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Film, “Silence” (2016), di Martin Scorsese | Recensione

mercoledì 19 Giugno 2019

Pochi occidentali sanno che uno dei più grandi massacri di cristiani della storia della Chiesa Cattolica sia avvenuto in Giappone nel XVII secolo quando i gesuiti portoghesi provarono ad evangelizzare la popolazione buddista nipponica: oltre duecentomila cristiani, convertiti al cristianesimo dai temerari missionari della Compagnia di Gesù fondata da Ignazio da Loyola, furono massacrati, torturati e uccisi dai potenti inquisitori dell’impero del Sol Levante! Insieme ai cristiani giapponesi, furono torturati, costretti alla morte oppure al rinnegamento della fede in Gesù Cristo, tutti i Preti cattolici portoghesi che avevano creduto di portare in Giappone la fede nel loro Dio sostituendo la millenaria fede autoctona in Buddha.

I gesuiti portoghesi non avevano tenuto conto della profonda e radicata cultura giapponese che il potente inquisitore Inoue Masashige sintetizza al Padre gesuita Sebastião Rodriguez con queste parole: «Montagne e fiumi si possono spostare, ma la natura di un uomo non si può spostare!». Il vero nemico del cristianesimo in Giappone non fu l’Impero, bensì la natura stessa di quel popolo e della sua civiltà che Padre Rodriguez con arroganza religiosa ebbe a definire a Masashige con queste parole: «In una palude non cresce niente. Il Giappone è come una palude.»

La vera sfida del buddhismo nipponico, visceralmente radicata nel potere temporale giapponese di allora, non fu solo quella di torturare e uccidere tutti i cristiani, ma quella di convertire alla loro religione i Padri gesuiti, proprio per dare un esempio a tutta la popolazione, col chiaro messaggio che la loro era una religione più potente del cristianesimo: molti furono i Padri Caduti che alla morte preferirono il buddhismo e che contribuirono, con diversi saggi e scritti, confortati dalla loro profonda cultura cristiana, a potenziare la barriera “spirituale” contro il cristianesimo. Fu questa la vera vittoria del buddhismo giapponese sul cristianesimo gesuita portoghese!

Il bellissimo film di Scorsese è liberamente tratto dal romanzo “Silenzio” dello scrittore giapponese di religione cristiana Shusaku Endo, basato sulla storia di personaggi portoghesi e italiani del XVII secolo realmente esistiti, come Padre Christovao Ferreira e il gesuita Giuseppe Chiara, su cui Endo costruisce il protagonista del suo romanzo, Padre Rodrigues, interpretato nel racconto filmico dal bravissimo Andrew Garfield.

Mandatory Credit: Photo by James Gourley/REX/Shutterstock (9665142ax)

Ma il film di Scorsese non è solo un racconto storico-religioso impietoso e devastante, ma ha una stratificazione di messaggi religiosi, spirituali, culturali, umani, emozionali, straordinaria e ricchissima. La passione e morte di Cristo viene modellata e resa contemporanea dal personaggio del gesuita Padre Rodriguez, con tutte le contraddizioni, i dubbi, i pensieri, le solitudini, le sofferenze delle torture, l’opprimente prigionia, le persecutorie allucinazioni spirituali, i silenzi divini, che cercano rassicurazione nell’altro protagonista della storia, il gesuita Padre Caduto Ferreira, interpretato da un ottimo Liam Neeson, che era stato il Padre Spirituale di Rodriguez ma che in Giappone, per sfuggire alle torture e per salvare le vite di tanti cristiani, decide obtorto collo, di abbandonare “apparentemente” il cristianesimo per convertirsi al buddhismo.

Gli strumenti di conversione gesuiti erano, e lo sono tutt’ora, la vita eterna dopo la morte, la vita in Paradiso dopo il passaggio dell’anima nell’aldilà, che nel film sono visti da una prospettiva contemporanea, e che vengono sintetizzati nel dialogo tra una donna cristiana giapponese e Padre Rodriguez, entrambi prigionieri e pronti a sacrificare la propria vita in nome della fede nel Dio cristiano:

«Padre, ma se moriamo andremo in Paradiso?»

– «Sì, certo.»

– «Ma allora meglio il Paradiso che questa vita. In Paradiso non soffriremo, non dovremo lavorare, non ci sono tasse da pagare, non c’è la paura, saremo liberi e felici.»

– «Sì, in Paradiso saremo uniti a Dio e non soffriremo più.»

– «Allora è meglio morire.»

Il tradimento e il continuo peccare del pescatore ubriacone Kichijiro, che cerca subito dopo la redenzione con la confessione cristiana; ma che, nella sua fragilità umana e paura terrena, vende all’inquisizione nipponica, per trecento monete d’argento, Padre Rodriguez che verrà arrestato, imprigionato e torturato psicologicamente e fisicamente fin allo sfinimento. In Kichijiro si racchiudono diversi personaggi del Vangelo, dal padre della Chiesa Cattolica Pietro, all’apostolo traditore di Gesù Cristo, Giuda.

Anche questa è una prospettiva resa contemporanea da Scorsese che lascia allo spettatore diversi ed importanti elementi di riflessione sull’umanità e sulla spiritualità.

Il film di Scorsese è certamente da vedere, ma solo per chi ha voglia di immergersi in un turbinio di dubbi e di componenti umani, religiosi, spirituali, culturali, psicologici, che inevitabilmente lo trascineranno a riflettere sulla religione, sul senso della vita in questa terra, sul perché dell’azione di conversione della Chiesa Cattolica che segue le parole di Gesù che disse ai suoi discepoli: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.» (Vangelo secondo Marco, 16, 14-15).

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