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Ddl Pillon: l’affido condiviso “resterà nel cassetto”, così dice il Ministro Bonetti

mercoledì 25 Settembre 2019
Chiara Migliore

Si arresta il travagliato percorso del ddl Pillon e si chiude quindi il sipario sulla criticata riforma del diritto di famiglia.

Il disegno di legge che, non senza critiche, avrebbe dovuto riorganizzare i tratti del diritto di famiglia, incontra lo stop del nuovo Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, la quale esprime il suo diniego al ddl attraverso un suo personale tweet.

Il testo proponeva una riforma del diritto di famiglia rispetto alla crisi della coppia genitoriale apportando, sotto la bandiera del principio della bigenitorialità, modifiche in tema di affido condiviso, mantenimento diretto del minore, mediazione familiare, introducendo anche misure a contrasto di fenomeni di “alienazione parentale”.

Numerose le critiche che hanno colpito il ddl fin da subito, avanzate da esperti del settore ed associazioni di categoria, lamentando lo scollamento tra il testo normativo e la realtà delle situazioni da regolare, spesso caratterizzate da gravi conflittualità tra gli ex coniugi, climi che renderebbero difficili, se non controproducenti, molte delle misure previste dal ddl.

Perno su cui ruota la riforma è il principio della bigenitorialità, ovvero il diritto del minore di mantenere una relazione con entrambi i genitori, in attuazione dell’art. 30 Cost. e dei principi internazionali a tutela della famiglia. Il testo del ddl si impegna a garantirne il rispetto in vari modi, tra cui spicca la ripartizione paritaria del tempo da trascorrere con ciascuno dei genitori.

Da qui la regola dell’affido condiviso, con la suddivisione paritetica dei tempi di permanenza presso la casa di ciascun genitore e dunque della stessa cura del minore, la cui conseguenza per il ddl è il mantenimento diretto del minore come forma privilegiata di contribuzione economica da parte dei genitori. Non più assegno di mantenimento versato in favore del coniuge presso il quale il minore risiede, quanto piuttosto una diretta presa in carico da parte di ciascun genitore dei bisogni del minore.

Tema tra i più controversi del ddl è la lotta all’alienazione parentale, con ciò intendendosi quei fenomeni di distacco del minore da uno dei genitori per effetto di condotte dell’altro. A tale scopo si forniscono varie misure come l’ascolto del minore, ordini di protezione, ecc. per censurare comportamenti volti ad allontanare moralmente o materialmente l’altra figura genitoriale. Ad attrarre le critiche è la mancanza di solidità delle basi scientifiche della Sindrome di alienazione parentale (Pas), come affermato recentemente anche dalla Cassazione. Questa non è infatti riconosciuta né dall’Organizzazione mondiale della sanità né dal Ministero della Salute né dall’Istituto superiore di sanità.

La riforma punta inoltre sulla mediazione come strumento di risoluzione dei conflitti tra genitori e sede di elaborazione del “piano genitoriale”, l’accordo sugli aspetti della vita del minore. Al fine di colmare una lacuna dell’ordinamento spesso criticata a livello internazionale, si renderebbe obbligatorio il primo incontro di mediazione, lasciando liberi i genitori di proseguire o meno tale percorso. Quella che in molti ordinamenti è una prassi consolidata da anni, viene indicata dal ddl come una possibile alternativa al giudizio, per riorganizzare le relazioni familiari in un’ottica di collaborazione e dialogo costruttivo, volti a perseguire il migliore interesse del minore. Non è nelle intenzioni del neo ministro supportare tale disegno di legge che per il momento viene sepolto in fondo al cassetto.

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