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Agricoltura in Sicilia, ecco come i soldi dell’Ue finiscono alla mafia

venerdì 10 Marzo 2017

campo inconlto

In Sicilia parte dei contributi europei che dovrebbero finanziare gli agricoltori isolani, finirebbero diritti nelle tasche di Cosa Nostra. Almeno, stando all’ipotesi avanzata dai Cinquestelle al Parlamento di Strasburgo. Proprio per capirci di più, l’eurodeputato grillino Ignazio Corrao ha presentato un’interrogazione chiedendo risposte alla Commissione Europea: “Ripristinare l’obbligo di pubblicazione dei dati relativi ai beneficiari dei fondi Pac e affrontare la gestione della Politica Agricola Comune, dato che in alcuni territori, come la Sicilia, ha finanziato la mafia anziché il reale sviluppo agricolo. La mafia in Sicilia ha fatto sparire 400 milioni di euro”.

Che in Sicilia gran parte dei contributi europei per l’agricoltura fosse appannaggio di Cosa nostra è cosa nota, almeno da quando l’agguato al presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, ha fatto accendere i riflettori sul fenomeno. Antoci con il suo protocollo di legalità aveva rotto il giocattolo che consentiva ai boss della zona di disporre, grazie al sistema delle collusioni e al ricatto mafioso, di grandi appezzamenti di terreni pubblici e privati. Estensioni dove non è mai stato coltivato nulla e per le quali i boss riuscivano ad ottenere ingenti quantità di denaro dall’Unione europea. Basti pensare che in Sicilia dal 2007 al 2013 sono arrivati circa 5 miliardi di euro di fondi comunitari per lo sviluppo dell’agricoltura.

Adesso l’interrogazione dell’eurodeputato del M5S Ignazio Corrao mette in evidenza uno dei limiti della burocrazia comunitaria che ha consentito alla mafia dei terreni di agire indisturbata: la mancanza di trasparenza.

“L’1,6 per cento delle aziende agricole europee – spiega Corrao – beneficia del 32 per cento degli aiuti diretti totali e il 43 per cento del totale incassa meno di 500 euro l’anno per un totale pari a meno del 2 per cento del budget complessivo della Pac. Nel 2009 in Italia 210 beneficiari hanno incassato tra i 200 e i 500.000 euro, mentre il 42,4 per cento degli agricoltori ha incassato appena il 3,3 per cento dei fondi”.
I dati rivelano una concentrazione sospetta che necessita di controlli e verifiche sull’attendibilità dei soggetti titolari delle istanze. Sospetti confermati dalle indagini di questi ultimi mesi, scaturite dalle denunce del presidente Antoci.

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Necessario l’intervento della magistratura e delle forze dell’ordine per cominciare a fare luce su una frode il cui giro d’affari è esorbitante. Come spiegato da Corrao nell’atto di sindacato ispettivo è impossibile conoscere l’identità di chi usufruisce di questi contributi. “L’Ue – scrive – non fornisce nomi perché il 9 novembre 2010 la Corte europea di giustizia ha dichiarato parzialmente non validi i principi legali su cui la Commissione aveva imposto agli Stati membri di rendere pubblici i nomi dei beneficiari dei sussidi e il loro ammontare”.
Una situazione davvero paradossale che fa il gioco di mafiosi ed imbroglioni, tutto a scapito dei tanti piccoli imprenditori agricoli onesti.

Se così stanno le cose è indispensabile ricorrere a dei provvedimenti urgenti. Non si può dare ai boss la possibilità di godere dell’anonimato. Ecco perché, conclude Corrao, “abbiamo chiesto alla Commissione se intenda salvaguardare il principio della trasparenza sull’uso delle risorse e sia ripristinato l’obbligo di pubblicazione dei dati relativi ai beneficiari”.

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