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Le dichiarazioni del boss Giuseppe Graviano tra scarcerazioni, trascrizioni errate e problemini

martedì 28 Aprile 2020
9 - Giuseppe Graviano

Le dichiarazioni del boss palermitano Giuseppe Graviano durante il processo “Ndragheta Stragista” dove proprio lui è uno dei principali protagonisti, si inseriscono in un contesto giudiziario fatto di problemi che si ripropongono, udienze che saltano e scarcerazioni. Esce dal carcere il boss Francesco Bonura, 78 anni, che sta scontando gli ultimi mesi di una condanna definitiva a 18 anni e 8 mesi. Non è dato sapere al momento quanto possa aver pesato il Covid-19. Anche per Giuseppe Sansone arriva il trasferimento a casa. Entrambi erano i re della zona Uditore di Palermo. Quartiere in cui proprio in via Bernini Totò Riina ha tenuto il suo ultimo nascondiglio prima di essere catturato.

Ma tornando al processo a Reggio Calabria, se non infetta, di certo ingolfa la macchina della giustizia l’epidemia di Covid19. All’alba della “fase due” anche nei tribunali è ancora gestita come imprevedibile emergenza. Il processo “Ndrangheta stragista”, per l’ennesima volta si incaglia sui file audio delle conversazioni intercettate in carcere, che il boss palermitano Giuseppe Graviano ritiene imprescindibile ascoltare prima di continuare a sottoporsi all’esame.

Il lettore non funziona e il boss Filippone scarcerato

Il lettore cd in dotazione del carcere di Terni ancora non funziona e il boss Giuseppe Graviano non riesce ad ascoltare le intercettazioni a suo carico del 2016 con il co-detenuto Umberto Adinolfi. Il 20 aprile davanti alla Corte d’assise di Reggio Calabria è saltato così, ancora una volta, l’esame del capomafia di Brancaccio. Nelle scorse udienze il boss aveva iniziato a rispondere, seppure a tratti sempre per lo stesso motivo, ma poi non aveva proseguito in attesa di ascoltare le intercettazioni del 2016. Ma nonostante siano trascorsi quasi due mesi dall’ultima udienza “il problema non è stato risolto”.

Io credo che il problema tecnico ad oggi non sussiste. Il 4 maggio però l’esame non riusciremo a farlo perché chiaramente ci vuole del tempo per ascoltare queste conversazioni. Certo la situazione che si è venuta a creare è un po’ strana perché mancano tantissime altre conversazioni dove sono stati affrontati dal Graviano con Adinolfi tantissimi temi scottanti”, afferma l’avvocato Giuseppe Aloisio difensore del boss palermitano.

In questo processo è  imputato di associazione mafiosa e strage oltre all’ex capo mandamento di Cosa nostra di Brancaccio, il boss di Melicucco Rocco Santo Filippone. Anche il referente calabrese per la presunta trattativa Stato-mafia, a processo con Graviano per l’omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, è ad oggi ai domiciliari. ll mammasantissima calabrese Filippone sconta la sua pena a casa della nuora, nel torinese.

Giuseppe Graviano riacquista la parola

Dopo anni di silenzi Giuseppe Graviano da qualche tempo ha deciso di parlare e raccontare una parte della sua vita. Le sue dichiarazioni dal carcere di Terni hanno destato già molto scalpore. Dopo 26 anni di carcere duro Graviano, l’uomo che potrebbe custodire i segreti dei rapporti tra mafia e politica mentre in Italia si disseminavano bombe, tra il 1993 e il ‘94, incrina il muro di silenzio: per la prima volta accetta di rispondere all’interrogatorio del pubblico ministero e dei giudici, pronunciando frasi che sanno di avvertimento.  Parla di Berlusconi come un suo socio d’affari ed esclude ogni suo ruolo in merito alle stragi.

Il boss palermitano affermava il 14 di febbraio davanti al pm Giuseppe Lombardo: “Non ho fatto le stragi, sono innocente. Ho una dignità, una serietà, non dico bugie. Io sono stato arrestato per un progetto che è stato voluto da più persone. E’ dimostrato dal fatto che ogni giorno ricevevo visite, e non so se venivano registrate. C’erano carabinieri, poliziotti. E alla fine mi hanno detto: ‘Ora l’accuseremo per tutte le stragi d’Italia, da qui non uscirà più’. E poi ho ricevuto l’ordinanza di custodia cautelare di Roma”. Per poi aggiungere: “Se volete scoprire i veri mandanti delle stragi indagate sul mio arresto”. Nel frattempo, proprio il difensore del boss del capoluogo siciliano Aloisio ha chiesto alla Corte di chiamare al banco dei testimoni il generale dei carabinieri Marco Minicucci e il Direttore centrale anticrimine della polizia di Stato, Francesco Messina, che nei primi anni ’90 erano impegnati nella cattura dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. 

I dubbi dell’avvocato Aloisio

Graviano e Adinolfi sono stati intercettati all’interno del carcere di Ascoli per un anno e mezzo. Ogni giorno. Abbiamo circa 450 giorni di intercettazioni. In questo processo sono presenti circa una cinquantina. Le altre 400 sono a Palermo a disposizione della procura in merito al processo Trattativa. Le posso assicurare che gli argomenti sono sempre gli stessi e vengono molte volte approfonditi. Si parla sempre di argomenti processuali. Non so se sono state distrutte o meno“. Afferma l’avvocato.

Ma il problema essenziale è un’altro.  Le perizie soprattutto quella palermitana inerente la Trattativa, in molti passaggi non sono assolutamente quelle trascritte. Il problema è molto serio. Il signor Graviano mi fa notare delle cose che poi verifico. La conversazione rispecchia quello che evidenzia il signor Graviano e non quello che si legge nella perizia. Questo è il problema di fondo. Ho verificato questo problema con il mio pc senza alcun sistema sofisticato. Le faccio un esempio: nelle intercettazioni a un certo punto si parla di Bolivia. Il Graviano parla con l’Adinolfi il quale aveva degli interessi di natura illecita in sud America. C’è una battuta in cui il Graviano dice: possiamo prendere il paese nelle mani.  Ovviamente parla della Bolivia. Ma la trascrizione riferisce questo passaggio a Berlusconi e non alla Bolivia”. Conclude l’avvocato di Reggio Calabria.

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