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Tradizione e fantasia

In Sicilia Babbo Natale è donna: la leggenda della ‘Strina’ che porta doni ai bambini

venerdì 24 Dicembre 2021

Se si ha voglia di respirare la vera aria natalizia quale miglior posto dei paesi sparsi nelle province del nostro territorio. In Sicilia sono tanti i piccoli centri e i borghi dove il Natale è un momento di grande rilievo, soprattutto per il forte legame con le vecchie tradizioni. Nonostante ciò, molte di queste, nel corso degli anni si sono perse, altre continuano a sopravvivere anche se non più vissute come nel passato: è il caso della ‘Strina’ o ‘Vecchia’, tradizione dell’entroterra siciliano, diffusa soprattutto nel cuore delle Madonie.

La Strina richiama alcune delle leggende più note: quella dei Morti tra l’1 e il 2 novembre, Babbo Natale o la Befana. Ecco, potremmo definirla come un mix di tutte queste.

La Strina infatti, nell’immaginario comune, è un’anziana donna rugosa, sdentata e dall’aspetto cupo che vive per tutto l’anno in luoghi sperduti e tenebrosi ma che nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, o tra il 31 dicembre e l’1 gennaio, a seconda della tradizione dei vari paesi, giunge nelle case per portare i più svariati doni e dolciumi ai bambini buoni e per punire i più dispettosi portando loro del carbone. In contrasto col suo aspetto poco rassicurante, la Strina è in realtà una donna molto affettuosa e generosa.

La leggenda sulla ‘Vecchia’, come già detto, assume connotati diversi da paese in paese anche per quanto riguarda il suo nome: ‘Carcavecchia’ a Corleone, ‘Nunna Vecchia’ ad Isnello, ‘Vecchia’ ad Alimena, ‘Vecchia di Capodanno’ a Resuttano, ‘Vecchia di Natale’ a Ciminna, Termini e Ventimiglia o ‘Vecchia Strina’ ad Alia, Cefalù, Roccapalumba e Vicari.

A Cefalù la ‘Vecchia Strina’ nella notte del 31 dicembre lascia la Rocca, che si trova sulle pendici del paese, dove si nasconde tutto l’anno, per scendere a valle accompagnata dal marito, trascinando con sé barattoli di latta per fare più baccano possibile ed avvertire del suo arrivo. La Vecchia infatti non vuole essere vista e lascia a bocca asciutta tutti i bambini svegli lì pronti ad attenderla. A Gratteri la strega, che abita nella Grattara, una grotta alle falde del Pizzo di Pilo, lascia la sua dimora in sella ad un asino, avvolta da un velo bianco, per portare caramelle e ‘Turtigliuna’, i buccellati. Ad Isnello la ‘Nunna Vecchia’ viene accolta dai bambini con rumorosi campanacci, mentre vagano per le abitazioni del paese in cerca di dolciumi e caramelle. In altri paesi, per non farsi riconoscere, la Strina arriva trasformata in un uccello (come a Corleone) o in una formica (nel caso di Vicari), per poter entrare facilmente nelle case e riuscire ad intrufolarsi nei più stretti pertugi.

Insomma, le interpretazioni sono diverse e molto variegate ma hanno tutte un unico obiettivo: rendere i giorni di Natale unici e magici.

Ma quali sono le origini della ‘Strina’? La sua nascita risalirebbe addirittura agli antichi romani e la sua più antica antenata, a cui si ispirerebbe, è la dea Strenia. Presa in prestito dai sabini, rappresentava l’abbondanza e veniva celebrata come divinità minore del pantheon romano. Secondo alcuni, il termine deriverebbe dal latino ‘strēna’ che aveva il significato di ‘regalo di buon augurio’. Infatti, proprio in suo nome, ci si scambiavano i doni augurali durante i Saturnali, un ciclo di festività che si svolgevano dal 17 al 23-25 dicembre, in onore del dio Saturno.

Secondo una tradizione, quando Romolo cinse di mura Roma, in segno di riconoscenza e come simbolo di prosperità, i cittadini gli offrirono un fascio di rami verdi, tagliati dal vicino bosco sacro alla Dea Strenua. L’offerta piacque al re tanto da farla rinnovare ogni anno, nell’anniversario della fondazione di Roma. Con il tempo il rito decadde, ma rimase tra i cittadini l’usanza nel primo giorno di gennaio di offrirsi a vicenda ramoscelli sacri di alloro e ulivo, aggiungendovi doni di fichi e mele con l’augurio che l’anno in arrivo potesse essere dolce come quei frutti.

 

 

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