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L’addio di Alfano ricco di veti e povero di voti e i silenzi di Renzi

giovedì 7 Dicembre 2017

Angelino Alfano non si ricandiderà alle prossime elezioni politiche. L’annuncio ieri a Porta a porta ha scardinato il muro di indiscrezioni e lo stato di stand by forzato in cui era finita la posizione di incertezza del leader di Ap, ma non spiazza quelli che nelle ultime settimane hanno assistito alla metamorfosi del partito che fino a qualche mese fa in Sicilia era considerato ‘ago della bilancia’ alle ultime regionali e che è diventato il partito finito ‘sotto un quorum’, come da battuta ironica, ma regolare, che è circolata a caldo dopo il voto del 5 novembre scorso.

Il passo di lato di Alfano si spiega con almeno due ordini di motivi: un processo di facilitazione che si apre adesso dentro Alternativa popolare per chi vorrà tornare nel centrodestra del sempiterno Berlusconi, e l’indifferenza agnostica, carica del necessario cinismo che ci ha messo Renzi nel non coinvolgere lo stesso politico agrigentino, nell’attacco a tre punte, (la quarta, Pisapia è già uscita di scena), nella creazione del contenitore di centro, il listone che sarebbe stato invece affidato a Pierferdinando Casini per le prossime Politiche.

Veti dunque, tanti, malesseri e risentimenti a 360 gradi per Alfano, come lui stesso ha detto chiaramente, alludendo agli attacchi ricevuti. Niente di più in effetti di quelli che giungono al mittente di un politico che è stato al centro della scena, a volte anche in maniera sproporzionata rispetto alle premesse delle cose.

Il più volte ministro della Repubblica, salta un giro dunque, ma soprattutto il suo gesto sancisce la fine dei suoi equilibrismi oscillanti tra destra e sinistra.

Come si è già detto con i nomi che mette ai suoi partiti Alfano non ha avuto particolare sorte. Con il “Nuovo centrodestra” gli toccò entrare in un governo presieduto da Enrico Letta a trazione Pd e con Alternativa popolare difficilmente farà strada nel percorso di ritorno dell’ex Popolo delle libertà. I nomi, i simboli e i leader, in realtà, in questo momento sono quanto di meno incisivo ci possa essere in Italia per appassionare la gente alla politica, ma intanto l’ex potente siciliano, ha cominciato da lì a sbagliare più o meno tutto. Completando l’opera con la mancanza di scelte forti per le regionali siciliane.

A cominciare dal non metterci la faccia con impegni meno sfumati, mentre la sua lista presentava un’emorragia irreversibile. Non è stato uno Alfano che ha voluto rischiare di perdere sul campo.

I riflessi siciliani di questa implosione probabilmente si riveleranno di grande accelerazione per un esodo di quel che resta del partitino   di centro verso la casa comune dei forzisti e dei centristi di Sicilia.

Vincenzo Vinciullo, rimasto fuori dall’Ars punta a fare il sindaco di Siracusa e lavora già ad una aggregazione ampia e possibilmente civica. Ma adesso, ha anche mani libere, se ce ne fosse stato bisogno, per trattare a destra.

L’altro gruppo che deve fare scelte rapide è quello di Giuseppe Castiglione.

Il sottosegretario alla Pesca potrebbe strappare un’altra candidatura anche dentro il Pd, ipotesi non lontana anche per Gianpiero D’Alia, ma attende ancora con prudenza.

Appare in realtà, anche a scelte di Alfano avvenute, un po’ più lontano di altri da Berlusconi.

Alfano avrà modo e tempo di riconsiderare errori e passi falsi. Si «riprende un pezzo di vita», colme ha dichiarato con il realismo degli Stoici, ma perde da subito, un gran pezzo di potere.

Renzi invece arriva in Sicilia ieri per un giro, che di fatto, taglia fuori dai discorsi il Pd delle liti e degli scontri siciliani. Va da Addiopizzo, incontra associazioni a Messina, Agira e San Cataldo, ma soprattutto, non piglia impegni. Oggi a pesare sono i suoi silenzi. Sulla sconfitta elettorale, ma anche sulle indicazioni della ripartenza. Su Sicilia Futura, ma anche sulle prossime Politiche.

Proprio quello che i Dem di Sicilia non si aspettavano e che avrebbero voluto evitare.

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