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Ieva Lykos: “Migliore Attrice in Dramma” al Festival di New York 2020 | INTERVISTA

lunedì 19 Ottobre 2020
Ieva Lykos sul set di “The Final Code” di Carlo Fusco

«Io sono una perfezionista incurabile e questo mi comporta molte soddisfazioni, ma anche dispiaceri. A volte ci sto veramente male perché non sempre i professionisti con cui lavoro seguono alla lettera le mie indicazioni. Vorrei che tutto fosse perfetto (o quasi) sin dalla sceneggiatura fino al risultato finale» (Ieva Lykos)

 

di Andrea Giostra

Ciao Ieva, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Ieva artista?

Caro Andrea, grazie a te per lo spazio e il tempo che mi concedi! Ieva –  artista, è quella che non riesce mai a soffocare il lato creativo e fino a qualche anno fa, pensavo ingenuamente io avessi troppo talento (sic!) e pochi mezzi per poterlo incanalare nella direzione giusta. Sono sempre stata un po’ fatalista, lo so … Quando finisco di recitare in un film, mi sento subito irrequieta e devo assolutamente cominciare a fare qualcos’altro di creativo, altrimenti non sto bene con me stessa. È così che ho scoperto anni fa di avere un ottimo riscontro anche nella stesura di sceneggiature o nel mettere insieme i pezzi di un puzzle nella produzione di film cinematografici. Un giorno, durante una visita dalla psichiatra, ho avuto un’importante rivelazione su me stessa in quanto quest’ultima mi disse: “Ieva, il tuo cervello è come un Mikado, va in tantissime direzioni. Ogni volta che fai un lavoro artistico, hai inevitabilmente un appuntamento con te stessa”. Così ho capito qualcosa di nuovo su di me: non è il talento che mi spingeva a dare sfogo alla creatività, bensì il mio Io interiore: i miei pensieri, i miei vissuti, la mia sensibilità, la fantasia.

 

…chi invece Ieva Donna della vita quotidiana?

Non posso non mettere in prima linea il fatto di essere una mamma. Presto molta attenzione alle mie figlie Naike e Kai, sento che tramite loro ho acquisito dei valori inestimabili, tante volte rappresentano fonte d’ispirazione nelle mie sceneggiature poiché amo il dramma e la presenza di bambini nei film. Vivo ad Anzio da cinque anni e ancora mi sento una turista, non posso fare a meno del navigatore nemmeno per le vie più importanti della città. Inizialmente provavo forte senso di solitudine che un po’ ha fatto perdere me stessa, ma dopo qualche anno, la solitudine mi ha fatta ritrovare più forte che mai. Ora cerco di trarne vantaggio e concentrarmi sul mio lavoro, sulla mia famiglia, le cose più importanti. Oltre alla solita gestione domestica, nella vita quotidiana vado avanti con il mio lavoro scrivendo per tante ore chiusa in camera. Scrivo sinossi, sceneggiature, creo progetti nuovi e questo implica chiaramente molto approfondimento, lettura e visione di film, documentari e reportage. Se mi trovo in fase di pre-produzione di un film, faccio tutto quello che è inerente per poterlo portare a buon fine. Quando hai dei sogni, la cosa più importante in assoluto è saperli mettere in pratica. Senza concretizzare, invece di diventare soddisfazioni, i sogni rimangono irrealizzati e possono pesare gravemente sulla psiche.

 

Recentemente hai vinto il “Silver Award” come “Migliore Attrice in Dramma” al Festival di New York assegnato dalla prestigiosissima organizzazione “The Best Actor Award-New York” che organizza un concorso internazionale bimestrale di qualificazione IMDb con un evento di proiezione annuale che celebra attori provenienti da tutto il mondo per il cinema indipendente. La mission di questa organizzazione newyorkese è quella di riconoscere il talento e la passione degli artisti della settima arte, e premiare le migliori prestazioni di recitazione del cinema d’autore e di qualità. Una giuria di grandi esperti di settima arte seleziona solo i migliori film dell’anno, che poi vengono proiettati nell’evento annuale di New York City. Nel tuo caso il film è “The final code” del regista e produttore Carlo Fusco. Ci racconti di questo prestigiosissimo premio? Come è maturato e quali i riscontri che hai avuto, insomma, facci sognare Ieva…

“The Final Code”, tradotto “L’Ultimo Codice”, la cui sceneggiatura è firmata da me, è un lungometraggio che mi ha dato moltissime soddisfazioni e anche al regista Carlo Fusco che è stato selezionato a festival di film in varie parti del mondo, ricevendo molti premi per la categoria “Best Director” quali American Golden Picture IFF, Hollywood Gold Awards, Istanbul International Film Festival, Los Angeles Film Awards, etc…. Per la categoria “Best Feature Film”, il film ha ricevuto premi e nomination a Kosice International Film Festival in Slovenia, Cuzco Underground Cinema Festival in Perù, Lonely Wolf London International Film Festival etc.… Mentre stavo scrivendo la sceneggiatura di questo film, avevo deciso di occuparmi solo della produzione in quanto ero in un periodo di rinascita interiore, io non volendo più recitare ruoli simili, che mi espongono alla sofferenza che mi ha seguita lungo gli ultimi anni per via della perdita di mia sorella. Ero in una fase di guarigione e stavo vedendo la luce, tanto è che gli avevo fatto delle proposte di attrici che mi sembravano adatte al ruolo, ma il regista Carlo Fusco si rifiutava categoricamente di dirigere il film senza di me. La voglia di vedere la sceneggiatura prendere vita mi ha convinta e ho deciso di accettare. Le riprese sono state effettuate a Tavon in Trentino, all’agriturismo Alpenvideoff, un posto magico e paesaggistico e al quale sottosuolo abbiamo ricreato lo scantinato dove Sharon veniva sequestrata dal proprio padre, procreando insieme a lui sette figli. Il film è tratto dalla storia vera della giovane austriaca Elisabeth Fritzl e il padre carnefice Joseph. L’atmosfera del set era terrificante, ho dovuto passare i tumulti di una condizione di vita a dir poco agghiacciante, soprattutto se vera. Hanno invece compensato le gioie che ho vissuto insieme alla squadra che era molto unita, all’incontro con Burt Young (nominato all’Oscar per Rocky) e con Sally Kirkland (nominata all’Oscar e Golden Globe per il film “Anna”). Degna di nota la piccola attrice romena Mara Stefan che interpretava mia figlia maggiore Sarah e che mi strappava sempre un sorriso anche nelle scene più drammatiche. Si era creata una forte simbiosi, pur lei essendo alla sua prima esperienza, i bambini hanno poteri magici. Per quanto il premio al Best Actor Award New York, devo specificare che è la prima volta che sono stata proposta per la candidatura a un festival nella categoria “Migliore Attrice” e non mi aspettavo di vincere sin dal primo colpo. È un premio importante in quanto c’è molta competizione e interpretare ruoli drammatici credo sia la cosa più difficile per un attore.

 

Hai scritto, sceneggiato e prodotto diversi opere. Ci parli di questi lavori? Quali sono, come nascono, di cosa parlano, quale il messaggio che hai voluto lanciare ai tuoi spettatori?

Negli ultimi anni ho scritto e prodotto film che trattano varie tematiche, ma che si agiranno sempre intorno a drammi di tipo sconvolgente e spesso tratte da storie vere. Il documentario “Il Padrino del Bandito Giuliano” alla quale storia è ancora posta sotto segreto di Stato da più di 60 anni, il thriller “Valle Paradiso” coprodotto con Arifa Film alla quale storia è fondamentalmente incentrata su una cospirazione governativa italo–americana e “L’ Ultimo Codice” che invita a riflettere sulla violenza sulle donne. Generalmente sono attratta del lato psicologico sia della vittima che del carnefice, mi piace scrivere sui giochi di potere, di lasciare dei sottotesti del tipo “nulla di ciò che vediamo e viviamo è certo” o “talvolta lo sconvolgimento arriva da dove meno te lo aspetti”. È importante precisare che ho altrettanto scritto sceneggiature su commissione, adatte da novelle e romanzi e ho script che attendono di essere prodotti, è tutta questione di trovare le formule giuste per le coproduzioni. Inoltre, io e Carlo Fusco, abbiamo organizzato una Competizione Internazionale online sulle piattaforme Filmfreeway e FILMITALIA – “LYKOS FILM International Script Contest” è una gara di sceneggiature in lingua inglese, italiano e romeno, sia per corti che per lungometraggi, che assegna premi mensili che vanno automaticamente nella gara annuale. Il Grande Premio lo riceve la sceneggiatura migliore che avrà il film prodotto dalla nostra società. Siamo sempre alla ricerca di storie nuove e in Italia non c’è un’ ampia scelte di idee meravigliose, sfortunatamente.

 

Come e quando nasce la tua passione per la recitazione, per il cinema per i documentari? Qual è il percorso formativo ed esperienziale che hai maturato e che ti ha portato ad acquisire le competenze per realizzare le tue opere e per svolgere con successo la tua professione?

Diciamo che ho sempre vissuto il mondo dello spettacolo a 360 gradi. In Romania ho frequentato due facoltà: Lettere e Giornalismo all’Università Statale “Alexandru I.Cuza” di Iasi. Non essendo possibile di trasferirmi a Bucarest per studiare recitazione all’Accademia d’Arte e Film, da studentessa mi misi a organizzare spettacoli live, congressi come Il Congresso Internazionale dei Poeti 2002, film documentari come “La Storia degli Zingari” 2003 e “La Storia di Dracula” di Amarendra Chakravorty per Brahman Journal Teledivision – Calcutt, India. Il giornalismo t’insegna a osservare le cose con occhio realistico e oggettivo ed è una qualità che forse era innata tanto è che pure le mie sceneggiature sono spesso tratte da storie vere. Dessero i documentari il riscontro che hanno i film artistici, ne farei tanti. Trasferita nel Nord Italia, ho scelto di fare teatro e cinema frequentando percorsi formativi e laboratori professionali al Teatro Gedeone di Milano sotto gli insegnamenti di Angela Rossi e Paolo Olgiati. Dopo sette anni in Lombardia, mi sono trasferita a Firenze dove ho collaborato con la Compagnia Teatrale Catalyst del Teatro Puccini di Firenze, lavorando come attrice protagonista con il regista fiorentino Riccardo Rombi. Nello stesso periodo collaboravo con un’importante realtà toscana nell’organizzazione di spettacoli e sono diventata l’organizzatrice generale del film documentario 3D ”Something about Florence” 2013, progetto realizzato da Montagni Audiovisivi, per il Comune di Firenze e in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze. Ne è seguita l’intera produzione esecutiva per il Film “Michelangelo” 2014 , in collaborazione con lo stesso Comune. Ho recitato nel film “Romanzo Calabrese” di Renato Pagliuso nel 2014, nel ruolo da protagonista nel film “The Slider” diretto da Carlo Fusco nel 2015 lavorando insieme a grandi attori come Bruce Davison, Tom Sizemore, Daryl Hannah, Maia Morgenstern e Hal Yamanouchi. L’ esperienza che ho cumulato lungo gli anni ha trovato sfocio nell’incontro con Carlo Fusco in quanto siamo diventati da subito una vera squadra, due soci che dividono lavoro e vita insieme. Credo che la lunga serie di progetti realizzati, spesso con fatica, ti fa diventare una professionista solida. Dopo anni di lavori e gavetta, noti di diventare sicura di te stessa e delle proprie capacità, di poter mettere a frutto le proprie esperienze lavorative in progetti più ambiziosi quali quelli cinematografici internazionali. Ci vuole tempo e costanza.

 

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). È proprio così secondo te? Cosa significa oggi leggere un buon libro, un buon romanzo? Quali orizzonti apre ad un regista, nell’era dell’Homo Technologicus, la lettura di buoni libri?

Per ottenere un buon film tratto da un libro servono accadimenti, conflitti, azioni da poter rappresentare visivamente. Non bastano i pensieri, pur essendo i migliori. Ci sono stati molti dibattiti sulla filosofia nei film o tramite film ed esistono molte obiezioni al riguardo. Io credo che il film è in grado di adottare una sorta di atteggiamento riflessivo nei confronti di ciò che presenta e che può presentare scenari narrativi attraverso i quali tale attività riflessiva può essere perseguita, ma quest’atteggiamento lo devono adottare lo sceneggiatore, il regista, sono loro che trasportano pensieri con l’utilizzo di strumenti artistici e di comunicazione audio-visiva. Siccome da idea nasce idea, personalmente leggo molto, materiali di qualunque tipo, lo trovo fondamentale. Leggo per trarre ispirazione, ma leggo anche per accertarmi che la storia che ho in mente non sia già stata narrata da qualche altro autore. Per quanto riguardano i romanzi che si adatterebbero bene ai film, credo che ogni bravo sceneggiatore/regista ne stia sempre a caccia. Ogni volta che ho avuto tra le mani libri che avrei voluto adattare, scoprivo che i diritti erano già stati ceduti. Continua quindi per me la caccia al tesoro!

 

«Tutti i film che ho realizzato sono partiti dalla lettura di un libro. I libri che ho trasformato in film avevano quasi sempre un aspetto che a una prima lettura mi portava a domandarmi: “È una storia fantastica; ma se ne potrà fare un film?” Ho sempre dei sospetti quando un libro sembra prestarsi troppo bene alla trasposizione cinematografica. Di solito significa che è troppo simile ad altre storie già raccontate e la mente salta troppo presto alle conclusioni, capendo subito come lo si potrebbe trasformare in film. La cosa più difficile per me è trovare la storia. È molto più difficile che trovare i finanziamenti, scrivere il copione, girare il film, montarlo e così via. Mi ci sono voluti cinque anni per ciascuno degli ultimi tre film perché è difficilissimo trovare qualcosa che secondo me valga la pena di realizzare. (…) Le buone storie adatte a essere trasformate in un film sono talmente rare che l’argomento è secondario. Mi sono semplicemente messo a leggere di tutto. Quando cerco una storia leggo per una media di cinque ore al giorno, basandomi sulle segnalazioni delle riviste e anche su lettura casuali.» (tratto da “Candidamente Kubrick”, di Gene Siskel, pubblicato sul Chicago Tribune, 21 giugno 1987). Cosa ne pensi delle parole di Kubrick alla luce della domanda precedente? Tu come fai a trovare belle e interessanti storie da trasformare in opere cinematografiche o in sceneggiature che possano interessarti come regista o interessare un produttore che poi li finanzi?

Leggevo il testo, mi sembrava di averlo scritto io, questo mi fa sorridere. I libri danno un grosso bagaglio di elementi già pronti, semmai dobbiamo togliere o aggiungere per migliorare e trasformarli in linguaggio cinematografico. Spesso i libri buoni hanno riscontrato pure successo nella vendita, quindi partiamo già con un vantaggio in quanto siamo certi che la storia è di ampio interesse pubblico. Io sono del parere che un ottimo film può essere tratto da un fatto banale, già vissuto da molti, nel quale ci riconosciamo o con il quale possiamo empatizzare, quello che conta è il modo nel quale lo si presenta al pubblico. Sono tanti gli esempi, ma mi limito a nominare un solo film “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni”, scritto e diretto dal regista romeno Cristian Mungiu, che nel 2008 è stato vincitore al Festival di Cannes e ha avuto le migliori critiche a livello mondiale. La storia non racconta altro che un episodio di una notte spesa per la negoziazione per un aborto illegale e l’esposizione dei rischi che ne potevano conseguire. A me le idee arrivano una dietro all’altra, ma quando spunta quella giusta, sento come una sorta d’illuminazione, mi esalta subito. Spesso mi creo dei bigliettini che accantono o mi auto invio un messaggio su Messenger in quanto è molto rischioso, quelle idee arrivano come fulmini, ti folgorano e poi svaniscono. È altrettanto vero che molte volte m’impongo dei limiti per la realizzazione in quanto so che non posso superare certi budget. A quel punto, mi spremo affinché la mia idea venga realizzata comunque, ma in base ai criteri di fattibilità. Sono una tristezza le sceneggiature accantonate in un cassetto, cerco di evitarlo quanto possibile.

 

«Per scrivere bisogna avere immaginazione. L’immaginazione non si impara a scuola, te le regala mamma quando ti concepisce. Non ho fatto nessuna scuola per imparare a scrivere. Ho visto tanti film e letto tanti libri.» (Luciano Vincenzoni (Treviso 1926), intervista di Virginia Zullo, 12 aprile 2013, YouTube:

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Cosa ne pensi delle parole del grande Vincenzoni? Quanto conta il talento innato e quanto lo studio e l’esperienza sul campo per diventare un grande nella propria professione artistica come quella del teatro e della settima arte?

Certo, in tutte le arti, se hai talento ci arrivi prima. Quando sei bravo abbastanza, puoi cercare di buttarti nell’arte, mal che vada fallisci per qualche volta, non è la fine del mondo. Per me le cose sono divise: per la recitazione ho sentito l’impellente bisogno di una formazione e non ho sbagliato. Fare l’attore significa, prima di tutto, fare i conti con te stesso, con la tua psiche, con l’imparare a gestire le tue emozioni, i tuoi vissuti e trasportarli al momento occorrente nel modo nel quale ti viene chiesto. Imparare le tecniche di recitazione da padronanza di sé stessi. Per la regia e sceneggiatura, ho imparato tutto nel corso degli anni, osservando e documentandomi in continuazione. Ricordo che quando avevo sui 19 anni, mi misi a scrivere una sceneggiatura e dopo qualche pagina di pura narrazione, avevo abbandonato tutto capendo che non sapevo nemmeno da che parte cominciare. Avevo ben chiaro come doveva essere il mio film e pensavo “Se solo sapessi come fare…” Ebbene, in quel momento mi sarebbe servito un percorso formativo, sicuramente. Gli anni sono passati, io ho fatto altre esperienze e i segreti del mestiere li ho captati al volo. Non ho mai fatto nessun percorso formativo per sceneggiature o regia, eppure ho firmato prodotti distribuiti e premiati nel mondo intero quindi sì, è possibile diventare un vero professionista senza scuola, ma mai senza studio e un minimo di esperienza. Poi, oltre al talento, un po’ di malizia e scaltrezza non guastano.

 

«Ho sempre detto che i due registi che meritano di essere studiati son Charlie Chaplin e Orson Welles che rappresentano i due approcci più diversi di regia. Charlie Chaplin in modo grezzo e semplice, probabilmente non aveva il minimo interesse per la cinematografia. Si limita a schiaffare l’immagine sullo schermo, e basta: è il contenuto dell’inquadratura che importa. Invece Welles, al proprio meglio, è uno degli stilisti più barocchi nello stile tradizionale del racconto filmico.» (Conversazione con Stanley Kubrick su 2001 di Maurice Rapf, 1969). Tu cosa curi di più in un opera, l’immagine o il racconto, l’inquadratura o i dialoghi? Oppure, cosa è importante per te in un film o in un’opera teatrale, per rimanere nelle parole di Kubrick?

Io sono una perfezionista incurabile e questo mi comporta molte soddisfazioni, ma anche dispiaceri. A volte ci sto veramente male perché non sempre i professionisti con cui lavoro seguono alla lettera le mie indicazioni. Vorrei che tutto fosse perfetto (o quasi) sin dalla sceneggiatura fino al risultato finale, che siano tutti lodevoli e che si faccia il lavoro con passione e in totale armonia. Io rifaccio le scene per la scelta di luci sbagliate o faccio riaprire un film considerato completato anche per semplici errori di battitura nei titoli, delle volte posso diventare scomoda con i miei collaboratori per le mie pretese che mi sembrano lecite, non possiamo offrire spazzatura al pubblico. Non riesco mai a capire le persone che fanno le cose a meta. Queste mie esigenze, che in realtà le considero doveri di ogni professionista, allontanano certe persone e ravvicinano altre che condividono il mio modo di vedere le cose. Molte cose che non sono riuscita a realizzare nei miei film o che le ho realizzate in modi discutibili, sono date a errori di terzi che non hanno eseguito correttamente il proprio lavoro e avendo avuto budget e tempo limitati, non potevo più ricuperare. Il fatto sta che alla fine, se ho un prodotto non curato per interro come vorrei, la colpa è mia e mi assumo tutto, essendo certa di ottenere risultati ancora migliori nel futuro.

 

«Cominciai a pensare alle soluzioni nella vita. La gente che risolveva le cose aveva molta tenacia e una buona dose di fortuna. Se tenevi duro a sufficienza di solito arrivava anche un po’ di fortuna. Però la maggior parte delle persone non riusciva ad aspettare la fortuna, quindi rinunciava.» (Charles Bukowski, “Pulp”, Giangiacomo Feltrinelli Ed., Milano, 1995, p. 108). Ti senti di commentare questa frase di Bukowski pensando al tuo lavoro e alla tua passione artistica? Quale ruolo giocano la “tenacia” e la “fortuna” nella vita, nell’avere successo nel lavoro e nelle nostre “passioni”?

Le migliori cose mi sono successe proprio quando ero al punto di rinunciarci quindi credo fortemente in una sorta di energia che ripaga tutti gli sforzi insieme alla tenacia, alla costanza e al duro lavoro. Si chiamerà fortuna?

 

Se dovessi ringraziare pubblicamente delle persone che ti hanno aiutato nei momenti difficili ad andare avanti nel tuo lavoro oppure sono state determinanti per la tua carriera e per la tua professione, chi ringrazieresti e perché proprio queste?

Ringrazio a Riccardo Rombi, direttore artistico della compagnia teatrale Catalyst del Teatro Puccini di Firenze che mi ha dato la prima vera conferma di essere un’attrice professionista mentre molti mi schivavano soltanto perché’ ero straniera, al direttore di fotografia Federico del Zoppo che quando interpretai il mio primo ruolo in un film cinematografico mi disse di essere sicuramente una figura da cinema, di non mollare mai e di dare priorità piuttosto che al teatro in quanto sarebbe un vero peccato non inseguire questa strada, a mia sorella che sul letto di morte mi ha detto di fidarmi di me stessa, che qualcosa di straordinario sarebbe accaduto nella mia vita, mentre il mondo sembrava mi crollasse addosso. Dopo pochi giorni sono stata confermata da Carlo Fusco che mi aveva assegnato il ruolo da protagonista in un film con un cast strepitoso. Ringrazio lui, Carlo, perché non ha mai dubitato delle mie capacita e mi ha incoraggiata anche quando pensavo di non farcela, lui mi ha dato molta fiducia e libertà nelle cose che ho intrapreso senza mai influire sulle mie scelte.

 

Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre libri e tre autori da leggere, quali consiglieresti e perché proprio questi?

“L’Alchimista” di Paul Coelho che insegna ad ascoltare il proprio cuore, a inseguire un sogno quantunque difficile si presenti il viaggio della meta. Anche se lungo il tragitto si presenteranno diversi banchi di prova, si arriva ad una fine mistica, alla conoscenza della propria Leggenda Personale. “Il Lupo della Steppa” di Herman Hesse in quanto chiunque si confronterà con questa lettura, passerà dalla disperazione alla riconciliazione, dalla forte crisi, alla guarigione, percorsi emotivi contrastanti, utili nella crescita consapevole di un attore. “La via dell’artista” di Julia Cameron dà ottimi spunti e grandi ispirazioni per trovare la propria via creativa nell’arte e non solo.

 

Tre film da vedere assolutamente? Quali e perché quelli secondo te?

“The Room” di Tommy Wiseau, visionare il miglior peggior film mai fatto è un must. “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” di Cristian Mungiu risultato palese di come l’efficacia di una sceneggiatura semplice e lineare recitata in modo credibile, possa diventare la formula vincente per guadagnarsi la Palme d’Or e tanti altri premi mondiali. “Il mio piede sinistro” di Jim Sheridan per quando si crede che avendo certi limiti psichici o fisici, non si possa fare arte.

 

Una domanda difficile Ieva: perché i nostri lettori dovrebbero vedere le tue opere? Prova a incuriosirli perché li vengano a vedere al cinema o li cerchino e li vedano nei canali online dove sono disponibili.

Difficile rispondere, sì. Questo lavoro di convincimento di solito lo fanno i distributori. Mi limito a ringraziare a tutti quelli che si prendono del tempo prezioso per visionare i miei lavori, senza di loro sarei nulla. Io ce l’ho messa tutta e ci tengo molto a non deludere mai.

 

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti di cui vuoi parlare ai nostri lettori?

Sono stata invitata al più grande festival del Medio Oriente, “El Gouna Film Festival” in Egitto,  dove saranno presenti personaggi illustri del cinema mondiale tra quali: Gerard Depardieu e Monica Bellucci. Negli scorsi anni, gli invitati d’ onore erano Silvester Stallone , Forrest Withtaker e Oliver Stone e molti atri.

Sarò presente per tutta la durata dell’evento, dal 23 al 31 ottobre, e dovrò  parlare della mia esperienza attoriale e dell’ approccio del mio mestiere  riguardo i nuovi modi di fare cinema. Insieme a me, ci sarà pure il regista Carlo Fusco, compagno di vita e di lavoro. In quest’ occasione, presenteremo  i nostri futuri progetti ad eventuali nuovi co- produttori.

Essendo questo un festival che da forte importanza alle sfilate sul Red Carpet, ho scelto di farmi vestire dalla stilista pratese di alta moda Eleonora Lastrucci, alla quale ho posto totale fiducia nella scelta del mio look.

 

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

https://www.imdb.com/name/nm7168893/

https://www.facebook.com/ievalykos

https://www.instagram.com/ievalykos_official/

TRAILER THE SLIDER

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Come vuoi chiudere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa intervista?

Ringrazio di cuore tutti per la lettura! Le domande sono interessanti. Lo sono anche le risposte, secondo voi?

 

The Best Actor Award-New York:

https://bestactoraward.com/wp-content/uploads/sites/7/2020/09/BAANY_July-August_2020-1.pdf

 

The final code:

https://www.imdb.com/title/tt11175990/

 

The Bandit Giuliano:

The Bandit Giuliano

Andrea Giostra

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/

https://andreagiostrafilm.blogspot.it

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

 

 

Andrea Giostra
Andrea Giostra

 

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