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A Cefalù, tra Dafni, Naide e Cefalino [Fotogallery]

giovedì 14 Marzo 2019

Una passeggiata a Cefalù è ricca di suggestioni e immagini e permette di scoprirne tutta la magia. Il nostro racconto, però si concentrerà su di un suo luogo, il lavatoio medievale, legato a Cefalino di cui vi diremo la storia, che rimanda, però, a una bellissima tradizione, quella delle donne che vi si recavano per il bucato, facendo risuonare nei vicoli del centro storico i loro canti e gli scoppi di risa.

Prima di penetrare tra le pieghe di questa leggenda d’amore e morte, scopriamo la bellissima Cefalù, partendo dal suo stemma che ne rappresenta le caratteristiche peculiari: sullo scudo azzurro, il mare che è potenza e ricchezza, tre pesci d’argento ordinati in pergola col capo rivolto a una figura centrale rotonda d’oro, un pane, un pomodoro o, meglio, un bisante, moneta d’oro dell’impero bizantino. Il pesce e il pane, simboli della cristianità, richiamano il miracolo della moltiplicazione e dell’eucaristia. Nel mare, i pesci sono tre, tanti quanti i bracci del Parlamento Siciliano, le valli di Sicilia, le Persone della Trinità, le religioni monoteistiche.

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Cefalù
La nascita di Cefalù affonda le sue radici nel fertile terreno del Mito che vorrebbe la città popolata, per la prima volta, dai Giganti, discendenti da Noè; fondata da Sicani (tra il 3000 ed il 2700 a. C.) o da Fenici che l’avrebbero chiamata Ras Melkart, promontorio di Ercole di cui il mito narra che qui avrebbe costruito un tempio dedicato al Sommo Padre Giove. I suoi nomi sono il greco Kephaloidion, il latino Cephaloedium e l’arabo Gafludi. Per quanto riguarda uno dei suoi simboli, la Cattedrale, venne edificata per volere di Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia, Puglia e Calabria, nel 1131. La tradizione ci ha tramandato che il re, in viaggio in nave da Salerno a Palermo, imbattutosi in una tempesta, fece voto di erigere una chiesa nel luogo in cui fosse approdato sano e salvo insieme al suo equipaggio. Così fece e, domenica 7 giugno dello stesso anno, nel giorno di Pentecoste ebbero inizio i lavori con la posa della prima pietra.

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La leggenda del Lavatoio di Cefalù
In questo luogo  immaginate di veder apparire il nostro primo protagonista che è Dafni, il pastore siciliano per antonomasia, inventore del canto bucolico, secondo la leggenda figlio di Ermete, il dio delle greggi, e di una ninfa, nato in una magnifica valle dei monti Erei. La madre lo generò in un boschetto di lauro e Dafni, cresciuto e divenuto pastore, pascolò nelle più amene regioni della Sicilia, alternando alla fatica il riposo, allietato dal suono della zampogna, appreso da Pan, dal canto e dai versi da lui creati. Amato dagli umani e dagli esseri divini per la sua bellezza e le sue doti, nel fiore degli anni morì.

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Qui entra in scena il secondo protagonista del nostro racconto: Naide. Secondo la versione più antica, risalente pare a Stesicoro, Dafni s’innamoro d’una ninfa, Naide appunto, che lo accecò per vendicarsi di un’infedeltà. Per qualche tempo egli sopportò la sua sventura ma, in un momento di sconforto, non accettando più il suo stato, si gettò da una rupe. Ermete se lo portò in cielo e i pastori, tutti gli anni, gli tributarono sacrifici. L’altra versione, più centrata sul dolore sordo di Naide è che, un giorno, scoperto il tradimento del suo amato, per vendetta gli cavò gli occhi. Dafni, abbattuto per aver perso la vista, si gettò dall’Olimpo trasformandosi nella roccia che sovrasta Cefalù. La ninfa, a sua volta, nel vedere il gesto disperato del suo sposo, pentitasi, iniziò a versare copiose lacrime che alimentarono un bacino sotterraneo che cominciò a scorrere come un fiume, in siciliano u ciumi, prendendo il nome di Cefalino.

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Sono proprio le sue acque che, ancora oggi, alimentano il lavatoio di Cefalù che vi accoglie con questa insegna: “Qui scorre Cefalino, più salubre di qualunque altro fiume, più puro dell’argento, più freddo della neve”. Da Corso Vittorio Emanuele, a pochi passi dal rinascimentale Palazzo Martino, scorgerete la scalinata detta “a lumachella” e accederete al Lavatoio medievale in cui quindici bocche leonine in ghisa riversano le acque del Cefalino. Varcata la soglia, per magia, sentirete il pianto di Naide, i mormorii, le risate, i canti delle lavandaie, inginocchiate sulle vasche a sbattere i panni bagnati, e da fuori giungere fino a voi il vociare dei commercianti e i passi dei viandanti: il passato  e la tradizione che penetrano dolcemente nel frenetico presente. Una passeggiata a Cefalù, e sedersi sulle scalinate del suo Lavatoio, è come salire su una macchina del tempo che vi trasporterà in un favoloso e “altro” quotidiano.

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