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L’effetto “Cateno” social-populista che detta le regole alla politica siciliana e sconfigge la melina

venerdì 28 Settembre 2018
Cateno De Luca

La questione ritorna, ciclica, ma puntuale, ineffabile, ma, al tempo stesso, intrigante: era meglio prima con il Paese che si andava a coricare con un sindaco e se ne trovava un altro la mattina successiva, quando  la politica albeggiava nei Comuni, ma anche nelle Province e all’Ars, tra agguati, insidie e palette rotanti con tanto di pollice verso?

Nella politica siciliana non si intravedono, per la verità, almeno per il momento, imponenti gladiatori e neanche uomini sopra la media, ma il caso De Luca a Messina, con il sindaco neo-eletto che annuncia le dimissioni-lampo, dopo pochi dalla sua elezione a Messina impone alcune riflessioni.

Per anni il ruolo del consiglio comunale è stato, nella Prima Repubblica, sovradimensionato, farcito di ricatti, mai del tutto spariti anche nella Seconda, ma certamente di minor peso. Ciò anche a causa del  fatto che un amministratore oggi, passa dall’Aula consiliare per farsi approvare il bilancio, le convenzioni e gli atti di rendiconto della gestione contabile ( debiti fuori bilancio compresi). Per il resto, se ci riesce, amministra, se no galleggia. Sulla minore interferenza tra amministrazione attiva e pianificazione  di aula non ci sono molti dubbi.

È questo un bene, un male, o è un fattore del tutto indifferente? Cateno De Luca con il suo gesto, che, se confermato, riporterà la città dello Stretto al voto, anticipa tutti  e spariglia di brutto, mettendo di fronte alle proprie responsabilità, oltre che se stesso, anche i consiglieri comunali uscenti, nella quasi certezza che proverà a tornare alle urne sull’onda lunga di un consenso che potrebbe essere ratificato anche da due sole liste, la sua e un listone, probabilmente a trazione leghista, in cui troverebbero posto molti volenterosi consiglieri “in pectore”, stavolta di maggioranza.

Se un episodio del genere si fosse verificato venti anni fa, un sindaco appena eletto avrebbe messo mille paletti tra sé e una scelta di questo tipo. Non è solo, l’obiettiva “straordinarietà” del De Luca-pensiero, che si traduce in questo caso in azione, a fornire esiti diversi. È cambiato lo scenario e De Luca lo interpreta sino in fondo. La piazza ragiona sempre più di ‘pancia’ e il fiuto del consenso è più immediato.

In attesa di capire se, restando parlamentare all’Ars, per effetto dell’incresciosa vicenda dei verificatori dei poteri del parlamento, che attendono a loro volta di essere “verificati”, un caos nato dalla modulistica delle ultime regionali in materia di accettazione della candidatura, De Luca potrà continuare a dettare i tempi e dare le carte, un dato si afferma sovrano.

Il caso messinese spiega senza molto bisogno d’altro che i partiti, perla prima volta in Sicilia, negli ultimi 40 anni, sotto ostaggio dei leader dei territori, dei personaggi che spuntano dallo specchio della politica nazionale e degli schemi, veloci e reattivi, che fatti come questo, restituiscono.

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