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Caso Montante, i fili invisibili tra l’ex paladino antimafia e l’Eni

lunedì 11 Novembre 2019
montante

Una città siciliana fulcro di potere dell’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante sembra essere Gela. La città ha sfornato un Presidente della Regione e l’impianto Eni più importante dell’Isola. E attorno al cerchio magico di Montante, proprio in quella zona si aggiravano imprenditori che ad oggi risultano indagati in un altro filone che riguarda gli affari dell’ex presidente di Sicindustria. Il cerchio come è noto ha un raggio di azione molto ampio, ma focalizzeremo questa volta, l’attenzione su due imprenditori molto vicini a Montante: Carmelo Turco e Rosario Amarù.

Entrambe le ditte dei due manager stando alle annotazioni di indagine  “ambiscono ad ottenere,  appalti all’interno della Raffineria di Gela”.

I due “amici di Montante”

Carmelo Turco è titolare della ditta “Turco Costruzioni s.r.l.” oggetto sociale: “assunzione ed esecuzione di appalti pubblici e/o privati relativi a lavori di terra, demolizioni e sterri, costruzione di acquedotti, metanodotti, esecuzione di costruzioni edilizie pubbliche e private” ed altro, nonchè della ditta “Opere Generali s.r.l” con attività prevalente “lavori edili, stradali ed affini, civili ed industriali; costruzioni, manutenzioni di edifici e loro parti sia ordinari che straordinari” ed altro.

Rosario Amarù è titolare della ditta “Amarù Giovanni s.r.l.” con oggetto sociale: “lavorazione di meccanica generale conto terzi, costruzione ricambi per pompe, compressori, turbine ed affini”.

Stando alle cronache dall’estate del 2018, l’Eni pare abbia bloccato o rescisso i contratti di appalto e di lavoro nei confronti delle aziende dei due imprenditori vicini a Montante. Le ditte, all’interno del petrolchimico sono presenti da tanti anni.

Gela e il nodo Rosario Crocetta

Per chi non lo ricordasse il cavaliere del lavoro è stato condannato in abbreviato, dal tribunale di Caltanissetta, a 14 anni di reclusione.  Era accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. Sarebbe stato ideatore e gestore del cosiddetto “Sistema Montante“, una rete spionistica utilizzata per salvaguardare se stesso e colpire gli avversari,  che gli avrebbe dato la possibilità di essere la testa di un “governo parallelo” in Sicilia. Il pm aveva chiesto per lui 10 anni e 6 mesi.

Dalle ‘carte’ di Caltanissetta, sembrerebbe che questi imprenditori, insieme ad altri, avessero sovvenzionato “illecitamente” attraverso la spinta di Antonello Montante, la campagna elettorale delle scorse elezioni regionali dell’ex governatore Crocetta. Ma questa è storia nota, come sono note le dichiarazioni dell’ex sindaco di Gela che respinge categoricamente le accuse. Riguardo poi agli assessori regionali del governo Crocetta direttamente indicati da Confundustria Sicilia, e puntualmente piazzati dall’allora governatore, anche questa è storia nota.

Montante e la vicinanza con i vertici Eni

Per comprendere meglio ‘le maglie’ che univano gli imprenditori Turco e Amarù all’ex paladino antimafia per l’ottenimento di appalti da parte di Eni è necessario scandagliare i rapporti esistenti tra l’imprenditore di Serradifalco con i vertici dell’ente nazionale di Idrocarburi.

“Nuatri un putimmi perdiri cu l’Eni” (noi non possiamo perdere con Eni ndr) E’ una frase che attraverso una intercettazione telefonica tra Montante e Amarù evidenzia a quanto pare lo stretto legame di Montante con i vertici della multinazionale.

L’attività tecnica di indagine afferma e fa emergere, in particolar modo, gli stretti legami di Montante con: Emma Marcegaglia, presidente Eni, Giuseppe Ricci dirigente Eni, Salvatore Sardo ex responsabile del settore Refining, Bernardo Casa ex amministratore delegato della raffineria di Gela.

“La strettissima vicinanza del Montante ai vertici Eni, veniva documentata anche dal contenuto del file excel rinvenuto all’interno del pc portatile, sequestratogli in occasione della perquisizione eseguita presso la sua abitazione di Serradifalco in data 22.1.2016”.

Antonello Montante poteva permettersi di chiamare il presidente dell’Eni in orari non lavorativi. Il 2 marzo del 2016, durante una conversazione telefonica, l’ex capo di Confindustria Sicilia e la Marcegaglia dialogavano in merito al sostegno per l’elezione ai vertici dell’associazione industriali del presidente dell’Eni, Vincenzo Boccia, che poi effettivamente è stato eletto al posto di Squinzi: “dal contesto del dialogo, il Montante emergeva come l’abile stratega al quale la Marcegaglia si affidava”. A quanto pare, grazie alle insistenze del presidente Marcegaglia, Montante “avrebbe ottenuto un’importantissima delega dal Presidente di Confindustria Boccia, ovvero la vice presidenza con delega alle reti d’impresa”.

Gli amici di Montante

Ma Montante non si è mai dimenticato dei suoi amici. Il 26 aprile del 2017, l’ex vicepresidente nazionale di Confindustria avvisava l’amico Amarù, consigliandogli di raggiungerlo a Roma “per pranzare insieme a Ricci” in quanto nella raffineria di Gela “sarebbero stati cambiati tutti gli uomini “. Amarù chiedeva durante la conversazione telefonica: “Ma cosa cambierà a Gela? Tutti gli uomini…”. Montante rispondeva: “ Tutti gli uomini…ma pi tia compà…è meglio”.

Come Amarù anche Turco si sarebbe affidato a Montante per ottenere lavori in Eni. Cosa che già in passato aveva già assicurato “per come emerso esplicitamente dalle attività tecniche di intercettazione”. Durante un dialogo tra Montante e Amarù si evince come l’ex presidente di Sicindustria era preoccupato per le sorti dell’amico Turco in quanto “no no ricordatillu la vita…no…voglio dire…siddu un ci fussiru…un ci fussiru i sordi…per pagare il nostro…il nostro aiuto compà…ma…più di quanto tu possa immaginare compreso compreso oggi…si l’avissiru iucatu cinqu anni fà…”.

Montante stando alle annotazioni di indagine, più volte ha fatto da ponte tra l’Eni e le ditte degli amici di Confindustria, scavalcando a volte delle frizioni che potevano incorrere tra l’ingegner Casa e l’imprenditore Turco: “Il 19.10.2016,  alle ore 18.16,  Antonello Montante chiamava il dirigente del’Eni , Salvatore Sardo, al quale comunicava che Rosario Amarù e Carmelo Turco sarebbero andati a trovarlo nella qualità di rappresentanti di Confindustria. Sardo si mostrava molto disponibile alla richiesta di Montante, il quale concludeva la telefonata dicendo che, qualora ne avesse avuto la possibilità, li avrebbe accompagnati personalmente lui all’appuntamento”.

L’imprenditore Turco durante un dialogo telefonico con il collega Amarù “diceva che il Casa era al corrente del fatto che loro ricoprivano anche un ruolo politico oltre che quello imprenditoriale, quasi a giustificarsi ancora del fatto che avevano incontrato il Sardo, per il tramite di Montante, di fatto scavalcando il Casa”. Il Turco continuava dicendo che “grazie all’intervento del Sardo, il Casa non si poteva più “arriminare…”

Gli interessi dell’ex paladino antimafia con Eni

Ma a quanto pare, il petrolchimico di Gela ad Antonello Montante faceva gola per propri interessi personali attraverso la “Terranova di Sicilia srl”. Nel 2013 la Petroltecnica SPA che era presente attraverso i suoi lavori nelle raffinerie di Milazzo, Priolo e Gela, avrebbe vinto un appalto nel petrolchimico nisseno.

Alla gara d’appalto vinta sarebbe stato proposto alla raffineria, attraverso l’ingegner Bernardo Casa, di realizzare una piattaforma al fine di stoccare e di non far circolare i rifiuti per il territorio. Per la realizzazione e la gestione della piattaforma la Petroltecnica SPA – che ha sede lontano dalla Sicilia –  necessitava di un partner locale ed affidabile. E chi meglio di Montante poteva consigliare all’imprenditore Mario Pivi – socio della Petroltecnica Spa – il partner giusto per i suoi affari a Gela?

Seguendo il consiglio dell’Ingegner Casa, il manager Pivi avrebbe contattato e incontrato, nell’estete del 2013 presso la raffineria di Gela, Montante, che per l’occasione si sarebbe fatto accompagnare da Ivan Lo Bello ex presidente di Union Camere. I due si sarebbero mostrati interessati alla faccenda e, “invece di indicare una società partner, proponevano di costituirne una ad hoc che avrebbero partecipato al 50% ciascuno. Questa società risultava essere la Terranova di Sicilia srl”. I soci erano al 50% Petroltecnica Srl “ed il restante 50% della ditta Calta Srl che lo stesso Pivi diceva essere riconducibile a Montante e Lo Bello”.

Proprio il manager Pivi avrebbe chiesto spiegazioni circa il fatto che i due non fossero presenti in modo palese nella Terranova Sicilia Srl, ma avessero interposto una fiduciaria: stando alle indagini, la risposta sarebbe stata che “era preferibile che la società non fosse direttamente a loro riconducibile poiché, pur avendo molti amici, avevano anche molti nemici”.

 

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