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Canada l’ultimo eldorado di Cosa Nostra, la Dna a caccia di tredici superlatitanti. Roberti: “estradizioni complicate”

martedì 20 Dicembre 2016
Credit: The U.S. Department of Justice Cutline: Murdered Canadian gangster Gerlando Sciascia, left, looks for the car keys while his accused killer, Joseph Massino, right, waits to get into a car in New York in 1981. In the middle, in the dark suit, is Vito Rizzuto, the alleged Mafia boss of Canada who U.S. authroties are trying to extradite to face a murder conspiracy charge.

Cosa Nostra ha scoperto l’America. Ma è il Canada.  Come sempre, in realtà. La storia della mafia è stata scritta anche nel paese delle “Giubbe rosse”. Accade così sin dalla metà del secolo scorso. Con nomi del calibro di Vito Rizzuto,  Albert Anastasia e Joseph Banana Bonanno. Nell’enciclopedia della mafia targata Canada sono iscritti i nomi di  consorzi criminali che hanno accompagnato le sorti delle mafie meridionali,  come il Siderno Group e le sue connessioni con l’Italian food di Frank Calì. Ed ancora, non è possibile dimenticare le ramificazioni che dal Quebec arrivavano fino ai cartelli colombiani della droga, sotto la supervisione delle famiglie di Siculiana, i Cuntrera e i Caruana, in parte emigrati proprio in Canada.

Oltre la storia è la cronaca ad aver  convinto gli investigatori della Dna ad una missione in Canada. Venti omicidi nel segno dello scontro tra siciliani e calabresi (e delle dispute tra calabresi e calabresi di diversa fazione)  è il bilancio di sangue della new age criminale radicata nel Quebec e a Toronto negli ultimi sette anni.

Si combatte e si spara per il controllo delle attività illecite e delle attività apparentemente lecite. Non solo: è forte l’infiltrazione della criminalità organizzata italiana, in particolare, nel settore degli appalti pubblici, delle attività apparentemente legali, dei giochi, delle scommesse, del riciclaggio dei capitali illeciti.

franco-robertiQuesto è lo scenario dipinto dal procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, ai commissari dell’Antimafia, dopo la missione in Canada. Roberti ha però sottolineato che “quello che abbiamo percepito è che apparentemente non vi è ancora una sensibilità da parte delle istituzioni canadesi rispetto al fenomeno dell’infiltrazione di capitali illeciti nell’economia lecita del Canada, che è l’aspetto secondo noi più preoccupante“.

Nel racconto ai membri di Palazzo San Macuto, Roberti spiega il senso della missione: “Ci siamo recati presso il Ministero della giustizia canadese per confrontarci con i colleghi canadesi sulla situazione della criminalità organizzata italiana in Canada, e per confrontarci altresì sugli strumenti e sulle tematiche della cooperazione dell’assistenza giudiziaria -ha spiegato Robertiall’Antimafia- atteso che le nostre rogatorie, le nostre richieste di assistenza giudiziaria anche per quanto riguarda l’estradizione di soggetti italiani latitanti in Canada, stentavano ad essere accolte, per cui avevamo interesse a capire cosa si potesse fare di più e  meglio per favorire l’accoglimento delle nostre rogatorie e delle nostre richieste di estradizione. Il giudizio complessivo della nostra missione non può che essere positivo”.

L’attenzione della Dna al Canada non è casuale. Sono tredici i latitanti italiani in Canada e di questi il nostro Paese stenta a ottenere l’estradizione; c’è quindi una nutrita serie di richieste di rogatorie, provenienti dalle procure che si occupano di ‘ndrangheta e principalmente da Reggio Calabria, relative a fenomeni criminali molto importanti. Questo dato è emerso nel corso dell’ audizione davanti alla Commissione parlamentare Antimafia, quando ha preso la parola  Marco Del Gaudio, sostituto procuratore nazionale antimafia che all’interno della Direzione nazionale antimafia è ilresponsabile del servizio Cooperazione internazionale. “Esprimerei un giudizio moderatamente positivo sulla nostra missione. Abbiamo scoperto che in realtà un grosso problema canadese è rappresentato anche dalle infiltrazioni di cosa nostra, tradizionalmente presente più a Montreal che a Toronto, dove invece vi è una grossissima presenza della ‘ndrangheta“, ha detto Del Gaudio. Le difficoltà dei rapporti con il Canada sono dovute – è stato spiegato – alle differenze di ordinamento giuridico, alla percezione molto più complessa del nostro sistema di indagini, che prevede una direzione delle investigazioni da parte del pubblico ministero, figura che non esiste non in quel Paese, dove le indagini sono svolte dalla polizia giudiziaria. Ci sono poi differenze anche dal punto di vista estradizionale, problemi anche per i reati, in particolare per il nostro 416-bis, associazione mafiosa, che soltanto a certe condizioni è esportabile nell’ordinamento canadese.

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