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La Regione attende la nascita del governo nazionale per riaprire i contenziosi con Roma

giovedì 10 Maggio 2018
Il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ed il premier Paolo Gentiloni
Il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ed il premier Paolo Gentiloni

Il governo regionale continua a mettere a fuoco contenziosi con Roma, ma in molti, preoccupati, cominciano a interrogarsi, se e quando, qualcuno, dal governo centrale, sarà in condizione, di questo passo, di battere un colpo.

L’ultimo caso, mediamente eclatante, è stato quello del decreto delle quote rosse di tonno in cui gli assessori Edy Bandiera, all’Agricoltura e Mimmo Turano, alle Attività produttive, hanno contestato le scelte romane che con un decreto, disattendevano di fatto le aspettative. Nei giorni scorsi, più d’uno, all’Ars e nella maggioranza che sostiene Musumeci, ha avanzato dubbi sulla tenuta, o meglio, sulla possibilità di una riuscita, alla luce di un possibile rischio impugnativa di alcune norme, tra Finanziaria e collegato, della dialettica pratica e operativa tra la Sicilia e Roma.

Il disagio c’è. Non è roba inventata dai giornali, o amplificata dalle situazioni contingenti in maniera strumentale. Quando Mattarella ha voluto a tutti i costi evitare che Gentiloni, nei mesi scorsi, prima del voto, si presentasse dimissionario, pensava al peggio. Allo scenario di oggi e a quello che si sta vivendo.

Già un rapporto fatto di carte e di vertici di burocrazia che si rincorrono sulle interpretazioni delle norme, più che sugli effetti che ne producono, è complicato di suo nella normalità delle dinamiche consolidate, figuriamoci, quando viene a mancare il filtro e il coordinamento, oltre che l’indirizzo, di un governo politico o istituzionale che sia, legittimato a farlo.

Se un governo nazionale, in questi giorni dovesse nascere, la Sicilia avrebbe da abbrancare la presa in alcuni tentativi espliciti e di un certo rilievo, da porre al centro di un dialogo rinforzato. Musumeci, che è anche commissario per l’emergenza idrica e per i rifiuti, anche se con poteri “poco speciali”, come lui stesso ha ammesso con una punta di ironia, ma senza riserve, ha mandato avanti il suo vicepresidente Gaetano Armao. A rivendicare e a rinegoziare. A partire dal tetto del 3% della spesa che la Sicilia, proprio per aprire il contenzioso la Regione ha ultimamente scelto di non rispettare.

Anche i 600 milioni di euro, accertati in entrata, che la Regione ha voluto mettere in bilancio sulle accise e che non sono stati mai richiesti in passato dalla Sicilia, non caleranno dal cielo, ma necessitano di meccanismi, tecnici e politici da perfezionare. Con reattività.

Il rapporto in passato tra i due governi, nazionale e regionale, entrambi a guida Pd, non ha entusiasmato né scaldato i cuori di nessuno. Oggi il dato, al di là dei colori politici, difficili da leggere – ora e anche nel futuro immediato – potrà essere solo più complicato e foriero di ulteriori complicazioni e scaricabarili.

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