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Carlo V, un imperatore a Trapani

lunedì 27 Luglio 2020

Il 20 agosto 1535 una imponente flotta a vele spiegate entra nel porto di Trapani.

L’Imperatore Carlo V, il più potente sovrano del tempo, ed uno dei più potenti della Storia, quello sui cui domini non tramonta mai il sole e che, in quanto Capo della Casa d’Aragona, è anche Re di Sicilia, rientra dalla vittoriosa impresa di Tunisi.

Lì ha sconfitto e ridotto al servaggio Khayr al-Din, detto il Barbarossa,  terrore dell’intero mare mediterraneo perché con la sua schiera di pirati razziava i traffici marittimi di tutte le nazioni, organizzava incursioni sulle coste “cristiane”, quelle siciliane e italiane in particolare, commerciava gli schiavi fatti prigionieri grazie agli arrembaggi e alle scorrerie. Un grido di dolore si era alzato da tutti i regni di Sua Maestà Cattolica, e non solo, contro quelle pratiche che da tempo mettevano in ginocchio i commerci, la pesca, le poche difese e buttavano nello sconforto famiglie di tutte le classi sociali, costrette a pagare, ognuna per il suo ceto, riscatti insostenibili per le proprie tasche.

Carlo V, al massimo della potenza, dopo Pavia, dopo il sacco di Roma, del quale pure molto aveva a farsi perdonare dal mondo cristiano, aveva consolidato i domini europei, mentre dalle conquiste del Nuovo Mondo arrivavano infiniti, ma mai sufficienti, carichi d’oro.

Dopo la presa di Tripoli (1510) aveva però trascurato il Mediterraneo e la minaccia Ottomana. Sottovalutato la difesa di Rodi, che era caduta nel 1522 e per cui era stato costretto a risarcire l’Ordine Gerosolimitano con Malta e con Tripoli, e adesso non poteva tollerare che il Mare Nonstrum venisse turbato da quei gaglioffi infedeli tunisini, vassalli peraltro di quegli stessi Ottomani, i quali avevano osato spingersi fin sotto le mura della asburgica Vienna, ed erano alleati dei nemici Francesi, ansiosi di rifarsi dell’enorme riscatto pagato (a Carlo) per la libertà del loro re, Francesco I.

Ma, poiché le guerre costano anche per il più ricco dei Sovrani, è giusto che tutti concorrano alle spese, soprattutto coloro che possono trarne beneficio.

Ha, quindi, “graziosamente” chiesto l’aiuto di molti per formare una grande squadra navale: alle sue 207 navi si sono aggiunte 10 galee siciliane, 6 napoletane, 60 hulk olandesi, 19 galee genovesi al comando di Andrea Doria, 20 caravelle del Re del Portogallo, 8 galee pontificie, 4 galee dell’Ordine di Malta.

La Sicilia infine è stata chiamata a fornire gran parte degli approvvigionamenti … prima e dopo!

Khayr al-Din disponeva solamente di 82 navi da guerra e di 2 galee francesi al suo comando, che sono state tutte affondate. Costretto a terra ha inutilmente tentato di difendere Tunisi e La Golette che sono presto cadute.

Salpato da Cagliari ai primi di giugno, Carlo V, che ha personalmente guidato l’impresa, torna vincitore scegliendo Trapani, porto dei Re, come primo approdo in suolo cristiano.

La “Sua” Trapani, “Urbs Invictissima”, che già Egli aveva chiamato “Instrumentum Regni” (chiave del regno) lo accoglie  in delirio il 20 agosto di quell’anno di grazia 1535. Da quando vi era sbarcato Martino di Montblanc il 23 marzo 1392 nessun Re vi era più arrivato, come d’altronde in Sicilia.

L’Imperatore vi celebra il primo di una serie di trionfi che contraddistingueranno il suo viaggio di ritorno attraverso la Sicilia e i suoi domini italiani, Palermo, Messina, Napoli, e poi ancora sarà a Roma, Firenze, Lucca, Siena.

A Trapani sosta dodici giorni, (qualcuno sostiene cinque, ma sbaglia) ospite in un’ala, quella dinanzi l’ingresso laterale della Chiesa di San Nicola, dell’enorme palazzo già dei Chiaramonte, acquistato nel 1419 da Riccardo de Sigerio (antico nome dei Sieri Pepoli) e poi diviso tra i tre rami della famiglia.

Ancora oggi, alzando lo sguardo, si può ammirare, sull’angolo esterno del palazzo, l’Effigie del Sovrano scolpita a ricordo di quel soggiorno.

Che fa a Trapani?

Per prima cosa  sbarca ventimila (sì, ventimila) cristiani liberati dalle prigioni tunisine, già da Tunisi aveva scritto delle lettere (conservate nell’Archivio del Senato trapanese) chiedendo di predisporre le strutture ospedaliere della città, che dimostra di ben conoscere per essere all’avanguardia per quei tempi. (allora si era ben preparati alle epidemie e alle quarantene!)

Poi sbriga alcuni affari del regno per risollevare, così dicono le cronache, le esauste finanze delle città oberate dai costi della spedizione (imponendo nuove tasse!)

Poi in solenne adunanza convocata nella Chiesa Senatoriale di Sant’Agostino, già ospizio dei Templari, giura di confermare tutti i privilegi concessi dai suoi predecessori alla città di Trapani ed all’intero Regno di Sicilia. “civitas invictissima in qua Caesar primum iuravit”.

Poi si reca in visita al Santuario della Madonna di Trapani, alla quale fa omaggio di due antiche porte in legno e ferro predate a Tunisi.

Poi ispeziona le fortificazioni e ordina ai suoi architetti di rifarle interamente, sopratutto a difesa del porto.

Farà successivamente stanziare al Parlamento del Regno di Sicilia per le mura di Trapani la somma di sessantaseimila fiorini.

Il 2 settembre, attraverso la porta di Levante,che da quel giorno e sino al suo smantellamento “italiano” si chiamerà “porta d’Austria”, parte per Monreale, dopo aver regalato alla Chiesa di San Nicola, quella davanti casa, una splendida vasca di alabastro orientale, anche quello bottino della spedizione a Tunisi, da utilizzarsi come fonte battesimale.

Porta con sé un particolare omaggio: un ostensorio a lanterna in rame dorato e corallo, regalo dei pescatori di corallo trapanesi, che lo ringraziano per aver liberato (… per qualche anno) il mare dai pirati e chiedono di poter sfruttare i grandi banchi coralliferi di Tabarca (… pirateria di ritorno).

Per uno di quei casi che la Storia ogni tanto ci regala perché si possa credere in Lei, quell’oggetto, nel cui fusto si legge la dedica, da qualche hanno è tornato a Trapani, nelle vetrine del museo Pepoli, anche se il suo valore storico attende di essere meglio illustrato.

Non porta con sé i ventimila cristiani liberati, che non sappiamo sino a quando siano rimasti a carico dei Trapanesi e come siano stati smaltiti, ma immaginiamo che tutti siano stati alquanto ansiosi di tornare alle proprie famiglie.

Trapani sarà  poi cinta da forti mura, che la renderanno più sicura e forse più bella; oggi ne restano solamente alcuni tratti, sufficienti comunque a dimostrare la lealtà dell’Imperatore verso la sua amata “chiave del regno“, ai cui Giurati avrà occasione di scrivere ancora alcune volte per ringraziare i Trapanesi della loro ospitalità e soprattutto dei loro “donativi”.

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