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Caso Antoci e morti misteriose dei poliziotti. Testimonianze choc all’Antimafia

sabato 5 Ottobre 2019
antoci attentato
Foto Ansa, attentato Antoci

Morti “naturali” così vengono chiamati i decessi dei due più fidati collaboratori del vice questore Manganaro. Ma la relazione della Commissione Antimafia rispetto al presunto attentato ad Antoci, l’ex presindente del parco dei Nebrodi, lascia intravedere qualche incertezza rispetto alla ‘ovvia’ morte del sovrintendente Calogero Emilio Todaro e dell’assistente capo Tiziano Granata.

Muoiono a distanza di un giorno l’uno dall’altro. Granata, il 1° marzo 2018 per arresto cardiocircolatorio. Todaro, l’indomani, a seguito di una leucemia fulminante. Per queste morti, la Commissione – che ha cercato di approfondire i numerosi interrogativi lasciati aperti dal decreto di archiviazione disposto dal gip di Messina sul caso Antoci –  ha chiesto che vengano riaperte le indagini.

Granata era l’autista di Manganaro la notte dell’agguato ad Antoci. Todaro fu invece tra i primi ad intervenire sul luogo del crimine, in qualità di responsabile della sezione di polizia giudiziaria del commissariato di Sant’Agata di Militello. Todaro, proprio per il suo ruolo di responsabile della sezione polizia giudiziaria, è anche l’operatore che avrebbe seguito le indagini sull’agguato, in co-delega con la squadra mobile di Messina, per conto del commissariato di Sant’Agata di Militello. La stampa è la prima ad avanzare dubbi sulla tragica coincidenza delle due morti, definendole strane e sospette, e ad accostare i loro nomi – non solo per ragioni di mera consecutio temporale – all’azione di contrasto inaugurata dal presidente Antoci e quindi alla vicenda del fallito attentato.

Anche il dottor Manganaro e la compagna di Granata, Lorena Ricciardello, nutrono perplessità sul fatto che si tratti di due decessi per cause naturali. La dottoressa Ricciardello ha descritto alla Commissione quale fosse lo stato d’animo del Granata sia nei mesi successivi all’agguato che nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte.

Le dichiarazioni di Lorena Ricciardello.

“Io ho fatto diverse dichiarazioni, diversi dubbi ho esposto pubblicamente, perché comunque volevo la verità sulla morte di Tiziano. (…) Io so che Tiziano, non subito dopo l’attentato, ma qualche tempo dopo, ha incominciato ad essere nervoso (…) Ripeto, io sono la compagna, Tiziano aveva sempre una protezione nei miei confronti, lui diceva sempre che mi doveva tutelare… tanto è vero che lui anche al campanello di casa aveva tolto pure il suo nome. (…) Poi a lui lo turbò molto la questione del fatto che Mario Ceraolo, che si conoscevano da quando Tiziano era piccolo, avesse dato una versione diversa dell’attentato, mi diceva questo: “Mario Ceraolo ha dato una versione diversa dell’attentato” e questa cosa lo ha amareggiato e deluso…”
“Per quanto riguarda questo infarto, che non è un infarto… ma un arresto cardiocircolatorio… l’arresto cardiocircolatorio, è vero ti può anche uccidere. Ma c’è un vuoto nella giornata del 28, in cui non si hanno notizie di Tiziano, del suo telefono. Se hai un arresto cardiocircolatorio, non è che rimani 24 ore comatoso nel letto. Ti puoi comunque muovere, riesci a prendere il telefono, fino a quando c’è l’exitus… Io ho sempre pensato, allora lo dissi anche al pm Bonanzinga, che sospettavo anche di un avvelenamento. Perché nel periodo in cui ero scesa in precedenza, quando festeggiamo il suo compleanno che fece quarant’anni, Tiziano senza mangiare così doveva evacuare velocemente, andare in bagno…Lui ha fatto il compleanno il 14 di febbraio. (…) Poi un’altra cosa… l’allarme che c’era qualcosa che non andava l’ho lanciato io da Genova, chiamando suo fratello, perché comunque non sentendoci più all’improvviso, per me c’era qualcosa che non andava”.

“La sera (del decesso ndr) Tiziano mi ha risposto al telefono, per tutta la giornata il suo telefono era chiuso o mi rispondeva la segreteria… quindi non so dire se era chiuso o meno perché comunque sono sempre le linee telefoniche, però la telefonata mi è partita più volte la sera, intorno alle 20.00, 20.28, ed ero io che staccavo la chiamata, perché non sentivo parlare dall’altro lato… Io telefonavo a Tiziano e nel mio telefono risultava che avevano risposto dall’altro lato, i minuti scorrevano e non c’era nessuna voce”.

Le dichiarazioni di Manganaro

Non da meno sono le dichiarazioni del vicequestore Manganaro il quale ha anche chiarito del suo trasferimento dal commissariato di Sant’Agata di Militello a quello di Tarquinia.

“L’ho chiesto io il trasferimento, presidente, dopo che sono morti i ragazzi … quei due ragazzi sono quelli che hanno un rapporto con me che va ben oltre la colleganza o il rapporto di superiore gerarchico… erano il responsabile e il vice-responsabile della polizia giudiziaria… sono i due colleghi che hanno firmato tutti gli atti…non ero più lucido nella gestione dell’ufficio, quindi sono andato dal questore. Perché poi cosa successe… venne fatta un’assemblea sindacale nel mio ufficio, durante l’assemblea sindacale… emerge che c’erano voci in giro che ci poteva essere un terzo morto entro l’estate… e quindi i ragazzi mi chiamano dopo questa riunione sindacale… «Dottore, c’è molta tensione. Il terzo morto pensano tutti che sia lei» … Io faccio una relazione dettagliata al questore. Ho detto: «… Se è vero che deve arrivare un terzo morto perché ci sono intercettazioni in corso, fate quello che volete, ma avvisatemi perché un terzo morto non lo reggerei e se sono io non voglio che la mia famiglia perda una persona. Se, invece, è una calunnia siamo sempre al solito gioco. Qui gli atti da parte di organi investigativi escono e vanno alla stampa o vanno nei bar. Io ‘sta cosa non la posso condividere». Al questore ho detto: «veda che io non sono lucido, valuti la mia posizione». Il questore a distanza di 48 ore mi chiama: «ti metto a rapporto a Roma e vediamo dove ti puoi spostare per raggiungere la tua serenità»” .

Il presidente della commissione antimafia, Claudio Fava ha chiesto: “Lei crede che non siano morti accidentali? Lei dubita?”.

Manganaro risponde: “Presidente, mi perdoni ma non sono autorizzato ad esprimermi in questa direzione. (…)”

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