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Evocati rituali mai esistiti per bloccare il rimpasto di giunta

domenica 18 Ottobre 2020

Minchia! Scusate l’espressione, perché io sono un diavolo educato. Ma di questa politica siciliana non si capisce più nulla. Gli statisti (sic!) si comprano ormai al chilo, come le patate. Stavo per prepararmi alla mia pennichella pomeridiana, sui miei adorati carboni ardenti, quando Caronte ha cominciato a sventolarmi sulle corna un foglietto di carta. Avevo pensato che volesse rendere più dolce il mio sonno, invece era un documento firmato da cinque deputati regionali di Forza Italia, secondo i quali, il previsto rimpasto di giunta sarebbe inopportuno o che comunque prima di decidere, sarebbe stato opportuno coinvolgere il partito e il gruppo parlamentare.

Sono saltato giù dal mio giaciglio incredulo: non è possibile che nel 2020, quando siamo già alla Seconda o Terza o Quarta Repubblica, torni un linguaggio che ormai consideravo morto e sepolto, da Prima Repubblica. Linguaggio che comunque non era in uso nei partiti di maggioranza, ma in quelli di destra e di sinistra che, non avendo nulla da governare, si trastullavano in infinite riunioni dei gruppi parlamentari e di organi di partito.

Perché, badate io c’ero, ai tempi della Democrazia cristiana non si riuniva alcun partito e neanche i gruppi parlamentari. Erano i capi corrente che stabilivano chi doveva fare il ministro, il sottosegretario, l’assessore o il sindaco (prima dell’elezione diretta). Potrei raccontarvi qualche gustoso particolare. Magari un’altra volta. Anche nei partiti minori erano i capi corrente a stabilire i nomi di coloro che avrebbero dovuto fare parte delle compagini governative.

La richiesta dei cinque deputati di Forza Italia, mi fa venire un dubbio: militavano forse, prima di approdare in Forza Italia, in partiti che non avevano alcuna cultura di governo? Per quanto i secoli mi abbiano fiaccato, non mi pare che quando Marco Falcone fu designato assessore alle Infrastrutture e Mobilità, siano stati interpellati il partito ed il gruppo parlamentare. E quando fu deciso che Stefano Pellegrino avrebbe dovuto ricoprire la carica di presidente della commissione Affari istituzionali, non mi sembra che si sia fatto ricorso all’inesistente rito da Prima Repubblica. E quando fu scelto per la carica di capogruppo Tommaso Calderone, non mi pare che fosse stato coinvolto il partito, mentre il gruppo parlamentare fu chiamato a ratificare la decisione. Il documento è stato firmato anche da Alfio Papale, che fa parte della corrente di Falcone, e Mario Caputo.

E siccome mi piace spaccare il capello in quattro, mi chiedo: questo documento è solo amore per regole che non sono mai esistite, oppure l’obiettivo è quello di sfasciare un partito che in Sicilia continua a fare registrare percentuali a due cifre, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Italia? In serata, si è aggiunto al coro l’eurodeputato Giuseppe Milazzo, che ad Agrigento sosteneva la candidatura di Giorgia Iacolino che appoggiava Lillo Firetto e non il candidato di Forza Italia. Lo devo dire: Miccichè mi fa antipatia, ma finora sul piano elettorale le ha sempre azzeccate.

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