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Filippo Raciti, oggi 10 anni dalla morte. Il Catania e la polizia gli rendono omaggio

giovedì 2 Febbraio 2017
Raciti derby catania-palermo

“Oggi ricorre il 10° anniversario della tragica scomparsa dell’ispettore capo della Polizia di Stato Filippo Raciti, un uomo coraggioso caduto nell’esercizio di un dovere interpretato come una missione”. Lo ricorda il Calcio Catania che, sul proprio sito, “rende omaggio alla memoria del valoroso tutore dell’ordine e rivolge un affettuoso pensiero alla famiglia”.

micale e spezialeRaciti morì durante gli scontri tra Forze dell’ordine e tifosi etnei al Massimino, il 2 febbraio del 2007, mentre si giocava il derby con il Palermo. Per la morte preterintenzionale del poliziotto sono stati condannati, con sentenza definitiva, due ultras del Catania: Daniele Micale e Antonino Speziale, quest’ultimo minorenne all’epoca dei fatti.


Filippo è un esempio che vive nel tempo
– afferma l’amministratore delegato della società, Pietro Lo Monaco L’amore per la legalità che ha sempre affermato e difeso, spendendosi con generosità e valore, è un patrimonio che abbiamo il dovere di custodire, perché nella legalità è la vera speranza. Questo sport, che piace così tanto, non genera violenza – osserva l’ad del Catania – ma è spesso vittima della stessa: il calcio chiede di essere protetto dalla delinquenza e dagli eccessi. La nostra gratitudine per la comprensione di questa esigenza, sempre mostrata da Filippo, accarezza il ricordo dell’uomo e, attraverso la sua luminosa figura, riconosce la fondamentale importanza di chi opera con coscienza per la pubblica sicurezza. A dieci anni dall’incubo di quel 2 febbraio 2007 – conclude Lo Monaco – siamo vicini alla famiglia Raciti, con profondo rispetto“.

 

Anche Daniele Tissone, segretario del sindacato di polizia Silp Cgil, ha voluto ricordarlo: “A 10 anni dalla tragica scomparsa del nostro collega Filippo Raciti, il dolore si rinnova perché non si può e non si deve morire per una partita di calcio. In questi anni, purtroppo, poco o nulla è cambiato, in particolar modo per le migliaia di operatori dei reparti mobili della polizia, senza contare il grande impegno degli altri uffici, che ogni settimana garantiscono la sicurezza delle manifestazioni sportive. Soprattutto nel mondo del calcio – osserva Tissone – molte società sportive continuano a mantenere rapporti ambigui con le frange più estreme del tifo e tanti, troppi pseudo tifosi frequentano gli stadi con l’unico obiettivo di creare disordini. Serve una vera cultura sportiva come una nuova cultura dell’ordine pubblico, serve soprattutto una responsabilizzazione totale delle società calcistiche che devono senza indugi ammodernare gli impianti sportivi per rendere gli stessi più sicuri. Non uccidiamo Raciti un’altra volta – conclude il segretario del Silp Cgil – e questo triste anniversario sia l’occasione di una reale ed attenta riflessione anche per la classe politica. Il nostro abbraccio più affettuoso alla vedova Marisa Grasso”.

 

“La morte di Filippo Raciti, dieci anni fa, impose allo stato di emanare una legge in cui si imponeva il rispetto di leggi già esistenti ma disattese tra proroghe e rimpalli”. Lo dichiara il Segretario dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, Enzo Letizia, che fa riferimento “alla normativa voluta dall’allora Ministro Pisanu che non trovò applicazione per molto tempo a causa delle resistenze di Società di Calcio ed Enti proprietari degli stadi per accollarsi i costi degli interventi strutturali agli impianti di gioco. Improvvisamente – aggiunge – si scoprì che era indispensabile una svolta radicale per porre un freno a quelle che erano le sistematiche guerriglie urbane che per anni hanno visto poliziotti di ogni ordine e grado rischiare e spesso soffrire per la loro incolumità fisica e paradossalmente gli strumenti normativi erano già stati individuati ed emanati ma mai applicati”. 

“Ecco perché – secondo Letizia – a 10 anni di distanza dobbiamo ribadire che Raciti fu una morte annunciata. Ed è anche per questo che il lutto per la sua morte si è radicato profondamente nel cuore e nella mente di tutti i poliziotti. Perché in ognuno, quel giorno, c’è stata la consapevolezza che chiunque di noi poteva essere al posto di Filippo. Come associazione funzionari della Polizia di Stato – conclude – ribadiamo il primo inderogabile principio che uno stato di diritto deve osservare: le leggi devono essere rispettate e questo rispetto non può essere barattato con niente e nessuno. E nella malaugurata ipotesi che ciò possa venire in mente a qualcuno, ricordo l’immagine del figlio di Filippo, mentre saluta la bara del padre, salutandolo alla visiera in una uniforme troppo grande per lui”.

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