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Claudio Domino, quando la mafia uccise un bambino e non provò vergogna

lunedì 9 Ottobre 2017
Claudio Domino

E il silenzio fa un suono spaventoso, quello dell’indifferenza. Quando i bambini muoiono dove vanno ad abitare? Lassù in paradiso avranno previsto un luogo accogliente? Pieno della bellezza che qui sulla terra non hanno conosciuto?

Ci sono luoghi che trattengono le storie non lasciandole andare. Palermo ne è l’esempio. E chi l’avrebbe detto che il macchiaiolo Giovanni Fattori avrebbe lasciato spazio ad una storia triste, molto triste. E quando va via una piccola creatura, sparisce l’atto e permane la potenza. Ciò che poteva essere e non è stato. Claudio Domino non sarà mai, ha smesso di essere nell’attimo esatto in cui uno spietato killer della mafia, 31 anni fa, lo freddò con un colpo di pistola in mezzo agli occhi. E immaginate per un attimo il corpo inerme di un picciriddu, caduto come un adulto, mentre il suo sangue riempie copioso le pieghe dei ciottoli del marciapiede, rosso come il fuoco inesploso di un vulcano. E scivola piano mentre attende la sua mamma per l’ultimo abbraccio. E scende veloce e disegna i confini di ogni pietra. Un pino sopra di lui a tenergli compagnia. Sono soli, disperatamente soli, Claudio e l’albero sopra di lui, mentre la morte lo morde con ingordigia. Arrivate vi prego, sollevatelo dall’asfalto, le sere di ottobre sono umide e il piccolo non ha il giubbotto. Ha una pizzetta tra le mani e scarpe da ginnastica, deve tornare a casa, domani dovrà alzarsi per andare a scuola, lui e il suo zaino. Chiamate i soccorsi, arrabbiatevi, hanno ammazzato un vostro figlio a sangue freddo. Ha solo undici anni. Piangete, urlate, strappatevi i capelli. Che importa se nella porta accanto abital’incarnazione della banalità del male e potrebbe sentirvi. È solo, disperatamente solo. Vergognati mafia, per sempre. Vergognati Sicilia perché da domani avrai già dimenticato questo orrore. Palermo non chiama Palermo e il quartiere San Lorenzo è solo uno sputo leggero tra palazzi di cemento e ascensori. E non arriverà il pittore Fattori a colorare le tele del ricordo con pennellate insicure e assieme bellissime da sbattere in qualche museo parigino. Che la storia di Claudio non sarà destinata a fare scruscio, perché a noi siciliani piace dimenticare in fretta e far finta di nulla. Qua il tempo scorre in maniera insulsa.

“Sto arrivando amore, la tua mamma sta correndo verso di te”

“Mamma fai presto che gli aghi di pino pizzicano e fanno male. Vieni a prendermi e portami a casa. Sento freddo e batto i denti come quando non voglio uscire dall’acqua e tu mi rimproveri”

“Portami con te questa notte che non ho più parole, né paure. Corro da te Claudio per raccoglierti, ascolta il mio battito cuore di mamma. Non ti salverò, ma stringerò le tue manine fredde che sapranno raccontarmi la verità. La pazienza della distanza, corro, ma sto attraversando l’eternità”

“Io mi addormento, scusami se non sono riuscito ad aspettarti. Adesso ho bisogno di socchiudere gli occhi e di stringere le dita. Sento che sei a due passi da me, ma non resisto. Sorrido mentre vado via e questo sorriso sarà solo per te, per sempre”.

Ottobre 2017 ancora quel marciapiede attende giustizia e verità. Ma il tuo sorriso oggi è per tutti quelli che ancora credono in una Sicilia migliore. Ed è un giorno perfetto per essere felici con te, nonostante tutto e nonostante noi.

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