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La Regione che verrà, turnover dei dipendenti e scenario 2.0

sabato 14 Luglio 2018
bernardette-grasso

Sono poche, pochissime, le certezze sul riordino degli uffici della Regione nei prossimi anni. E partono dai numeri.

Oggi alla Regione sono in 14.653.  Tre anni fa, nell’esercito sterminato della macchina burocratica superavano i 17mila. Dopo la finanziaria del 2015 si è dato vita all’esodo, programmato fino al 2020 per sfoltire i ranghi e rideterminare le posizioni. Al 31 dicembre del 2015 i dipendenti in servizio erano 14.490 nel comparto, 1646 per quanto riguarda la dirigenza.

Il costo complessivo degli stipendi ammontava a 915,5 milioni. Al 31 dicembre 2016 i dipendenti in servizio erano 13.341 e 1.442 nella dirigenza, per un costo di 824,7 milioni di euro.

Una cifra che è andata diminuendo alla scadenza dello scorso anno quando il numero dei regionali è arrivato a 12.760 nel comparto e a 1.330 tra i dirigenti ancora in servizio. La spesa per il trattamento economico si è attestata invece a 786,9 milioni di euro.

All’interno di questo numero sono ricompresi i pochi e limitati casi dei pensionamenti ordinari, per intenderci quelli che non sono andati via con la legge regionale 9 del 2015.

Ma i regionali 2.0, la versione smart, quella destinata al turnover e quindi a rimpiazzare le risorse che completeranno l’esodo dei prepensionamenti, rispondono a un identikit tutto da inventare.

L’unica cosa su cui si può scommettere sin da ora è che il vento della polemica soffierà sempre forte. L’ultimo, ma solo in ordine cronologico, tassello su cui si sono innescate mille polemiche, è stata la norma, impugnata da Roma e quindi cassata, che all’articolo 22 della finanziaria regionale consentiva un anticipo della liquidazione della buonuscita.

Fulvio Pantano , segretario generale del Sadirs, spiega che “le norme impugnate sono inviate dal Consiglio dei ministri alla Corte costituzionale che avrà i suoi tempi per decidere se sono effettivamente incostituzionali. Ma nel frattempo se non viene approvato a un articolo che prevede la loro abrogazione, queste norme sono vigenti e producono effetti. In ogni caso non si può dire che rappresentino un privilegio”.

Un fatto che non aiuta a far chiarezza su prerogative, status, privilegi, e alimenta, spesso  a dismisura, le critiche , che pure poggiano su basi anche oggettive in alcuni casi, è l’organizzazione del lavoro che spesso risulta datata e anacronistica. Non sono in pochi a ritenere che essa vada ripensata e resa più fluida. Anche su questo si gioca la scommessa dell’assessore Bernardette Grasso.

 

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