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Concetta Amato, scrittrice e avvocato si racconta in un’intervista

lunedì 17 Dicembre 2018
concetta amato

Concetta Amato, scrittrice e avvocato… «l’arte della narrazione serve per toccare corde del lettore che altrimenti resterebbero spente, a far sentire uno scuotimento dell’animo».

Ciao Concetta, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Sei una scrittrice e un avvocato. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Concetta Amato nella sua professione e nella sua passione per l’arte dello scrivere?

Ti ringrazio per l’intervista, racconto brevemente un po’ di me. Sul mio profilo Twitter mi descrivo così “Sono siciliana, ironica e chiacchierona. Con passione leggo e scrivo perché fantasticare è il meglio del vivere”. Prestissimo mi sono appassionata alla poesia e alla letteratura italiana e straniera; ero felice quando avevo un nuovo libro in mano, saltellante, lì dentro c’era un mondo da scoprire, ho sempre sentito un libro come qualcosa di vivo, palpitante. All’età di 15 anni ho iniziato a scrivere storie horror e poesie romantiche sui diari di scuola. In seguito mi sono dedicata allo studio delle discipline giuridiche, sono avvocato e oggi mi occupo di internazionalizzazione e promozione delle imprese in un ente pubblico. Ho ripreso a scrivere quando ho avvertito un vuoto dentro che non riuscivo a colmare, tutto ciò che mi frullava nella mente voleva venir fuori. La vita può ingrigirsi, mentre l’immaginazione è fatta di colori, emozioni ed è elettrizzante come andare sulle montagne russe. Scrivo di notte o al mattino presto quando tutti dormono così la mia fantasia si sente più libera. Scrivere è faticoso ma soltanto quando scrivo sono certa di impiegare il tempo della mia vita come desidero“.

concetta amatoRecentemente hai pubblicato “Venere Ericina” edito da Albatros Il Filo. Vuoi raccontare ai nostri lettori come nasce questa storia e di cosa parla, senza ovviamente fare spoiler?

È stata la nebbia di Erice a darmi l’ispirazione, una nebbia che mi impediva di vedere le cose come avviene nella realtà, la nebbia che con il suo fascino ci rende difficile distinguere il bene dal male. Una sera passeggiando per Erice mi è sembrato di vedere sbucare dalle stradine i ragazzi del mio romanzo. Ho pensato di far nascere e crescere i personaggi in un luogo un po’ fuori dal mondo, distante dal caos delle grandi città anche se in un contesto contemporaneo. In questo borgo medievale ho visto luce e ombra, ciò che mi serviva. Ho immaginato una meravigliosa amicizia tra Annachiara ed Elena in un ambiente sano, protetto. Annachiara, soprannominata “Venere Ericina” per la sua straordinaria bellezza, è una ragazza ingenua mentre Elena è più forte, meno influenzabile dagli eventi. Ruota, attorno alle due protagoniste, un gruppo affiatato di compagni, ognuno con un carattere ben definito e tutti i personaggi, anche quelli minori, rendono l’idea di una cittadina movimentata. L’amore travolgente tra Annachiara Castelli e Daniel Woodrow, altro protagonista del romanzo, scoppia all’improvviso tra i corridoi e il cortile del liceo di Trapani, si rivela durante gite scolastiche e balli di istituto. Nel divenire degli eventi, Annachiara viene turbata profondamente da un sogno, o meglio un incubo, che inizia a tormentarla. All’interno di un turbinio di entusiasmo, vitalità ed energia si insinua il sospetto. Inaspettatamente lo scenario di Erice si tinge di giallo, per un episodio che sconvolgerà le vite di tutti i protagonisti. Il romanzo nel momento noir diventa più profondo, scava dentro l’animo umano con i suoi sentimenti, le sue incertezze, le sue passioni e la vitale ricerca della felicità. Non posso svelare altro“.

Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle?

Ti rispondo da lettrice e da osservatrice di chi ha raggiunto un successo secondo me meritato. Quando leggo un libro entro in un’altra dimensione, non sono più nella mia realtà, per questo mi disturba chi mi parla mentre sto leggendo, interrompe l’incantesimo. Non c’è un’unica ricetta, l’incantesimo può avvenire in modi completamente diversi, difatti a me piacciono autori diversissimi. Da Oscar Wilde a Dostoevskij; da Baricco a Camilleri. Il vero scrittore deve possedere l’arte dell’uso della lingua italiana talmente bene da potersi permettere di sconvolgerla come un pittore che, pur sapendo dipingere perfettamente una donna, imprime su una tela un’immagine non realistica perché è andato oltre, ha saputo catturarne l’anima. E poi, altra dote fondamentale: deve avere un cervello non convenzionale. Certamente il cuore è indispensabile, se le emozioni non si provano non si possono trasmettere ma non basta, lo scrittore deve essere intelligente, arguto, riuscire ad andare oltre la soglia del non detto perché il pudore blocca e la società appiattisce. Lo scrittore deve essere veloce più del lettore, lo deve avvincere. Se uno scrittore mi regala emozioni e stupore l’amerò per sempre perché dentro i suoi romanzi ho scoperto una sconosciuta parte di me. Ecco, ho alzato in alto l’asta per essere un vero scrittore, io semplicemente ci provo, continuo ad allenarmi“.

Gino de Dominicis, grandissimo genio artistico del secolo scorso, dei critici diceva … «…che hanno dei complessi di inferiorità rispetto agli artisti. Sono sempre invidiosi. È una cosa che è sempre successa. C’è poco da fare.» (Intervista a Canale 5 del 1994-95). Tu cosa ne pensi di questa affermazione e dei critici letterari?

Certamente Gino de Dominicis la pensava così perché è stato avversato, era un grande provocatore dal pensiero libero. Di solito chi si avvicina alla professione di critico possiede una sensibilità accesa e una profonda cultura. E pur vero che la storia insegna che capolavori letterari sono stati all’inizio stroncati. Io leggo la critica sempre, però poi mi piace sperimentare, verificare e questo anche a teatro, al cinema, i gusti sono molto personali“.

Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?

Oggi abbiamo fretta, non siamo più padroni del nostro tempo, ce lo rubano, non ci sono orari umani per il lavoro, chattiamo con WhatsApp e corriamo a prendere la metro. Proprio ora è importante scrivere, scrivere di ciò che sta accadendo nel mondo, di come ci stanno disumanizzando, scrivere che abbiamo il diritto di essere felici, che si può volare, scrivere per svegliare una popolazione che sembra anestetizzata, robotizzata, tutti la pensano allo stesso modo. Internet è uno strumento importante di conoscenza ma leggere opere di spessore, di contenuto profondo è fondamentale per una maturazione del proprio io, ben vengano gli ebook se si preferiscono alla carta, tutto purché si apra la mente“.

Charles Bukowski a proposito dell’Arte diceva… «A cosa serve l’Arte se non ad aiutare gli uomini a vivere?» (Intervista a Michael Perkins, Charles Bukowski: the Angry Poet, “In New York”, New York, vol 1, n. 17, 1967, pp. 15-18). Tu cosa ne pensi in proposito. Secondo te a cosa serve l’Arte della scrittura, della narrazione, del raccontare, dello scrivere?

Come non dare ragione a Bukowski, l’uomo è attratto inesorabilmente dalla bellezza e la bellezza è l’Arte. Ad una mostra sono stata ore ad ammirare le ballerine di Degas e mi è successo anche dinanzi al dipinto della Primavera del Botticelli, non potevo andar via. Perché l’arte ti regala un flusso di energia, il senso della vita. Ammirando un dipinto non vedi solo i colori, le forme, ti arriva il tormento, lo struggimento, l’estasi, l’amore. Anche l’arte della narrazione serve per toccare corde del lettore che altrimenti resterebbero spente, a far sentire uno scuotimento dell’animo. C’è un nuovo spot in tv che rende bene l’idea. Una ragazza su un treno con gli auricolari ascolta un audiolibro e c’è un signore di fronte che le parla. Lei toglie le cuffiette per educazione e passa dalla suspense di un thriller a sentire che lui prende la pillola della pressione. Noi ci meritiamo di più, e l’arte in tutte le sue forme può donarcelo”.

Sempre Charles Bukowski, a proposito dei corsi di scrittura diceva … «Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Per lo più sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere?

Penso che per scrivere bisogna innamorarsi della lettura, leggere poesie, opere classiche, contemporanee, saggi, leggere ciò che piace e incuriosisce. Prima di scrivere un romanzo bisogna leggerne tantissimi, di autori diversi non solo per imparare a scrivere bene ma anche per inglobare a livello inconscio l’arte di montare una storia, di tessere una trama. Io non posso giudicare i cosiddetti corsi di scrittura creativa che pullulano, alcuni costosissimi, perché non li ho frequentati; magari aiuteranno a livello tecnico, certamente il talento se non ce l’hai nessuno potrà dartelo. L’importante per i giovani che seguono i corsi di scrittura è mantenere la propria libertà anche di contravvenire alle regole. Lo stile deve essere il più spontaneo possibile perché se il lettore capisce che sei costruito è la fine, hai messo un muro tra te e lui, scrivere è qualcosa di molto intimo“.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? A cosa stai lavorando e dove potranno seguirti i tuoi lettori e i tuoi fan?

Nel tempo libero mi sto occupando della promozione di Venere Ericina, non voglio trascurare ciò a cui tengo particolarmente, è il mio romanzo d’esordio. Di recente sono stata a Roma, c’è stata la Fiera Più Libri più liberi, ho registrato due interviste per Sky. Ho già fatto alcune presentazioni, il prossimo appuntamento è venerdì 21 dicembre 2018, grazie ai “I libri di Ballarò”, a Palermo da Moltivolti. Per il mio prossimo romanzo ho più di un’idea in mente, devo scegliere quella giusta e ricominciare con una nuova avventura.

Ma ho ancora un romanzo pronto a venir fuori dal cassetto, è diverso dalla mia “Venere Ericina” più intimistico e reale, sempre ambientato in Sicilia. Protagonista assoluta una ragazza. Non dico il titolo perché partecipando con questo manoscritto al Torneo letterario “Ioscrittore” ho ricevuto dai lettori critiche favorevoli ma tutti hanno bocciato il titolo, devo cambiarlo. Conservo ancora i lusinghieri commenti come fossero gioielli. Parlare di fan mi pare eccessivo, anche se chi ha letto Venere Ericina mi ha chiesto il sequel, mi comunica i suoi pensieri e mi fa domande a cui rispondo volentieri. Ringrazio chi ha letto e leggerà il mio romanzo“.

Un’ultima domanda Concetta. Immaginiamo che tu sia stata inviata in una scuola media superiore a tenere una conferenza sulla scrittura e sulla narrativa in generale, alla quale partecipano centinaia di alunni. Lo scopo è quello di interessare e intrigare quegli adolescenti all’arte dello scrivere e alla lettura. Cosa diresti loro per appassionarli a quest’arte e catturare la loro attenzione? E quali le tre cose più importanti che secondo te andrebbero dette ai ragazzi di oggi sulla lettura e sulla scrittura?

Il primo romanzo che mi ha davvero appassionato da bambina è stato “Alice nel Paese delle Meraviglie”, mi ha dato le chiavi per parlare con il Cappellaio Matto, c’è qualcosa di più fantastico? Agli studenti si deve aprire una finestra alla speranza, parlare di bellezza, di arte, di letteratura e per fortuna in molte scuole avviene. Ascoltarli è la parte più interessante, i giovani aprono nuove prospettive, non sono mai scontati. Direi di riflettere su ciò che realmente desiderano, nessuno potrà farlo al posto loro, neanche noi genitori. Non conosciamo chi sono realmente i nostri figli e ci arroghiamo il diritto di influenzarli negli studi “la facoltà di filosofia non ti porta da nessuna parte, meglio la facoltà di medicina”. Li inviterei a responsabilizzarsi per non farsi rubare i sogni dagli spettri che gli mettiamo dinanzi. Leggere è un’arma potente che può renderli invincibili come gli eroi dei fumetti e dei videogame che tanto amano, perché quando si scopre il proprio talento si eccelle e si vince. Scrivere è un passo diverso, avviene naturalmente, se si è portati si viene spinti da una tensione quasi fisica che esige di essere ascoltata. Per incoraggiare gli studenti a scrivere racconterei la mia vita e come scrivere mi renda felice, nonostante richieda sacrifici in termini di tempo e fatica, per me non esiste nulla che possa eguagliare tale piacere. I giovani sembrano superficiali ma lo siamo noi più di loro. Giorni fa sono andata a Mondello per una passeggiata, non c’era anima viva e faceva freddo, e sporgendomi da una ringhiera ho visto seduta sugli scogli una ragazza con tanto di berrettone e sciarpone di lana assorta a leggere un romanzo, era andata lì per incontrare il suo amore tra le onde del mare. Ecco, la gioventù è osare, fare ciò che si vuole nonostante il vento contro“.

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