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Agrigento. Le “mezze scuse” del Corriere della Sera

giovedì 22 Febbraio 2018
Templi Agrigento

Il Corriere della sera si scusa, sulla pagina di Facebook, con Agrigento e i suoi abitanti. Il 15 febbraio, il quotidiano aveva accompagnato la recensione di Corrado Stajano, sul libro si Tomaso Montanari sull’articolo 9 della Costituzione che tutela l’arte e il paesaggio, con una vecchia immagine di Fabrizio Villa che ritraeva il Tempio di Ercole assediato da palazzoni che si ergerebbero minacciosi alle sue fondamenta.

Agrigento, Sicilia: scatto di Fabrizio Villa di circa vent’anni fa. In una prima versione – scrivono – questa didascalia recava il seguente testo:  Nella foto, Agrigento: nella città siciliana l’edilizia residenziale cresce in modo selvaggio a ridosso di una meraviglia famosa in tutto il mondo come la Valle dei Tempi (foto di Fabrizio Villa)”. Confermiamo l’autenticità della foto, realizzata con teleobiettivo, circa vent’anni fa, da Fabrizio Villa nel tentativo di tutelare e non di screditare il patrimonio artistico della Valle dei Templi. Prendiamo invece atto dell’inesattezza della nostra didascalia e ci scusiamo se la precedente versione ha urtato la sensibilità dei lettori e della città di Agrigento“.

Con queste (mezze) scuse alla città e agli agrigentini, il Corriere, prova a spegnere l’ “incendio”. Lo scatto di Villa è uno di quelli che testimoniano  le battaglie combattute negli anni Ottanta e Novanta, anche con armi improprie come i teleobiettivi, con cui per lungo tempo fotografi e registi hanno supportato intellettuali e ambientalisti nella dura guerra – per fortuna vinta, almeno nella Valle dei Templi – contro il partito del cemento.

Il fine, allora, giustificava i mezzi e anche una prospettiva artefatta,un panorama iper cementificato visibile solo all’obiettivo della macchina, non all’occhio umano, poteva tornare utile per sollevare le coscienze della comunità internazionale, sollevare dibattiti, ottenere endorsement di peso in italia, Europa e oltreoceano.

Bugie a fin di bene, veniva da dire. Ma oggi a chi possono più giovare, questi falsi d’autore? Anche il sindaco Lillo Firetto si è posto – e ha posto – tale domanda scrivendo il 17 febbraio scorso al direttore del Corriere: “L’indignazione è unanime – scrive il sindaco – e come Primo cittadino non posso che accogliere come giusti questi sentimenti. Oggetto del malcontento è innanzitutto la già citata didascalia, in cui viene usato il presente indicativo. Inoltre viene stigmatizzata la scelta da parte della redazione di una foto realizzata con teleobiettivo allo scopo di gettare un’ombra sulla città, non oggi, ma circa un ventennio addietro, quando veniva affrontata per la prima volta con determinazione la questione demolizioni delle 600 case abusive limitrofe al parco.

Negli anni Ottanta o nei primi anni Novanta  – continua Firetto – quell’immagine aveva l’intento di provocare una reazione, sostenere una tesi che esaltasse il bisogno di ripristinare la legalità in un territorio. Ma che senso può mai avere oggi, se non quello di dileggiare una città che ha invece intrapreso un cammino virtuoso fin quasi a raggiungere il titolo di Capitale Italiana della Cultura per il 2020? Gli anni Sessanta sono passati da un pezzo  – conclude – e davvero ci piace oggi poter fornire di questa città, come di tutta la Sicilia, un’immagine più bella, visto che la nostra economia e ogni prospettiva di crescita ruotano attorno al turismo”.

Con le scuse del Corriere della Sera ieri si è chiusa, con ogni probabilità, una polemica che già aveva fatto presagire querele e carte bollate, malgrado la foto “incriminata” non sia stata affatto rimossa (è stata solo cambiata la didascalia). Rimane in ogni caso aperta la più ampia questione dell’uso di simili immagini: da una parte la libertà rivendicata dagli operatori dell’informazione di utilizzarle – atteso che non siano “fotomontaggi” –  dall’altra il sacrosanto diritto di una città, e dei suoi cittadini, a non restare crocifissi su vecchi stereotipi, superati dagli eventi e dalla storia.

Dalle colonne di questo giornale, dunque, partono oggi un appello e una proposta. L’appello alla comunità dei fotografi è quello di mettere dei fiori (preferibilmente di mandorlo) nei loro cannoni, alias zoom e teleobiettivi, cancellando dai propri archivi immagini della Valle dei Templi come quella di Fabrizio Villa, che tanto clamore e giustificata indignazione ha appena sollevato.

Al sindaco di Agrigento – e perché no, al FAI e al Parco che tanta parte in questi anni hanno avuto nella valorizzazione e nel recupero della Valle –  proponiamo invece di invitare, già a partire da quest’anno, fotografi e reporter di tutto il mondo a interpretare la “nuova” e antica Valle dei Templi, in un Contest internazionale di Fotografia che potrebbe diventare uno dei grandi appuntamenti nel calendario internazionale.
Il primo media partner sarà questo giornale. Se poi ne servisse uno più grande, andremo a parlare con il Corriere.

Come dire, è un’offerta che non può rifiutare.

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