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Il monastero benedettino di Catania, un gioiello architettonico con tesori preziosi

mercoledì 25 Marzo 2020
Foto tratta dal sito monasterodeibenedettini.it

Il monastero benedettino di Catania o monastero di San Nicolò la Rena è uno dei più grandi complessi monastici d’Europa, oggi sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli studi della città. Sicuramente, il periodo di maggiore splendore dell’abbazia è risalente al XVIII secolo. Infatti, dopo il terribile terremoto del Val di Noto del 1693, poco rimase della precedente struttura architettonica. Ma i monaci non si persero d’animo e già nel 1702 vennero avviati i lavori di ricostruzione, nell’ambito dei quali vennero coinvolti alcuni tra i migliori architetti siciliani dell’epoca, tra cui spicca Gian Battista Vaccari.

Il monastero dei benedettini assunse una nuova fisionomia sia nella raffinatezza delle decorazioni sia nell’imponenza della costruzione: infatti, vennero aggiunti molti nuovi ambienti come la Biblioteca progettata dal Vaccari e poi refettori, cucine, ambienti di servizio vari e un ulteriore chiostro, il chiostro di Levante che si aggiungeva a quello di Ponente. Divenne con i suoi circa 100 mila metri quadrati dei più grandi monasteri del Continente. E dalla facciata dell’edificio esplode tutta la magnificenza del barocco, la ricercatezza e il pregio delle decorazioni, mentre sul lato sud del palazzo si sporgono ben 42 balconi. Sembra, insomma, di ritrovarsi dinanzi ad una residenza reale.

Quando si entra nell’edificio protagonista è subito il marmo di Carrara con cui è stato realizzato il grande scalone che accoglie il visitatore e su cui furono applicati stucchi e decorazioni. Al centro del chiostro di Levante, ampio circa 2500 metri quadrati, si trova un tempietto, in stile quasi gotico con maioliche variopinte siciliane, dove i chierici solevano gustare il caffè (ma anche cioccolata e thè), era in sostanza la coffee house: all’epoca prendere il caffè era segno di distinzione sociale.

I chiostri sono circondati da lunghissimi corridoi, simmetrici tra loro, lunghi anche 120 metri. I monaci vivevano nelle celle, in tutto 97, predisposte l’una accanto all’altra.Nonostante le immense dimensioni dell’edificio, questa comunità monastica non era molto numerosa, essa contava tra i 40 e i 50 monaci, arrivando a circa 70 unità con i novizi e gli educandi. Ma ovviamente erano tantissimi coloro che quotidianamente varcavano le soglie dell’edificio per permetterne il buon funzionamento: avvocati, notai, cuochi, sarti, falegnami, medici, giardinieri, custodi e servitori vari, tutti parte di questa piccola “città”.

Abbiamo già accennato i lavori effettuati dall’architetto Vaccarini, tra cui spicca la grandiosa biblioteca, conosciuta come “Biblioteche riunite”. L’architetto riuscì a realizzare un ambiente suggestivo, concepito come uno spazio dove i monaci con serenità potessero immergersi nel sapere. Il pavimento è realizzato con piastrelle dal colore tenue, riposante e il soffitto è abbellito da incantevoli affreschi, tutto è pensato per suscitare armonia, l’armonia che unisce i saperi differenti e che pervade gli animi dei monaci immersi tranquillamente nello studio. Le scaffalature, realizzate in legno di noce, conservano circa 280 mila volumi, un patrimonio incredibile che ci proietta nella cultura ma anche nella storia della cultura, infatti tanti sono i libri di pregio e di valore storico come gli incunaboli, alcuni testi sacri, i codici miniati e collezioni varie.

Vi sono volumi sono davvero unici. In particolar modo, ricordiamo un erbario, della metà del settecento, al cui interno vi sono raccolte numerosissime tavole raffiguranti delle piante, si tratta di un unicum al mondo, infatti in tutto il pianeta non esiste una raccolta di tali proporzioni, così ricca e ben fatta. Un’altra opera importantissima è una concessione del 1196, la straordinarietà dell’opera non è nel testo bensì nel sigillo di piombo, dove da una parte si vede S. Giorgio a cavallo e dall’altro una fanciulla, si tratta di S. Agata ed è il più antico sigillo al mondo raffigurante la santa patrona della città etnea.

E dulcis in fundo, non si può non ricordare la straordinaria Bibbia di Pietro Cavallini, una delle più belle al mondo, addirittura, secondo alcuni sarebbe la più bella in assoluto. Essa fu realizzata tra XIII e XIV secolo, nell’epoca di Dante e Giotto, dal Cavallini, il quale vi impiegherà ben undici anni per terminarla. La bellezza di questa Bibbia deriva sia dalla mancanza di errori e cancellature nel testo, qualcosa d’incredibile considerando che fu redatta a mano, siadalla straordinarietà delle miniature, presenti in ogni pagina, delle vere e proprie opere d’arte.Infine, la straordinarietà del testo è determinatadall’utilizzo di profondi strati d’oro, invece, solitamentea quell’epoca l’oro veniva applicato superficialmente nei testi ponendo in profondità della pagina uno spesso strato di gesso dando così l’illusione che fosse tutto oro.

Sempre nel settecento, il napoletano Donato del Piano realizzò, nella chiesa del monastero, l’organo più grande d’Italia, almeno per quell’epoca. L’organo era dotato di ben 2378 canne da cui si sprigionava il suono che ricordava molti strumenti, tra cui flauti, corni, fagotti, voci umane e una grancassa. Per la realizzazione dell’opera furono necessari 12 anni ma Del Piano continuò a perfezionarla fino alla fine della sua vita.

Insomma, il monastero benedettino catanese, che raggiunse il suo massimo splendore nel XVIII secolo, per poi entrare in decadenza con l’unità d’Italia (in quanto il monastero fu dichiarato nel 1866 demanio regio, i benedettini vennero cacciati e i locali furono adibiti agli usi civili più disparati), conserva ancora oggi dei capolavori di assoluto valore, opere straordinarie di livello mondiale, come l’erbario, la Bibbia e l’organo. E poi la grandiosità della struttura, con il suo stile barocco, e l’imponenza della stessa fanno di questo complesso monastico una delle tante perle della Sicilia bella che ancora oggi risplendono.

Per saperne di più: https://www.monasterodeibenedettini.it 

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