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Dalla peste al coronavirus: le pandemie nella storia della Sicilia

mercoledì 11 Novembre 2020

I “Covid” per la Sicilia, e Palermo in particolare, non dovrebbero essere una novità. Tutta la loro storia è segnata da ricorrenti epidemie arrivate da ogni parte del mondo, dall’Asia, dall’Africa, dall’Europa e dalle lontane Americhe.

l virus della prima pestilenza, almeno di quella di cui si ha traccia, lo portarono i soldati cartaginesi impegnati in Sicilia ad espugnare la città di Agrigento. Altre epidemie scoppiarono durante la repubblica e l’Impero Romano.

A metà del 1300 il morbo fu portato dalla lontana Mongolia dai genovesi che si soffermarono per un breve periodo nel porto di Messina e, saltando di secolo, tutto l’Ottocento fu flagellato dalle pestilenze, in particolare dal Colera sbarcato da Napoli durante il regime borbonico.

C’è da dire che da parte dei governanti siciliani in quella occasione furono adottate restrizioni severissime che mitigarono la furia del morbo ma, un anno dopo, notando che a Napoli la situazione migliorava, (analogia con i problemi di oggi) riaprirono le frontiere alle merci e alle persone e fu una strage.

Le pestilenze che, però, sono rimaste nella memoria, in particolare per i palermitani, sono quelle del 1624 e quella del 1918.
Questa ultima, è comunemente nota con il nome di “La Spagnola“, non perché provenisse dalla Spagna ma perché da quella terra inizialmente si diffuse, dilagando in tutta Europa, portata dalle truppe americane e mietendo più vittime delle due guerre mondiali, si parlò di oltre cinquanta milioni di morti.

Se la trasmissione del covid è stata attribuita al pipistrello, del virus della Spagnola furono incolpati gli uccelli e, a differenza del nostro virus che infierisce sugli anziani, colpì maggiormente le persone tra i venti e quaranta anni.

Di fronte all’impotenza della medicina che non riusciva a trovare alcun rimedio si ricorse a forme di proteste anche violente contro chi si riteneva fosse la causa del morbo.

Si diffuse la convinzione, inoltre, che l’alcool fosse un rimedio efficace facendo aumentare i casi di alcoolismo. Da ragazzi sentivamo spesso dire agli anziani: “A quello se lo portò via la Spagnola” e, rivolgendosi a noi, aggiungevano: “che non era una bella donna”.
Il virus del 1624, che richiama la storia di Santa Rosalia, fu portato da una nave tunisina i cui membri dell’equipaggio, dopo essere sbarcati, andarono in giro per la città, principalmente nei quartieri adiacenti al porto.

La nave aveva prima tentato di attraccare al porto di Trapani, ma le autorità, forse subodorando un possibile pericolo, negarono il permesso e, in verità, in un primo momento anche il senato palermitano si era comportato allo stesso modo.

La nave trasportava quei cristiani che erano stati riscattati dopo essere stati rapiti dai pirati tunisini. Il comandante era, però, più preoccupato per il danno economico che avrebbe subito per il mancato sbarco dell’enorme quantità di merci e spezie destinate al mercato palermitano. Pertanto, si rivolse direttamente al viceré Emanuele Filiberto di Savoia e dietro preziosi doni, e pare anche il pagamento di una cospicua tangente, ottenne immediatamente l‘autorizzazione ad attraccare e a sbarcare. Scoppiò così la peste, chiamata anche la morte nera.

Il morbo dilagò violentemente e velocemente anche per le pessime condizioni igieniche in cui versava la città e la carenza di un minimo di attrezzatura sanitaria.

La città fu pertanto dichiarata, con il linguaggio di oggi Zona Rossa, e furono schedate tutte le persone che erano sbarcate dalla nave. Per la mancanza, anche allora, di posti letto fu requisito l’attuale borgo di Santa Lucia entro cui fu realizzato un lazzaretto per i malati e i sospettati di contagiati, i nostri attuali asintomatici.

Fu proibito, come oggi, di uscire dal Comune tranne per comprovate necessita e mentre per il Covid è sufficiente un’auto certificazione, allora la certificazione, che si chiamava “bollettino”, doveva essere rilasciata addirittura da un notaio.

Il morbo, però non accennava a rallentare e non risparmiò neanche il viceré Emanuele Filiberto che colpito da contagio morì.
Esasperazione disperazione montano in città e i palermitani di fronte all’impotenza della medicina e all’incapacità dei governanti, come spesso succede in questi casi quando non si intravede alcuna via di uscita, si rivolgono al sovrannaturale.

E cosi accadde che alla cittadina Girolama La Gattuta, gravemente ammalata, apparve in sogno Rosalia che le indicò dove ritrovare le sue ossa sul Monte Pellegrino, cosa che fece nonostante le precarie condizioni di salute, ricevendone in cambio una completa guarigione.

Il racconto spinse il consiglio municipale a proclamare Rosalia protettrice di Palermo e successivamente sia il Cardinale che il Senato la onorarono con una solenne processione.

Era successo, infatti, che a Vincenzo Bonello, di mestiere saponaro, che era salito sul monte Pellegrino con l’intento di suicidarsi, dopo la morte della moglie, e anch’egli sul punto di morire per il morbo, gli era apparsa Rosalia dicendogli di riferire al cardinale Doria di portare in processione le sue reliquie affinché in tal modo cessasse la peste.

Il Bonello ha il tempo, prima di morire, di raccontare il sogno al suo confessore che informa subito il Cardinale che in accordo con il Senato conservano le reliquie un’urna d’argento e organizzano la processione. La santa fu di parola e la peste cessò! Quest’anno la processione non si è potuta svolgere causa Covid, ma il prossimo anno non sarebbe male di farla a tutti costi! Non si può sapere, è sempre bene farla.

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