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Il rapporto Diste sull’economia siciliana e la necessità di una ripartenza: “Se non ora quando?” | VIDEO

venerdì 4 Dicembre 2020

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Un quadro a tinte fosche, quello dipinto dal rapporto Diste numero 52, presentato negli studi de ilSicilia.it dall’imprenditore Gianmarco Costanzo, dal dottor Alessandro La Monica, presidente di Diste consulting, che del rapporto è il responsabile operativo, e dal professor Pietro Busetta, docente dell’Università di Palermo e autore del volume “Il coccodrillo si è affogato”.

LA SINTESI DEL RAPPORTO DISTE

Alessandro La Monica

L’economia siciliana è afflitta da una grave e persistente recessione. Ma non è tutta colpa del Covid19. Semmai il nuovo virus ha peggiorato la situazione. Un altro virus corrode da tempo le fondamenta del sistema produttivo rendendolo meno resiliente alle crisi.

L’emergenza sanitaria e gli strumenti europei messi a punto per il rilancio possono rappresentare un’opportunità unica per adottare soluzioni coraggiose, che abbiano ragione di problemi che possono sembrare senza vie d’uscita. È tempo di osare, per impedire che dopo il Covid19 si torni come prima.

Pietro Busetta

Già prima dell’invasione del Covid19 l’economia era adagiata sul fondo di un ciclo recessivo durato quasi ininterrottamente dal 2008, le cui ricadute poco lusinghiere sono visibili dalle statistiche. Non destano dunque sorpresa le conclusioni di questo Report, che attraverso una analisi delle informazioni statistiche disponib il delineano uno scenario economico deturpato, più di quanto lasciavano intravedere le modalità del lockdown della scorsa primavera. Al momento serpeggia una grande inquietudine sull’incubo Covid19, tornato prepotentemente alla ribalta sul finire dell’estate, e sull’impatto che le rigide misure selettive possono avere sulla tenuta delle imprese e delle famiglie già piegate da quasi un anno di restrizioni. L’incertezza sull’intensità e la durata dell’emergenza rendono le stime di previsione fortemente aleatorie, ma indicative della carica letale sull’economia finora dimostrata dal virus.

Gianmarco Costanzo

Le proiezioni di consuntivo dell’anno in corso elaborate dal Diste prefigurano un crollo del prodotto interno lordo del 12,5% in termini reali e una perdita in termini monetari di 11,7 miliardi di euro rispetto al 2019. Il PIL per abitante è previsto ridursi a 15.749 euro, 2.250
euro meno dell’anno passato. L’emergenza sanitaria ha ricadute pesanti su domanda e produzione, mentre per il momento e
parzialmente ha risparmiato il mercato del lavoro, in virtù del blocco dei licenziamenti e dei massicci interventi della cassa integrazione.
I consumi delle famiglie arretrano dell’11,8% in volume e registrano una perdita su base monetaria di 8,3 miliardi. L’ammontare dei
consumi per abitante scende a 12.467 euro, 1.588 euro meno dell’anno prima. Le misure di sostegno all’occupazione e al reddito hanno arginato lievemente la caduta dei consumi, ma non hanno impedito un aumento della povertà. Secondo valutazioni preliminari del Diste, nel 2020 l’area della povertà si sarebbe ingrandita a circa un quarto dei due milioni di famiglie residenti. Il forte shock subito dalle imprese ha innescato una contrazione degli investimenti, allarmante per i beni strumentali previsti in caduta del 18,7%, pari a 1,1 miliardi di euro.

Per gli investimenti in costruzioni la flessione è limitata al 7,8%, frenata dal rimbalzo estivo sostenuto dai superbonus e dalla prospettiva di rilancio infrastrutturale; il calo della spesa è di 530 milioni.

Il ramo di produzione più danneggiato è quello dei servizi, che sconta una caduta del valore aggiunto del 13,6% trainata dalla voragine
delle attività collegate a turismo, ristorazione, commercio, attività artistiche e spettacoli. Il comparto degli alberghi e ristorazione ha
franato più di tutti (-46,7%), spinto dalle chiusure di primavera riproposte in autunno: la perdita monetaria è di 1,5 miliardi.

Decurtati anche i conti del commercio, da un crollo del valore aggiunto del 41,4% e da un deficit di 4,1 miliardi. Nella manifattura è attesa una flessione dell’11,4% e una perdita di 550 milioni, nelle restanti attività industriali – fornitura di elettricità, gas, acqua, ecc. – si stima un calo del valore aggiunto del 4,5%, pari a 100 milioni. Per il ramo delle costruzioni la discesa del valore aggiunto è prossima al 7,9%, con una flessione monetaria che sfiora i 250 milioni. L’agricoltura subisce una regressione del 2,1% e un passivo nel complesso modesto.

Sul mercato del lavoro lo stop ai licenziamenti e la riduzione dei tassi di partecipazione hanno frenano per ora la flessione dell’occupazione a un -3,2%, e determinato una discesa del tasso di disoccupazione dal 20,0% al 17,0%.

Quanto alle prospettive per il 2021, la profonda incertezza sulla evoluzione a breve termine della curva epidemiologica ha suggerito
l’elaborazione di due scenari, che ipotizzano in ogni caso un’inversione di tendenza a partire dalla primavera, animata da una moderazione della pandemia. Nell’ipotesi più favorevole – che il gruppo di lavoro addetto alle previsioni ritiene maggiormente attendibile – il prodotto interno lordo è stimato crescere del 4,2%, pari a una ripresa monetaria di 3,5 miliardi di euro, mentre il PIL per abitante risale a 16.549 euro guadagnando 800 euro rispetto al 2020. I consumi delle famiglie crescono del 4,9% e lievitano di circa 3 miliardi; l’ammontare della spesa pro capite giunge a 13.158 euro recuperando 690 euro sul 2020. Gli investimenti in costruzioni aumentano del 6,7% e ritrovano 500 milioni mentre per gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto il rilancio più moderato (+3,9%) consente di riassorbire quasi un quinto del deficit precedente.

Tra i grandi rami di produzione i servizi accelerano a un +4,1% sostenuto dai recuperi del commercio (+18,4%) e delle attività 10 alberghiere e di ristorazione (+20,9%). Nel segmento di produzione di beni, il valore aggiunto cresce del 5,2% nell’industria, del 6,5% nelle costruzioni e del 2,0% in agricoltura, zootecnia e pesca. Per il mercato del lavoro, a tutto marzo “schermato” dal prolungamento della Cig e dal blocco dei licenziamenti, si profila una flessione dell’occupazione del 6,6% – soprattutto per le componenti femminili e giovanili
impegnate in lavori di basso profilo nei comparti legati al turismo alloggio ristorazione e commercio – e un aumento al 21,9% del tasso
di disoccupazione.

Nell’ipotesi meno positiva il recupero del PIL è previsto aggirarsi intorno al 2,9% in termini reali, sintesi anche qui di andamenti
settoriali in ripresa estesi a tutti gli indicatori sottoposti alla previsione. Mentre nella versione più ottimistica descritta più sopra il differenziale negativo tra il 2021 e il 2019 è dell’8,8%, in questa versione il distacco risulta moderatamente più accentuato e prossimo al 10%. Quindi il PIL pro capite arretra a 16.335 euro, mantenendo un divario rispetto al 2019 di 1.664 euro contro i 1.449 euro della versione più favorevole.

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