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Fattura in Moldavia, ma l’azienda non esiste: indagato imprenditore agrigentino

sabato 1 Ottobre 2022

I militari del Comando Provinciale di Agrigento hanno dato esecuzione a due decreti di sequestro preventivo di denaro e altri beni mobili ed immobili, ai fini della successiva confisca, nei confronti di un imprenditore originario di Racalmuto (AG). L’uomo è indagato per omessa dichiarazione di redditi prodotti in Italia ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

I provvedimenti cautelari sono stati emessi dall’ufficio del G.I.P. presso il Tribunale di Agrigento su richiesta della locale Procura della Repubblica.
L’indagine giudiziaria scaturisce da una verifica fiscale condotta dalla Tenenza della Guardia di Finanza di Canicattì, che ha contestato all’imprenditore racalmutese di essere l’artefice di un sistema evasivo di “esterovestizione“.

L’imprenditore avrebbe fittiziamente stabilito all’estero (precisamente in Moldavia), il domicilio fiscale di una società che produce cofani funebri, di cui lo stesso è amministratore, gestita di fatto in Italia, utilizzando poi una seconda società di diritto italiano con sede a Racalmuto (dallo stesso gestita, ancorché formalmente amministrata dalla moglie), in realtà priva di una effettiva struttura aziendale per l’esercizio di attività d’impresa, per creare, mediante il ricorso all’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, fittizi rapporti triangolari tra la società “esterovestita” e le imprese acquirenti italiane.

Nel corso delle attività di verifica fiscale e delle successive indagini di polizia giudiziaria sono stati rinvenuti ed acquisiti molteplici documenti di natura fiscale, contabile e societaria comprovanti che la società moldava era di fatto gestita da Racalmuto.
Attraverso il sistema evasivo sarebbero stati occultati al fisco italiano, dal 2013 al 2018, ricavi per 15 milioni di euro. Il provento della presunta attività è pari a 599.924 euro.

Sono già stati individuati e sottoposti a sequestro fabbricati, terreni e disponibilità finanziarie – rinvenute su conti bancari – riconducibili all’imprenditore indagato per un valore complessivo di 170.000 euro.

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