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Le liste blindate, i nominati, la mancata riforma e la sindrome del “meravigliato della grotta”

domenica 21 Agosto 2022

Se si esclude FdI, unico partito col vento in poppa che può solo aumentare il numero degli eletti ed ha l’imbarazzo della scelta, tutti gli altri sono alle prese con la sindrome del “meravigliato della grotta”, ovvero colui che si stupisce di un fatto estremamente noto. Per di più da tempo. Il taglio dei parlamentari (da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato), vera e propria bandiera negli anni d’oro del populismo, sposato da gran parte dei partiti e confermato dagli italiani con il referendum costituzionale, senza una riforma elettorale quantomeno decente, sta portando conseguenze che dovevano immaginarsi quando tutti brindavano pensando che il nome cancellato dalle liste sarebbe stato quello di un altro e non il proprio. Festeggiavano tutti con i tagli degli altri (o almeno così pensavano).

Tutti stanno scoprendo oggi quello che era evidente sin dal primo giorno. E cioè che la mannaia è sempre e solo nelle mani del capo e non certo della base. E che il capo decide, da destra a sinistra, le sorti tra tutti i fedeli, con i criteri che più gli aggradano. Se a questo principio lapalissiano sin dal giorno in cui entrò in vigore il Porcellum, quando Forza Italia e Pdl riempivano le liste di nominati, aggiungiamo il calo dei consensi, i tagli dei parlamentari, e soprattutto la mancata riforma elettorale e la pervicacia con le quale i partiti si ostinano a non voler ripristinare le preferenze, allora, bè, “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”. 

Le proteste di questi giorni, dal Piemonte alla Toscana, finendo per Basilicata e Sicilia, sono frutto di quei brindisi, quando tutti pensavano (compresi Pd e 5Stelle) che il taglio dei parlamentari avrebbe riguardato altri e non loro. E che a loro mai e poi mai sarebbe accaduto di vedersi piombare dall’alto un prescelto nel “loro” inteso con pieno diritto di possesso, diritto inalienabile quasi, collegio.

Le dichiarazioni di Monica Cirinnà (PD)passata da “indignata” per essere stata messa in un collegio “inidoneo ai miei temi”  (ma che significa? che ti consideri una maestra che può andare solo nella classe migliore della scuola? La mitica sezione A?) all’annuncio di voler sacrificarsi come il Gladiatore (ebbene sì, andrò a insegnare nella sezione G ma capiranno le mie parole o serve un interprete…?) la dice lunga su una classe dirigente abituata agli allori e che si è svegliata al grido di “si salvi chi può”.

Chi abita nelle piste d’atterraggio dei paracadutati, dalla Toscana (vedi il caso Casini) alla Basilicata (vedi vicenda Casellati), e Sicilia (caso Furlan), può solo protestare. O al più smettere di votare quel partito al quale poco importa di rappresentare quel territorio con chi lì è nato, lì è vissuto e conosce almeno la toponomastica generale. Persino Conte ha ceduto alla tentazione del listino piazzando 15 fedelissimi e causando proteste anche in Sicilia (dove si è messo capolista ma quantomeno lui è il leader ).

Si dirà, ma le liste blindate ci sono da 20 anni. Appunto. Solo che la combinazione perversa tra le liste blindate e i tagli ha fatto sì che in tanti, proprio quelli che speravano toccasse ad altri, sono rimasti fuori. Rarissimi sono i casi di chi, dopo magari tre, quattro, cinque mandati, hanno detto “ma sì, forse è il momento di far largo ai giovani, io ho già dato tanto al Paese”  e hanno fatto un passo indietro (tra questi ovviamente non c’è Casini che è lì dal 1983….).

Fuori in tanti, dal M5S al Pd, da F.I alla Lega. Mai come in questa elezione le sorti dei deputati e degli aspiranti deputati è stato nelle mani di chi comanda. E mai come in questa elezione chi comanda ne ha fatto pieno uso. Eppure, dal giorno del referendum ad oggi ci sarebbe stato tempo per porre mano al Rosatellum, per lavorare ad una legge che riducesse la possibilità che fare parte del cerchio magico vale più della passione o del merito.

Mai come oggi il ritorno delle preferenze potrebbe davvero fare giustizia e rendere onore ai territori, rimettendo il pallino nelle mani degli elettori che in questo momento possono solo mettere una X quasi fossero analfabeti.

Metti una X pensando che così conterai di più a Roma e invece magari ti ritrovi, per altri 20 anni, il prescelto o la prescelta dal capo. E i prescelti e le prescelte, anche i migliori hanno da quel momento una sola persona a cui dar conto : chi li ha messi in quel listino. Mica tu. Tu, caro elettore, cara elettrice, non conti più.

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