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Il senso (perduto) dell’autonomia siciliana a 70 anni dallo Statuto

mercoledì 22 Marzo 2017
Armao

Armao“Settant’anni di autonomia siciliana 1946-2016”, è il titolo e tema di un libro curato dal prof. Gaetano Armao e dal prof. Marcello Saija. I contorni storici ed il significato reale dell’autonomia, che la gran parte della classe politica odierna ma anche la società civile sconoscono, sono al centro dell’opera presentata nei giorni scorsi presso l’Aula delle Conferenze del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Universita di Catania.

La recente presentazione del libro (pubblicato da Rubettino) è stata introdotta dal Direttore del Dipartimento prof. Giuseppe Barone, e con gli interventi dei Professori dell’Università di Catania Fabrizio Tigano, Renato D’Amico, Rosario Mangiameli. Ma i protagonisti sono i curatori del volume, il prof. Armao ed il prof. Marcello Saija dell’Università di Palermo.

 

“Il senso dell’autonomia speciale dopo settant’anni – spiega Armao, Docente di diritto amministrativo europeo Università di Palermo – Dipartimento di Scienze politiche e delle relazioni internazionali , è questo l’obiettivo delle trenta riflessioni di studiosi italiani e stranieri che sono raccolte nel libro. Trascorso un notevole lasso di tempo dall’elaborazione dello Statuto autonomistico, attraverso la concreta attuazione ed alcuni fallimenti, e nella prospettiva di una riforma costituzionale che, sebbene respinta dal referendum del dicembre scorso, permane quale esigenza e nella quale occorre collocare le Regioni ad autonomia differenziata ed il riparto di competenze con lo Stato, con Marcello Saija ci siamo chiesti se l’autonomia sia ancora utile i siciliani. Ne è scaturita l’organizzazione del Convegno di cui il volume raccoglie gli atti per ripercorre la stagione della genesi dello Statuto speciale siciliano che va dal 1944 al 1946, ma che si protrae sino al 1948 con la conclusione dell’esame da parte dell’Assemblea costituente sino alla pubblicazione della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 che, come noto, converte in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana, approvato col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455. Ma anche per analizzare l’obbligo nel quale è scivolata l’autonomia e le potenzialità che ancora residuano per ipotizzarne il rilancio”.
 

Armao“Lo Statuto autonomistico, nonostante le speciali prerogative enunciate, ad accezione di alcune fasi circoscritte nel tempo – continua Armao –, ha tuttavia finito per svolgere un ruolo inerziale sopratutto per le patologie (esogene più che endogene) che ne hanno accompagnato l’attuazione, trasformando l’autonomia in feticcio, troppo spesso utilizzato da classi dirigenti spregiudicate ed accompagnate da un basso livello di controllo sociale che non è riuscito a contrastare, per un verso, i molteplici tentativi di compressione della specialità e di progressiva riduzione di trasferimenti – tendenza che oggi ha raggiunto il culmine – per altro verso, la degenerazione di clientele e privilegi per i titolari di quella intermediazione parassitaria che ha riguardato la politica, la burocrazia, ma anche ampi settori del sindacato e delle associazioni imprenditoriali”.

“I dati più recenti sull’andamento dell’economia, la disoccupazione giovanile, la migrazione studentesca, la qualità della vita delle città della Sicilia, come le tendenze finanziarie e demografiche per il futuro non necessiterebbero di commenti e potrebbero portare alla conclusione, preferita da alcuni, che il diritto all’innovazione dei siciliani ha trovato nell’autonomia regionale soltanto elementi depressivi piuttosto che opportunità di crescita . Davanti a noi – aggiunge Armao – c’è un futuro, che per altro sembra prossimo, nel quale ripensare l’autonomia regionale siciliana non solo perché nel pieno di una crisi che prima che organizzativa e finanziaria è di legittimazione istituzionale, ma anche a seguito dell’irrompere della revisione costituzionale, respinta dal referendum del 4 dicembre, che sebbene contraddittoriamente definita a livello statale lascia aperto nel Paese il tema della riforma dei rapporti tra Stato e Regioni”.

 

Il volume, proprio per approfondire i mille piccoli e grandi aspetti di questo temi, raccoglie oltre trenta contributi di studiosi, italiani e  stranieri, sui temi dell’autonomia, del regionalismo e  dell’autodeterminazione presentati in occasione del Convegno  celebrativo del settantesimo della nascita della Regione siciliana  promosso dall’Università di Palermo. Si ripercorrono così in questo testo le diverse  fasi della stagione della genesi dello statuto speciale siciliano, che va dal 1944 sino al 1948 con la conclusione dell’esame da parte  dell’Assemblea costituente sino alla pubblicazione della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 che converte in legge  costituzionale dello Statuto della Regione siciliana, approvato col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455.

I contributi di autorevoli giuristi e storici analizzano in questa opera le cause dell’oblio nel quale è scivolata l’autonomia speciale, in  particolare quella siciliana, e le potenzialità che ancora residuano  per ipotizzarne il rilancio di fronte ai profondi mutamenti intervenuti. Il regionalismo italiano affonda le radici nella storia  del Paese, e dopo il fallimento della revisione costituzionale, non  torna alla base, ma necessita adesso di un profondo riordino, pur se a  Costituzione invariata, dell’assetto dei livelli di governo nel  prospettiva europea del pluralismo istituzionale e dell’insularità. In tale contesto lo Statuto siciliano, se da un lato raccoglie le innovative intuizioni del regionalismo italiano ed europeo, dall’altro  si riconnette alle direttrici costituzionali che, a partire dal 1812 e  sino al 1860, animarono il confronto sull’autogoverno della Sicilia,  ma necessita adesso di una profonda revisione che lo ricolleghi alle  innovative esperienze di autogoverno di altre Regioni d’Europa e ne faccia strumento efficace del diritto all’innovazione dei siciliani. Il percorso della modifica della Costituzione, che necessariamente dovrà riaprirsi dopo l’improvvido tentativo di modifica respinto a dicembre scorso, proprio per il peculiare contesto nel quale vengono collocate le autonomie differenziate, impone alla Regione un nuovo dinamismo negoziale con lo Stato per disegnare, in termini rinnovati, non solo ripartizioni di competenze legislative ed amministrative e legittime spettanze finanziarie, ma una nuova forma dell’autonomia che riqualifichi il decentramento nell’allocazione del potere di decisione politica e possa costituire un valore aggiunto per i siciliani di oggi e di domani.

 

Armao libro“Nella ricorrenza dei 70 anni dell’Autonomia siciliana – spiega il prof. Marcello Saijaabbiamo ovviamente notato che non è stata prevista nessuna iniziativa scientifica per ricordare quel momento storico e per questo motivo abbiamo messo insieme storici e giuristi ed insieme al prof. Armao abbiamo voluto raccontare la vera autonomia, quel che è stato e che potrebbe e dovrebbe essere ai giorni nostri. La classe politica di questi anni ha vanificato ed esaurito quella spinta autonomista e, peggio ancora, l’ha ritenuta un privilegio per la casta. Lo Stato centrale ha imbalsamato i poteri fiscali, ha tolto i poteri di polizia al presidente della Regione e si è inteso determinare una sostanziale omologazione con le regioni ordinarie. A nostro avviso, invece, le autonomie speciali devono essere rilanciate in modo concreto e determinato. Va rilanciato soprattutto l’approccio all’autonomia, comprendendo i principi e i presupposti sui quali è stata fondata 70 anni fa l’autonomia siciliana. Oggi alla Regione Siciliana non sono in grado di spendere nemmeno i fondi europei e c’è un enorme ed inaccettabile sperpero di risorse, che potrebbero invece rilanciare l’economia e la vita dei siciliani. La Regione spende il 90% del bilancio, di fatto, per riprodurre se stessa. Crediamo che l’autonomia sia in grado di essere la risposta alla forte crisi in atto, ed occorre ripartire da quel senso di forte identità e dalla voglia di riscatto dei siciliani. È l’ultimo treno che possiamo percorrere per invertire il trend e le prospettive della nostra gente. C’è un problema di classe politica ma ancora prima un problema culturale. Si è determinato un sistema politico clientelare che ha interpretato l’autonomia stessa come un privilegio. Io credo che la Sicilia, dopo la stagione delle stragi abbia un’opinione pubblica importante, e le giovani generazioni sono in grado di comprendere quanto potrebbe essere essenziale ripartire dall’autonomia per dare un futuro a questa terra”. 

 

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