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Bambini autistici ad alto funzionamento: cosa provano e come comportarsi

martedì 7 Maggio 2019
laura valenti blog autismo

Come psicologa clinica e ghost writer è molto importante che riesca a immergermi nei panni dell’altro senza tuttavia farmi risucchiare dal suo lato oscuro. Oggi, con una muta bella imbottita, proverò a incanalarmi e a farvi percepire il mondo di un bambino autistico ad alto funzionamento.

Nel loro campo energetico tutto viene esasperato, ogni sensazione, ogni percezione, ogni rumore viene sommato a tutta la gamma di input che arrivano al cervello a raffica, tutti insieme, generando un caos interno inimmaginabile. Nella normalità, vengono trasformati, ridotti, elaborati, immagazzinati, recuperati e, solo alla fine di una serie di processi di catalogazione, selezione e apprendimento, utilizzati. Noi non ne abbiamo alcuna consapevolezza ma il nostro sistema psicofisico è un vero e proprio elaboratore informatico.

Il bambino autistico non bypassa tutti gli step necessari e il sistema va ovviamente in tilt: gli stimoli non sono ridotti e ordinati in partenza e i registri sensoriali impazziscono come anche l’attenzione, la concentrazione, la capacità di decisione, selezione ed esecuzione della risposta, la capacità di riflettere sui contenuti e sui concetti, etc.

Anche tali bambini hanno una sensazione ovvero una impressione soggettiva, immediata e semplice che corrisponde a una determinata intensità dello stimolo fisico. Tuttavia l’organizzazione non è immediata, la capacità di adattamento è menomata e hanno bisogno sempre di un Io-surrogato (in genere, la madre) per evitare che i segnali elettrici che raggiungono il cervello in tempo reale oppure dopo qualche ora non attivino troppa energia difficile o relativamente impossibile, poi, da canalizzare e “addomesticare” non solo per il bene del soggetto ma anche per il bene dei familiari.

Essi, infatti, non hanno una misura della discriminazione: il più piccolo cambiamento o un’aggiunta di stimoli o un’attività diversa dal solito possono generare un malessere importante nel bambino che si manifesta con una serie di sintomi. Il cielo chiaro, improvvisamente, si riempie di nuvole scure. Seguono ansia, agitazione, rabbia, tendenza a fare dispetti anche gravi, a essere violento e aggressivo, soprattutto, con la madre (con pizzicotti e spinte compulsive e incontrollabili).

Un essere umano ha una soglia di percezione limitata a uno stimolo per volta: mentre si guarda la fiamma di una candela gli altri rumori diventano impercettibili, sullo sfondo, a volte, silenti. Dipende dal livello di concentrazione che si tiene e dalla motivazione a tenerla. In un bambino affetto da autismo contemporaneamente è come se funzionassero tutti i sensi. Immaginate: con l’udito avverte il ticchettio dell’orologio mentre con l’olfatto sente il profumo appena spruzzato e con il tatto sente una mosca che gli cammina sul braccio e col gusto sente troppo zucchero nella marmellata. A questo si aggiunge la signora del piano di sotto che urla e l’ambulanza che arriva a sirene spiegate. Così anche le forme sembrano mettersi in movimento, la luce del sole che entra dalla finestra diventa fastidiosa e così via fino all’esasperazione. È il caos! La soglia di percezione varia in funzione del soggetto, ambiente in cui vive, training seguito, stato emotivo e livello di funzionamento.

Si chiama “sovraccarico emozionale” ed è difficile gestire più impulsi sensoriali contemporaneamente. A essi si risponde con pensieri, azioni, reazioni, sentimenti. Abbiamo recettori in tutto il corpo per poterli recepire e processare opportunamente. Quello che vorrei indurvi a pensare è quando il filtro automatico non funziona e quali ripercussioni possano esserci nel funzionamento globale dell’individuo e nel modo in cui viene percepito (e tollerato o meno) dai coetanei e dalle figure di riferimento. Per quanto l’amore di un genitore sia grande e incondizionato, anche loro, spesso, non sopportano più i figli, si sentono intrappolati, sequestrati, deflorati e annichiliti perché la loro volontà, i loro bisogni sono completamente schiacciati dal peso di questa patologia.

Se il male viene per curare e non per essere curato, mi piacerebbe molto riuscire a trovarne la giusta chiave di lettura e terapia, in modo da aiutare drasticamente e repentinamente queste anime. Certamente sono elitarie la mindfulness e la terapia in acqua. La mindfulness aiuta gli individui con autismo ad alto funzionamento a mettere in atto comportamenti diretti a uno scopo in sostituzione di tutti quei pattern ripetitivi e maladattivi diventati oramai automatici (Pahnke et al., 2014) in soggetti che presentano difficoltà durante l’interazione sociale (Hobson 2006). La scarsa capacità di regolazione emotiva può rinforzare strategie maladattive e automatiche come la ruminazione (Mazefsky et al., 2014).

L’acqua è l’elemento della pace che il feto vive in fase intrauterina e che influisce positivamente sulle capacità cognitive e comportamentali del soggetto. Grazie a giochi motori-relazionali e alla temperatura dell’acqua si attivano tutta una serie di condotte adattive che permettono l’estinzione o l’attenuazione di eventuali comportamenti problematici.

Mi sembra doveroso specificare che tale trattamento non deve essere utilizzato da solo, ma deve essere affiancato ad altri interventi terapeutici (terapia sistemica di coppia) e, se necessario, da cure farmacologiche e/o naturali.

Io credo fermamente che con un bambino autistico non si debba mai fare rumore, urlare, essere frettolosi ma, al contrario, essere calmi, pazienti, dolci ed empatici.

Come con tutti i soggetti che seguo, il principio è lo stesso: non va cambiato, non si deve trattare da malato ma si deve cercare di comprenderlo e aiutarlo ad adattarsi. Io ho acceso tanti stimoli insieme e ho provato a mantenere l’attenzione su una cosa soltanto con tutti questi rumori in sottofondo e la luce abbagliante sugli occhi.

 

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