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La scomparsa di Ippolito Ferreri, il ricordo di colleghi e amici

lunedì 22 Agosto 2022

Il vuoto della scomparsa di Ippolito Ferreri, storico ristoratore palermitano, in queste ore sui social viene riempito dalle parole di amici e colleghi che ricordano passaggi chiave della sua lunga carriera, aneddoti e altre storie che ci riportano alle atmosfere degli anni ’80.

Mario Di Ferro

“Sono ancora sotto choc – racconta lo chef Mario Di Ferro, raggiunto al telefono in Spagna -. Sapevo che era stato ricoverato, ma pensavo e speravo che avesse superato il momento critico. Invece, quando stamattina ho ricevuto la notizia sono rimasto attonito. Ho mandato un messaggio a Teresina e non appena tornerò a Palermo andrò a trovare lei e i suoi figli. Ippolito – prosegue – era un gran signore. Una persona per bene, elegante non solo nel modo di vestire, di arredare i suoi locali o nel suo modo di fare in cucina. Era elegante in generale nella vita. Era una bella persona, che ha dato molto a questa città ed è giusto che la città lo ricordi. Ho un unico rammarico – conclude Di Ferro -, non siamo riusciti ad aprire un ristorante insieme. Ne avevamo parlato e avevamo anche trovato un paio di occasioni. Peccato che per problemi burocratici non siamo mai riusciti a realizzare questo sogno. Quello che mi resta di lui è un bel ricordo, di un amico, con cui ci siamo sempre rispettati a vicenda”.

  

 

Pippo Anastasio

Di Ippolito Ferreri parla anche Pippo Anastasio, uno dei protagonisti della storia della ristorazione a Palermo, con il suo “Il Ristorantino”, che ha lasciato un messaggio ai colleghi di Ansa: “Nell’apprendere della sua scomparsa ho provato un senso di vuoto. Abbiamo perso un uomo generoso, onesto elegante. La città deve molto ad Ippolito. La sua eleganza e il suo stile hanno confortato questa città anche nei momenti più bui e drammatici. Ha saputo accogliere ed essere ospite come nessun altro. Ho sempre avuto grande stima e rispetto per il suo coraggio e la sua straordinaria voglia di vita”.

 

 

Dario Pistorio

Anche Dario Pistorio, Presidente dei Ristoratori Siciliani, si unisce ai messaggi di cordoglio: “Non conoscevo Ippolito Ferreri di persona. Ma in tanti mi avevano parlato di lui sia sotto il profilo professionale che sotto quello umano. Era un uomo dagli alti valori. La sua scomparsa è una grande perdita per tutta la Sicilia”.

 

 

 

 

Patrizia Di Dio
Patrizia Di Dio

Patrizia Di Dio, Presidente Confcommercio Palermo, lo ricorda attraverso un lungo post su Facebook: “Il suo è il profilo di un uomo che ha fatto di una passione per la buona cucina la sua professione. Non si può pensare alla ristorazione a Palermo degli ultimi decenni senza fare riferimento ai tanti locali creati da Ippolito, di grande “charme” esattamente come il nome di uno dei suoi locali di successo. Non erano solo i piatti speciali, fantasiosi, al top e di alta qualità, creati da Ippolito a catalizzare la clientela, o la cantina di importante selezione di vini,  ma quel mix di atmosfera elegante, di cura del dettaglio, di alto design, di gusto ineguagliabile, di accoglienza speciale e bon ton direttamente da Ippolito che sapeva ricevere ogni singolo cliente da perfetto “padrone di casa”, signorile, raffinato, un puro “esteta”. Non si può raccontare Palermo dagli anni ‘80 in poi senza ricordare le colazioni e le cene da Chamade, Chamade mare, il bar Roney, Charme…”

Gigi Mangia

E c’è chi, come lo chef Gigi Mangia, lancia un appello al Comune di Palermo: Ippolito Ferreri insieme a Pino Stancampiano e Angelino Ingrao andrebbero ricordati dalla città con una iniziativa comune, che ne valorizzi le figure. Sono i tre cavalieri della ristorazione palermitana moderna ed è doveroso ricordarli oggi come domani, raccontando il loro modo di fare ai giovani e ai turisti che loro hanno sempre accolto e coccolato. Il nostro – dice – è un mestiere difficile. Il nostro obiettivo è di donare gioia a chiunque arrivi nei nostri locali: lavoratori, viaggiatori, che devono andar via con un bel ricordo. E Ippolito era bravissimo in questo. Cosa mi resta di lui? Nel periodo in cui iniziavo a sostituire mio padre nella salumeria di famiglia, il giovedì mattina era ormai diventato il nostro rito: mi aspettava prima dell’apertura, sapendo che il mercoledì andavo a cercare funghi. E lui, con la scusa di offrirmi un caffè sceglieva i migliori prima di tutti. Erano altri tempi, era quella Palermo che va tramandata”.

 

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