La terza sezione del tribunale di Palermo ha ammesso la costituzione di parte civile del Comune nel processo “Giano bifronte“: nove imputati rispondono a vario di titolo di episodi di corruzione nella burocrazia municipale, nell’ambito delle speculazioni edilizie avvenute nel territorio del capoluogo siciliano. Il collegio presieduto da Fabrizio La Cascia ha respinto invece la richieste di costituzione delle associazioni Codici Onlus e Codici Sicilia, non ritenute persone offese nel processo
L’inchiesta del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei pm Giovanni Antoci e Andrea Fusco, il 29 febbraio 2020, aveva portato a una serie di arresti con l’ipotesi dei tentativi di ‘aggiustamento’ della riconversione di tre aree industriali dismesse in zone di edilizia convenzionata. Basandosi sulle dichiarazioni del pentito Filippo Salvatore Bisconti e su una montagna di intercettazioni effettuate dai carabinieri del Nucleo investigativo e dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, l’accusa sostiene l’esistenza di una cricca al Comune di cui facevano parte alcuni architetti, che, nel dibattimento iniziato oggi, sono tutti alla sbarra: Mario Li Castri, ex dirigente a contratto del Comune; il suo ex socio in uno studio privato, Fabio Seminerio; Giuseppe Monteleone, ex dirigente del Suap, Sportello per le attivita’ produttive del Comune; la moglie Giovanna D’Attardi, anch’ella professionista privata.
I primi tre, secondo Bisconti (anche lui architetto e imprenditore), avrebbero fatto parte della cricca. Di recente però la Cassazione ha messo in dubbio l’esistenza di accordi
associativi e corruttivi fra i tre. A giudizio anche il costruttore Giovanni Lupo, titolare della Biocasa (azienda, a sua volta imputata come persona giuridica, al centro della
vicenda), l’ex amministratore delegato della societa’, Francesco La Corte, e due ex consiglieri del Comune di Palermo, dimessisi a seguito dell’arresto: l’ex presidente della commissione Urbanistica Giovanni Lo Cascio (Pd) e Sandro Terrani, di Italia Viva. I progetti riguardavano le aree di via Maltese (ex Keller), via Messina Marine e via San Lorenzo ma, dopo essere approdati in Consiglio comunale, furono bocciati. L’affare era valutato oltre 150 milioni di euro.