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1° Maggio: ritorno all’Utopia come diritto a costruirsi il futuro

martedì 1 Maggio 2018
Contadini a Portella della Ginestra
Archivio foto Centro studi Pio La Torre.

La ricorrenza del Primo Maggio per i siciliani è intimamente legata a Portella della Ginestra, un luogo in cui gli abitanti di Piana degli Albanesi e dei paesi limitrofi si riuniscono ogni anno per celebrare la Festa del Lavoro, un appuntamento che rinnovavano ogni anno, anche durante il periodo della dittatura fascista.

In quell’anno e in quel luogo, il primo maggio del 1947, si compì la prima efferata strage mafiosa per opera di Salvatore Giuliano e della sua banda che con spietatezza si accanì su quella folla inerme di uomini, donne, bambini che, insieme alla Festa del Lavoro, celebravano la vittoria del Blocco del Popolo, una lista composta da comunisti e socialisti nelle prime elezioni regionali, svoltesi appena dieci giorni prima, il 20 aprile di quel 1947.

Una scena terribile, mirabilmente descritta dalle immagini del bellissimo film di Francesco Rosi, “Salvatore Giuliano“.

I motivi di quella strage furono attribuiti al tentativo degli agrari di bloccare l’avanzata del movimento contadino e la conquista della Riforma agraria. Propositi che s’intrecciarono anche con i progetti eversivi di soggetti nazionali e internazionali, interessati a favorire lo scoppio di una guerra civile, di cui la Sicilia doveva essere il detonatore, con l’esercito partigiano al nord, non ancora smobilitato, e la presenza nel sud, da trasformare in una “Vandea”, di varie bande che avevano formato l’esercito separatista (l’Evis).

Fare in Italia quello che era accaduto nella vicina Grecia che si era avviata verso un’ involuzione autoritaria con la rottura del fronte antifascista e la messa fuorilegge del partito comunista, questo era l’obiettivo e garantirsi nella “Guerra Fredda” con l’URSS un maggiore controllo del Mediterraneo.

Gli agrari si erano serviti della mafia contro il movimento contadino, la mafia si era servita del bandito Giuliano, una entità esterna si era servita di entrambi per il loto progetto eversivo.

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Pio La Torre al comizio del Primo Maggio del 1964. Dall’archivio foto Centro studi Pio La Torre

Ricordare questi avvenimenti in occasione del Primo maggio è utile, otre che doveroso, perché la difesa della democrazia e della libertà è un valore da tutelare, anche perché non sono valori acquisiti per sempre, ma sono sempre messi in pericolo dai tentativi di chi vorrebbe far prevalere la cultura della violenza e della sopraffazione, di chi vuole fare prevalere i privilegi sui diritti, l’egoismo sulla solidarietà.

Ecco perché ha fatto bene la Cgil in occasione di questo Primo Maggio a coniugare il ricordo con i diritti dei lavoratori, in particolare quelli dei nuovi lavori. L’unico appunto che si può fare è perché un tema cosi importate da cui dipende il futuro del sindacato, in una società e un mondo del lavoro che cambia, non sia stata l’occasione per una riflessione unitaria con Cisl e Uil, aperta anche a contributi esterni, per superare la crisi d’identità e di funzione che il sindacato, come tutte le altre forme di rappresentanza sociale attraversa.

Tutte le forze di progresso che affondano le loro radici nel pensiero socialista e mazziniano, nella dottrina sociale della Chiesa e che hanno formato per tutto il secolo del Novecento la coscienza dei lavoratori si ritrovano oggi ad affrontare sfide inedite dal cui esito dipenderà non solo la loro funzione ma il tipo di società che vogliamo costruire. Quegli ideali, infatti, si rinnovano solo se si affronteranno le grandi sfide della globalizzazione e i nuovi grandi bisogni sociali dei lavoratori e dei cittadini, dalla scuola, alla sanità ai servizi, in sostanza il nuovo welfare.

Dall’archivio foto Centro studi Pio La Torre

La lotta al terrorismo, la pace, non soltanto come assenza di guerra ma come condizione di cooperazione tra i popoli, il razzismo, le nuove forme di sfruttamento, la dignità del lavoro e nel lavoro, l’immigrazione, la fame, le malattie, la difesa dell’ambiente si configurano come le questioni cruciali per aprire una nuova fase storica della lotta per i diritti e le libertà individuali e collettive.

Da questo punto di vista la prima sfida che in forme inedite ci ha lasciato il vecchio millennio e che è di fondamentale importanza per il futuro non solo economico ma democratico della nostra società è la sfida del Lavoro.

Un’intera generazione rischia, infatti, di essere tagliata fuori dal mercato del lavoro, di non incontrare mai il lavoro, quello vero che produce ricchezza e dà un significato alla vita, alla dignità delle persone, schiacciati dall’alternativa tra la marginalità sociale, la ricerca della sopravvivenza o il lavoro precario, il lavoro nero o illegale che nega quei valori e costringe le persone a rinunciare ai propri diritti e a chiudersi in isolamento che spesso comporta disperazione e frustrazione, fenomeni che minano l’esistenza stessa della democrazia.

L’auspicio è che da questo Primo Maggio possa ripartire la speranza quella che il professor Francesco Renda, che alla storia del Primo Maggio ha dedicato un libro, chiamava Utopia.

Un ritorno all’Utopia come diritto a costruirsi il futuro e per cui vale la pena continuare a battersi e impegnarsi. Buon Primo Maggio!

 

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