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Mafia: possibile stop 41 bis a boss 90enne condannato per stragi ’92

mercoledì 5 Luglio 2017
Capaci

Sulla legittimità della proroga del 41 bis, pesa la “possibile incidenza delle condizioni di salute (unite all’età particolarmente avanzata)”, sia in relazione al “divieto di trattamento inumano e degradante”, che sull'”attuale pericolosità” del detenuto, cui il regime carcerario differenziato vieta contatti con l’esterno. Con queste motivazioni la prima sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso del boss Giuseppe Farinella, 91 anni, contro la proroga del 41 bis. Farinella è stato condannato all’ergastolo in via definitiva nel 2008 per concorso nelle stragi di Capaci e via D’Amelio in quanto capo del mandamento di cosa nostra di San Mauro Castelverde. Alla luce di questo principio, valido per tutti, il tribunale di sorveglianza di Roma dovrà pronunciarsi nuovamente. Lo stesso tribunale aveva respinto il ricorso contro il decreto ministeriale di proroga del 41 bis ritenendo che pur in presenza di condizioni di salute indubbiamente gravi, le patologie “non incidono sullo stato mentale e sulle capacità cognitive del soggetto recluso” e quindi sulla sua possibilità di comunicazioni con l’esterno.

Nell’accogliere il ricorso dell’ergastolano, la Cassazione sottolinea il principio, previsto in costituzione e dalle convenzioni internazionali, per cui vige il divieto di infliggere al condannato trattamenti contrari al senso di umanità. Una situazione “patologica obiettivamente grave che, unità all’età avanzata, determini un concreto rischio di trattamento inumano o degradante” è tema “rilevante” ai fini della conferma o meno del 41 bis, si legge nella sentenza n.32405. E se la proroga comporta un “aggravamento delle condizioni di vita del soggetto”, anche solo in termini di “concausa” è “necessaria la rimozione del regime differenziato”, ferma restando la permanenza in carcere. In secondo luogo, spiegano i giudici, non è possibile affermare, per giustificare la necessità della conferma del carcere duro, che il pericolo di comunicazione con l’esterno venga a mancare solo in presenza di “patologia psichica totalmente invalidante”. Va invece considerata l'”incidenza dello stato patologico, eventualmente insorto”. Come nel caso di Farinella, spiega il collegio, “caratterizzato peraltro dalla esistenza di un fattore obiettivo di aggravamento della condizione fisica correlata all’età”.

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