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Il governo Conte nasce morto, tra i ministri c’era la siciliana Bongiorno

lunedì 28 Maggio 2018
giulia-bongiorno

C’erano i siciliani Alfonso Bonafede (Giustizia) e Giulia Bongiorno (Rapporti con il Parlamento) nella lista del governo che non ha visto la luce.

Il primo era designato dal Movimento 5 stelle, il secondo da Lega Noi con Salvini. Il nulla di fatto che ha segnato l’esperienza, dopo una lunga gestazione, azzera la possibilità di avere due siciliani all’interno del nuovo esecutivo.

Intanto la  Sicilia, ancora per un tempo che appare imprecisato, non avrà un interlocutore a Roma con cui ridiscutere i suoi principali contenziosi e gli affari che gravitano su un circuito di responsabilità condivise sul’asse di governo nazionale e regionale.

Il presidente della Regione Nello Musumeci, in un intervista rilasciata domenica al quotidiano La Sicilia, ammetteva senza riserve di non avere particolari preoccupazioni dalla nascita di un governo ibrido Lega-5stelle: “ho il massimo rispetto, non temo alcuna disattenzione sulla Sicilia”. Né voti né veti a un governo che comunque porta con sé elementi di novità, aveva detto il governatore siciliano, auspicando anche un polo tra i governatori del sud per rianciare una piattaforma di rivendicazioni comuni.

Adesso che il presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte ha rimesso il mandato ieri sera, la situazione torna fluida e buona per tutte le ipotesi, anche quella che, con un ritorno al voto, più o meno ravvicinato il centrodestra possa ricompattarsi, restituendo ai 5stelle il ruolo, quasi in esclusiva, di forza anti-sistema.

La nascita, poi abortita, di un governo giallo-verde avrebbe messo, se non in imbarazzo, quanto meno in stand by anche l’atteggiamento del gruppo pentastellato all’Ars nei confronti dell’esecutivo regionale. Sarebbe potuto nascere, sull’onda di un governo nazionale con forze di coalizione condivise, un percorso programmatico, su punti da scegliere insieme, come ha ribadito più volte il leader dei 5stelle in Sicilia Giancarlo Cancelleri.

Oggi, nonostante lo scenario viva la sua fase più critica, le cose tornano al loro posto. La possibile nascita di un governo di servizio adesso rimette tutto in discussione ma fa tornare a ciò che già è consolidato. Quanto meno nella grammatica ordinaria dei rapporti tra le parti politiche.

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