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Il dato nazionale alle Comunali, M5S fuori dalle grandi città. Orlando al primo turno

lunedì 12 Giugno 2017
m5s

Comunali amare per M5S. Il Movimento Cinque Stelle è fuori dai ballottaggi in tutte le grandi città, a partire da Genova, patria di Beppe Grillo diventata terreno di una faida interna. Il voto in 1.004 Comuni, con oltre nove milioni di italiani, riconsegna un quadro politico soprattutto bipolare con i candidati di centrosinistra e quelli di centrodestra che si sfideranno ai ballottaggi tra due settimane.

E’ stata del 60,07% l’affluenza alle urne rilevata alle 23: nelle precedenti omologhe la percentuale dei votanti si era attestata al 66,85%.

L’unico che ottiene un’immediata riconferma al primo turno è il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. M5S, dopo l’exploit lo scorso anno a Roma e a Torino, sarebbe fuori dai quattro capoluoghi di Regione: a Genova, dove al secondo turno vanno il candidato di centrosinistra Gianni Crivello, e del centrodestra, Marco Bucci. A L’Aquila, governata fino ad oggi dal dem Massimo Cialente, è in vantaggio il candidato sindaco Americo Di Benedetto (centrosinistra) mentre a Catanzaro Sergio Abramo (centrodestra) se la vedrà al ballottaggio con Nicola Fiorita (Civica).

Il Pd nel capoluogo calabrese sarebbe fuori dai ballottaggi segnalando, secondo Roberto Speranza di Mdp, un dato politico: “In tre su quattro capoluoghi di Regione, dove c’è un’alleanza classica di centrosinistra – sostiene l’ex esponente Pd – il candidato del centrosinistra va avanti. Nell’unico comune, Catanzaro, in cui si è fatta scelta diversa e noi sosteniamo un candidato civico diverso da quello del Pd, il Pd secondo gli exit poll sarebbe fuori dal ballottaggio”.

Il flop M5S è reso ancora più amaro dal risultato, abbastanza scontato, di Parma, dove il sindaco uscente Federico Pizzarotti, espulso dal Movimento di Grillo, è in vantaggio con il suo ‘Effetto Parma’ e se la vedrà al secondo turno con Paolo Scarpa del centrosinistra. “Grazie ai parmigiani – ha scritto su Fb il sindaco uscente – che hanno creduto in un progetto nuovo, civico e libero. Arrivare al ballottaggio da soli è un risultato storico, che dimostra la forza del nostro gruppo, unito da valori e non dagli interessi”.

A Verona ci sarà un ballottaggio tra Federico Sboarina (Ln-Fi-FdI e altre) e Patrizia Bisinella, candidata di Fare! e compagna del sindaco Flavio Tosi. Sboarina è attorno al 29,26%, mentre Bisinella è sul 23,54%, secondo dati del comune di Verona riguardanti 268 sezioni su 268 Staccata dio un punto percentuale Orietta Salemi (22,48%), sostenuta dal Pd e liste civiche. Per tutta la notte è stata una battaglia per il secondo posto tra l’esponente di Fare! e la candidata dem.

Tutta da decidere anche l’affollatissima partita a Taranto dove sono in quattro in corsa per raggiungere il ballottaggio. Anche se big e partiti si sono tenuti fuori dalla campagna per le amministrative, evitando di dare un valore nazionale, un minuto dopo la chiusura delle urne è partita l’esultanza per il risultato M5S. Secondo Matteo Renzi, che segue i risultati dalla sede nazionale del Pd, la sconfitta grillina è un dato politico “perché vorrebbe dire – spiega il responsabile Enti Locali Matteo Ricci – che a un anno dalla vittoria di Roma e Torino, messi alla prova del governo locale, c’è un giudizio negativo”.

Chi tira il fiato è il centrodestra, che guardava alle comunali come un test per un’alleanza tra Fi e Lega. “Noi abbiamo fatto – sostiene Maurizio Gasparri – l’alleanza classica ed a Genova abbiamo una condizione buona dove il sindaco uscente di centrosinistra nemmeno si è ricandidato autocertificando un fallimento. Il centrodestra ci può essere, vedremo lo scenario nazionale”. Ma per fare un’analisi più approfondita sulle alleanza a livello nazionale bisognerà aspettare l’esito dei ballottaggi: il Pd dovrà contare in quante città resterà alla guida per verificare se ha ancora senso un’alleanza classica di centrosinistra. Ma contro l’autosufficienza del Pd fa sentire la sua voce l’area che va da Pisapia a Si: “Laddove la sinistra è dentro il centrosinistra va, dove il Pd sceglie l’autosufficienza esce fuori”, è la tesi.

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