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Come fare innamorare o riabilitare un arto fratturato usando i “neuroni a specchio”

giovedì 11 Luglio 2019

Cari Liberi Nobili, oggi focalizzerò l’attenzione su una classe di neuroni, chiamata “neuroni a specchio”, collocati nella zona fronto-parietale dell’encefalo. Spiegherò come attivarli per sedurre una persona e per riabilitare più in fretta un arto fratturato.

I neuroni a specchio sono una classe di neuroni che si attiva quando vediamo un’azione agita da un’altra persona. Osservare un viso altrui che esprime un’emozione stimola nell’osservatore i medesimi centri cerebrali che si attivano quando lui stesso presenta una reazione emotiva analoga (Rizzolatti).

È come se ci specchiassimo in qualche modo nell’interlocutore e andassimo a provare ciò sente, entrando in empatia. Se si vede una persona emozionata ci si emoziona. Se si è incazzati e depressi, l’altro si intossica e si adegua a queste emozioni. È come se si inducesse l’altro a imitare il proprio stato emotivo, deprimendosi a sua volta. Le persone tossiche, se si può, vanno evitate e recise, come rami, dal proprio albero sociale.

D’altro canto, si può e si deve imparare a gestire le proprie emozioni e avere padronanza di se stessi. Ci si deve concentrare su di se prima che sull’altro, regolando e controllando quello che si vuole trasmettere, infierire e manifestare con inesorabile virulenza! Ci si deve creare un ancoraggio, un filtro cognitivo, per esempio, allontanando il pensiero da ciò che fa male e ossessiona malevolmente, immaginando o pensando a qualcosa che ha emozionato in passato o ripetendo una frase mentalmente che inneschi positività in se stessi. Questo coinvolgerà l’altro nel proprio “buono” stato emozionale, trasferendogli la stessa emozione. Dobbiamo erogare emozioni piacevoli (e non bisogni affettivi!) per entrare in empatia con la parte emotiva dell’altra persona. Questo creerà, nell’interlocutore, un legame e un ricordo piacevole, legato a questa connessione mentale e associato a chi ha consentito tale rispecchiamento neuronale.

L’ingegneria della comunicazione e seduzione è utile se si vuole conquistare o riconquistare l’amore, sempre che non si abbiano i prosciutti sugli occhi e che non dovesse essere necessario fare tutto il contrario, ovvero lasciarlo andare. Per fare innamorare qualcuno occorre creare tensione e non attenzione (o bisogno) emozionale. Dobbiamo generare energia e fare in modo che sia l’altro a pro-tendere verso noi. Si devono creare delle difficoltà perché sono quelle che smuovono determinati sentimenti. Non ci si può innamorare di una sorgente d’acqua se si può avere accesso a essa ogni volta che si vuole (perché è lei ad avere bisogno). Si deve, invece, far patire un po’ di sete, non eccessiva -altrimenti l’altro andrebbe a cercare altrove l’acqua per dissetarsi- (Massimo Taramasco). Lo stesso principio alla base dell’apprendimento o della elaborazione dei concetti: nell’assenza nascono i pensieri (Bion).

La fisiologia del Sistema Nervoso è complessa e abbiamo tutti un alto potenziale di controllare i neuroni che producono il movimento, l’apprendimento, le emozioni, determinano un’azione, il suo scopo e la sua motivazione.

Nel caso di una frattura al braccio, i neuroni consentirebbero un potenziamento senza potenziamento, un allenamento senza allenamento. Come? Mettendo in atto un training di tipo facilitatorio e attivante: se si allena il braccio sano, anche l’altro arto ne trae, in qualche misura, un beneficio, perché la riabilitazione potrà avvenire in maniera più veloce. L’attivazione dei neuroni a specchio è in grado di generare una rappresentazione motoria interna dalla quale dipende il movimento stesso (Vittorio Gallese, Giacomo Rizzolatti). Si attiva anche il “motor imagery”, un processo mentale per cui il soggetto immagina di compiere un gesto senza farlo davvero (Roberto Gatti).

Questi neuroni si attivano non solo quando si esegue un movimento, ma anche quando il movimento viene visto perché condotto da altri, innescando dei meccanismi di apprendimento per imitazione, senza che ve ne sia consapevolezza e, quindi, prima che vi sia la necessaria elaborazione cognitiva.

Andare in palestra con il braccio ingessato e osservare chi si allena con la parte superiore del corpo costituisce di fatto uno stimolo importante, anche per il “significato” che ha il movimento stesso e l’esperienza motoria (memoria muscolare) che ha il soggetto (Roberto Gatti). Questo approccio riabilitativo, chiamato Action Observation Training, consente l’innescarsi di un’attivazione neuronale che sembra favorisca la predisposizione del cervello all’esecuzione del gesto richiesto (Giovanni Buccino).

Personalmente, essendomi stato tolto il gesso dal braccio, per una frattura dell’olecrano, non mi limito più soltanto ad allenare il braccio sano con pesi minimi, ma muovo, all’unisono, anche se con dei limiti, l’arto bloccato. Immaginate il lavoro sui tricipiti e bicipiti, con estensione e flessione dell’avambraccio, sia seduta che in piedi. Un braccio appare allo specchio monco, non potendolo estendere completamente, e libero, non potendo tenere alcun peso, al momento, per svilupparne il muscolo attenzionato, mentre l’altro, invece, esegue il movimento perfettamente e la mia concentrazione muscolare va a tutte e due le braccia. Avrò pure una momentanea semiparalisi del braccio ma non del cervello e non dei neuroni a specchio!

Ringrazio il mio istruttore, Roberto Saponara, per avere stimolato la mia riflessione di oggi, per motivarmi e guidarmi nel mio allenamento quotidiano.

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