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Ex dipendenti partecipate. Secondo la Regione molti non possono essere ricollocati

martedì 3 Ottobre 2017

Non solo da mesi chiedono invano di passare alla SaS (Servizi ausiliari Sicilia), ma addirittura rischiano di rimanere fuori dall’albo unico e quindi di perdere anche la speranza di essere riassunti. Si tratta di molti dei 132 ex dipendenti delle società partecipate messe in liquidazione in questi anni dalla Regione Siciliana. Nella fattispecie di coloro ai quali non vengono riconosciuti i requisiti previsti dalla legge per essere ricollocati in seguito al piano di dismissione delle società pubbliche e para pubbliche regionali. Tra loro ci sono anche 13 dei 19 ex lavoratori della Sicilia patrimonio immobiliare (Spi) e, in base all’ultimo parere rilasciato alcuni giorni fa dall’avvocatura dello Stato, anche i 75 di Sviluppo Sicilia.

La loro vicenda ormai si trascina da tempo ed ha assunto le caratteristiche tipiche del classico intreccio normativo e giurisprudenziale all’italiana. Negli anni, infatti, è cresciuto un groviglio di norme, pareri ed interpretazioni diverse, spesso contrastanti tra loro, al quale ognuna delle parti si appiglia per sostenere la propria tesi. Da un lato i vertici della burocrazia regionale, dall’altro i lavoratori sostenuti dalle organizzazioni sindacali

Il processo di dismissione delle società partecipate, avviato dal governo Lombardo e proseguito da quello Crocetta, prevedeva la drastica riduzione delle stesse e il passaggio del personale assunto senza concorso pubblico prima del 2009 nel cosiddetto albo unico. Da questo le varie articolazioni della Regione avrebbero dovuto attingere in caso di necessità. Secondo l’ultima finanziaria i lavoratori dell’albo sarebbero dovuti essere assunti dalla SaS, che a sua volta li avrebbe impiegati attraverso dei contratti di servizio triennali stipulati con altri enti regionali. Tutto, però, è rimasto lettera morta. Anzi, lo scontro si è fatto sempre più duro.

Per Ferruccio Donato della Cgil “sarebbe bastato un semplice atto legislativo, anziché ripetuti interventi a partire dal 2014 sino al 2017, per prevedere il reinserimento del personale licenziato dalle partecipate che venivano chiuse nelle altre che restavano funzionanti. L’incapacità di questo Governo è stata tale che la Sas non copre i vuoti di organico e i 132 dipendenti dell’albo unico sono senza un lavoro e senza reddito”.

“Ho diritto ad essere riassunto per diverse ragioni”, spiega Vincenzo Liarda, sindacalista e dipendente fino al luglio scorso della Spi. “Sono stato assunto prima dell’entrata in vigore della legge regionale – continua – che bloccava le assunzioni al 31 dicembre 2009. Dopo essere stato ingiustamente licenziato nel luglio del 2013, grazie ad una sentenza del Tribunale del lavoro di Palermo vengo riassunto a tempo indeterminato con riconoscimento di continuità dalla data di assunzione. Inoltre, il decreto legislativo 112/2008 che vieta le assunzioni dei dipendenti di società pubbliche non è applicabile nel nostro caso visto che la Società patrimonio immobiliare non è una società a totale partecipazione della Regione. Anche i giudici, infatti, nelle diverse sentenze dichiarano il citato decreto inapplicabile nei nostri casi. Il parere dei dirigenti regionali non è superiore a quello dei giudici, alle sentenze passate in giudicato e alle norme emanate dal parlamento siciliano”.

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