viaggio in questa tradizionale festa sicula, che unisce l’isola in ogni suo punto, è appena iniziato.

[La foto copertina è “Fuga In Egitto” di Vittore Carpaccio]

[Un grazie a Salvina Dentico, per la foto delle Tavolate di San Giuseppe del Terz’ordine Domenicano di Vallelunga Pratameno].

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