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La mafia dei Nebrodi imponeva il pizzo sulle opere della Fiumara d’arte: tre arresti e 11 indagati

venerdì 20 Aprile 2018

I carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 persone accusate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori. Per tre di loro è stato disposto il carcere, mentre per le altre 11 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Nelle maglie dell’inchiesta è finito anche Vincenzo Tamburello, consigliere comunale di Mistretta. Vittime dell’estorsione due imprenditori edili, aggiudicatari dell’appalto, di un milione di euro, indetto dal Comune di Mistretta e finanziato dall’Unione Europea per la riqualificazione dei 12 siti in cui sono installate le opere d’arte contemporanea che costituiscono il percorso culturale “del museo all’aperto Fiumara d’Arte”.

L’inchiesta è stata avviata a settembre 2015 quando un imprenditore edile si è rivolto ai carabinieri del Comando provinciale di Messina segnalando di essere vittima di un tentativo di estorsione. L’imprenditore si era aggiudicato, a seguito di una pronuncia del Tar di Catania conseguente ad un suo ricorso, l’appalto indetto dal Comune di Mistretta per i lavori di valorizzazione del museo contemporaneo denominato “Fiumara d’Arte“, opere finanziate dalla Comunità Europea con un importo a base d’asta di un milione e aggiudicati alla sua A.T.I. con un’offerta pari ad 802.000 euro.

La vittima ha spiegato di essere stata avvicinata dal consigliere comunale di Mistretta che gli avrebbe comunicato che la ditta che aveva ottenuto l’appalto prima del suo ricorso aveva già versato 50 mila euro ad alcuni soggetti del luogo che li avevano successivamente restituiti dal momento che l’impresa era stata poi estromessa dai lavori. Tamburello sarebbe andato a chiedere ai nuovi aggiudicatari 35 mila euro da consegnare a una donna indicata alle vittime come la “signorina”. La somma sarebbe stata destinata alle spese legali per il fratello della “signorina” che era carcerato. In più all’imprenditore era stato imposto di assumere nei propri cantieri tre operai dei quali gli avrebbe successivamente indicato i nomi. Il consigliere comunale, infine, aveva imposto alla vittima di rifornirsi del cemento presso l’impianto dei fratelli Lamonica, assicurandogli che assolvendo a questi obblighi, non ci sarebbe stata alcuna richiesta estorsiva.

Le indagini hanno confermato le parole della vittima e consentito di identificare i complici di Tamburello. La donna citata come la “signorina” era Maria Rampulla, nel frattempo morta, sorella di Pietro ritenuto l’artificiere della strage di Capaci ed all’epoca dei fatti detenuto e di Sebastiano, storico capo della “famiglia di Mistretta” deceduto nel 2010. Gli ulteriori due complici sono stati identificati in Giuseppe Lo Re mafioso già sottoposto a misure di prevenzione e la zia di questi, Isabella Di bella, una cartomante di Acquedolci, che, sfruttando i rapporti di amicizia intrattenuti con la moglie dell’imprenditore, aveva saputo della sua partecipazione alla gara di appalto a Mistretta ed aveva proposto ai coniugi l’intervento del nipote. Lo Re, per evitare altri sequestri di beni, attraverso ben 11 complici (di cui cinque stranieri) che nel tempo si sono prestati a fare da teste di legno alle sue attività economiche gestiva di fatto due night Club, uno a Torrenova (ME) ed uno a Nicosia (EN), un lido balneare nel Comune di Santo Stefano di Camastra ed un’attività di compravendita di auto usate esercitata principalmente attraverso la vendita on line. Le attività sono state sequestrate.

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