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La città dei gabbiani

sabato 15 Giugno 2019
gabbiano

botindari epruno

Carissimi, e storia di giorno, continuano a ripetermi:

“Guarda quel castello?”

Ed io: “Non lo vedo”.

Loro: “È Tuo”.

Allora io: “Ah grazie, ma io continuo a non vederlo.”

Quindi insistono: “Da oggi quel castello è tuo con tutto ciò che ci sta intorno e dentro. Ma devi credermi.”

Io ringrazio, ma continuo a non vedere un ‘accidente, sarà il caldo, ma io non vedo nulla.

E andiamo così avanti da anni, ma ve lo giuro, mi sarò lavata la faccia un mare di volte, avrò cambiato non so quanti occhiali, mi sono pure rifatto la visita oculistica ma io non vedo nulla.

E voi mi direte: “Sei preoccupato?”

Si sono preoccupato, ma non perché non vedo nulla, ma perché attorno a me c’è gente invasata che vede il castello “vede la luce”. Ora dico, potrà essere tutto frutto di una allucinazione collettiva o c’è chi ci sta prendendo per i fondelli e recita?

Non vi viene il dubbio che come il gioco delle “tre carte” siamo attorniati da “compari” di chi muove le “tre tazze”?

Tanta sveltezza di mani. Tanta rapidità di pensiero, ma può essere che si sbagli sempre nel puntare? Non può darsi che tra il “rosso e il nero qualche volta esca pure lo zero”?

E molto raro, ma sarebbero “cazzi”.

Il pallone è avvelenato, la terra dei fuochi è avvelenata, la magistratura è avvelenata.

Questa è l’epoca del grande inganno. Ma anche se si volesse. Come si potrebbe accontentare tutti se non attraverso una illusione, una visione di una realtà che non esiste se non nella testa del pensatore?

Truccare il tutto, tirare una linea e poi richiuderla su sé stessa per creare un cerchio.

Oggi sembra tutto più difficile e ciò grazie anche alla circostanza che i popoli occidentali abbiano fatto di tutto per non creare disastrosi conflitti mondiali come quelli della prima parte del secolo scorso o alla sconfitta di quelle grandi pandemie che decimavano le popolazioni e ri-immischiavano le carte periodicamente.

Siamo in molti, siamo stretti perché interpretiamo male il concetto di densità e basta soltanto la mattina avere l’ardire di dare il buongiorno al nostro vicino per sentirsi mandato a fanculo.

Siamo nervosi insofferenti, ma siamo ubriachi perché diminuiscono le prospettive di lavoro, chiudono i negozi e sorgono le taverne e così le grandi vie chiuse sono luoghi dove andare ad annegare e dimenticare le nostre sconfitte, il padre accanto al figlio e malgrado ci sforziamo di sembrare diversi non avremo neanche compreso il modo disciplinato nordico di bere nel fine settimana per poter tornare efficiente il lunedì mattina a produrre.

Non possiamo costruire moderni colossei anche se i nuovi stadi gli somiglino, ma gli spettacoli seppur cruenti sono ancora distanti dal modello imperiale.

E intanto beviamo, ubriachiamoci e la mattina in dormiveglia sentiremo i versi degli innumerevoli gabbiani che ci fanno sognare di esser cittadini nordici di una meravigliosa isola.

Non so se dare ragione al mio collega Murphy ma io per il momento, fin quando c’è vino sorrido e mi ubriaco cercando allegria, cercando “a cuntintizza” e non dispiacere nessuno.

Sarà l’effetto del vino ma vi volevo rassicurare, adesso il castello lo vedo anche io.

Un abbraccio, Epruno

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